Rimandare la pensione fa bene alla salute? Non é proprio così, smentite e specifiche

Ieri abbiamo pubblicato uno studio inchiesta ripreso da Milena Gabanelli nell’incipit di Dataroom, pubblicato sul Corriere della Sera, che in estrema sintesi si poneva questa questione: ‘fa bene, fa male o non incide sulla salute allungare la carriera lavorativa?‘ Dallo studio o meglio da come é stato presentato ne é uscito a livello comunicativo che ‘ritardare la pensione fa bene alla salute’. Sul sito sono piovute moltissime critiche al riguardo ed oggi sul fattoquotidiano arriva una specifica scritta da un team di esperti di tutto rilievo Giuseppe Costa – Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi di Torino; Angelo d’Errico – Servizio Sovrazonale di Epidemiologia, ASL TO3, Regione Piemonte; Michelangelo Filippi – Servizio Sovrazonale di Epidemiologia, ASL TO3, Regione Piemonte; Dario Fontana – Servizio Sovrazonale di Epidemiologia, ASL TO3, Regione Piemonte; Roberto Leombruni – Dipartimento di Economia e Statistica “Cognetti De Martiis”, Università degli Studi di Torino che ha deciso di andare maggiormente a fondo e fare alcune precisazioni. In quanto il messaggio che é stato fatto passare pare quanto meno non completo, vediamo le ragioni. Estrapoleremo alcune parti delle loro dichiarazioni pubblicate da Il Fattoquotidiano.

Pensioni 2024, ritardare l’uscita fa davvero bene alla salute?

Il team di esperti che ha redatto l’articolo chiarificatore spiega come negli ultimi decenni effettivamente molti governi abbiano optato per innalzare l’età pensionabile al fine di bilanciare l’aumento dell’aspettativa di vita, ragion per cui ci si é interrogati nella ricerca sugli effetti di questa scelta. Positiva, nulla o negativa sulla salute di quanti ritarderanno l’uscita? Un aspetto pare essere stato non ben evidenziato dalla Gabanelli ossia che chi ritarda il pensionamento sta già meglio rispetto a chi decide di accedere alla quiescenza, tendenzialmente gode di una posizione migliore, ama particolarmente il proprio lavoro ( si pensi ai luminari, ai professori, ai ricercatori solo per fare qualche esempio), ragion per cui partono già da una condizione fisica e mentale maturata nel corso degli anni lavorativi molti differente, e decisamente più buona, rispetto a quanti svolgono mansioni pesanti, usuranti o ripetitive da 40 anni.

Si legge: “Nello studiare questo fenomeno bisogna tenere conto che i lavoratori che continuano a lavorare in età più avanzata sono in media più sani di quelli che vanno in pensione prima (si tratta del ben noto effetto “lavoratore sano”). Infatti, lo stato di salute è un fattore importante che un lavoratore considera quando decide se ritirarsi o no dal lavoro, e diventa ancora più rilevante in quelle mansioni caratterizzate da lavoro fisico intenso e da esposizione a fattori di stress organizzativo, come elevata ripetitività, alti ritmi e lavoro su turni. Se non si tiene conto delle differenze nello stato di salute già esistenti al momento del pensionamento, tutti gli studi come quello recensito dimostreranno che chi continua a lavorare sta meglio di chi va in pensione, una differenza che preesisteva e non può essere attribuita al passaggio o meno dal lavoro al pensionamento“. Come a dire che se si presentano solo alcuni tratti emersi dalla ricerca si rischia di far passare un messaggio completamente sbagliato in chi quei dati li ascolta già filtrati ed analizzati da qualcun’altro che ne ha dato un’ interpretazione se non erronea quanto meno molto parziale rispetto alla totalità della ricerca.

Pensioni 2024, come stanno realmente le cose, lavorare di più fa bene o dipende da diversi fattori?

Anche altri studi svolti sulla medesima tematica che hanno cercato in modo quasi sperimentale di ovviare a questo problema dei lavori svolti, cercando di depurare i dati per poterli confrontare al fine di stabilire quanto hanno inciso le riforme sui vari lavoratori, hanno in realtà, portato a risultati contradditori. Quindi resta molto difficile comprendere se esistono effettivamente nessi causali tra l’uscire prima o dopo dal mercato del lavoro e benefici o meno sullo stato di salute. Infatti spiega il team di esperti:

La definizione dei nessi causali è quindi questione complessa da definire e stimare, e lo studio citato nel Dataroom, a detta degli stessi autori, non si prefigge questo scopo: “Questo studio ha utilizzato dati trasversali aggregati e pertanto non è possibile effettuare inferenze causali” (Kachan et al., 2015; p. 4). Si tratta dunque di uno studio che, per le sue caratteristiche metodologiche, non può apportare alcuna conoscenza sulle conseguenze sulla salute della diversa età di pensionamento.”

Abbiamo deciso di pubblicare queste ulteriori specifiche al fine di tranquilizzare tutti quei lavoratori, molti, che ieri si erano adirati e non poco lasciando un commento sul portale dicendosi esterefatti del messaggio comunque molto forte, specie in un momento in cui si sta attendendo la sospirata riforma pensioni, che andava nelle direzione: ritardare il più possibile la pensione fa bene alla salute. Andando a fondo pare che le critiche fossero pertinenti, insomma molto dipende dal lavoro svolto e dalla salute originaria di ogni lavoratore, non si può certo semplificare così tanto.

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21 commenti su “Rimandare la pensione fa bene alla salute? Non é proprio così, smentite e specifiche”

  1. Qualcuno sa di un politico che non sia un coglione , perché io ancora non lo vedo.e a sessantacinque anni di politici coglioni ne ho visti tanti .

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  2. NON C’ E’ DISPOSIZIONE PIU’ SAGGIA DELLA POSSIBILITA’ DI SCELTA, DI RENDERE FACOLTATIVO IL PENSIONAMENTO , COME NEL MIO CASO DI FUNZIONARIA AMMINISTRATIVA CON DIVERSE RESPONSABILITA’ , ENTRATA IN RITARDO E CHE L’ANNO PROSSIMO ( 2024 ) COMPIRA’ 67 ANNI , MA CON 25 ANNI DI SERVIZIO, QUINDI BEN VENGA L’ EMENDAMENDO PRESENTATO AL DECRETO MILLEPROROGHE, CHE OFFRE LA POSSIBILITA’, AI LAVORATORI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE , DI PROROGARE SU BASE VOLONTARIA ( FACOLTATIVA ) LA POSSIBILITA’ DI USCITA A 70 ANNI .

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  3. Grazie a tutti per la gentilezza delle risposte. Ad Armando: 102 sarebbe andata bene, ma non avevo gli anni alla data di dicembre 2022. Insomma una volta non ho gli anni, un’altra i contributi sono troppo alti, e rimango sempre al palo. Continuano a dire quota 41, sono felice per chi, giustamente, ha accumulato tanti anni e ha voglia di smettere, ma per favore, date una possibilità anche a chi ha meno anni di contributi, il range 35-38 sarebbe accettabile.

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  4. Oplà!!! Uno studio che non definisce i nessi causali non è uno studio. . . . Anche questo non è uno studio.
    Finalmente invece dai qualificati commentatori ragionamenti da vera scienza e non da bigiotteria “scientifica”. Il messaggio del presunto studio che è stato fatto passare è “….quantomeno non completo”. Gabanelli, senza voler generalizzare, questa volta ci hai fatto perdere tempo. Ognuno con le sue capacità e parole ma praticamente tutti i commentatori avevano rilevato la non scienza delle argomentazioni e conclusioni in esso contenute. Mi verrebbe da dire e due. E stiamo bene anche senza tre.

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  5. Lavorare di più fa bene alla salute, si a quella dell’Inps che deve trovare i soldi per pagare la pensione di un altro.
    Chi ha la fortuna di avere una buona fisicità e si sente di lavorare fino a 70 anni, è giusto che gli sia data la possibilità di farlo. Chi invece non ne può più sia fisicamente che mentalmente, deve essere messo in condizioni di poter abbandonare quando ne ha voglia percependo una pensione equiparata a quanto versato e che sia dignitosa.

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  6. La giornalista Gabelli dovrebbe chiedere scusa ai milioni di lavoratori italiani stanchi, stressati e con gli stipendi più bassi d’Europa per la superficialità e la faciloneria con cui è stato trattato un argomento così complesso e delicato

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  7. E’ un ambo secco!. Entrambe le condizioni devono essere soddisfatte. Sono anni che giocano su questi ambi per limitare le uscite.

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  8. Io mi liberei dalla schiavitù del lavoro anche subito.. ed ho fatto un lavoro che mi è sempre piaciuto, ma dopo quasi 41 anni di contributi anche basta, le priorità nella vita cambiano!

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  9. Rimandare la pensione nuoce gravemente alla salute.
    e’ mai possibile che si arrivi a questi livelli?
    Ma ci hanno presi per caso dei bambini che ci vogliono prenderci in giro?
    c’è un detto antico: “tira la corda quando vuoi ma prima o poi si deve rompere”
    e quando si romperà saranno caz… amari per tutti

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    • Ma è veramente assurdo! Ma non si possono mettere i bastoni fra le ruote così!!! Comunque grazie mille per la risposta immediata.

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  10. Ecco, come volevasi dimostrare, sparano le notizie sui giornaloni, e poi si scopre che la ricerca sarebbe molto più complessa dei dati divulgati. Comunque era evidente che nulla quadrava, nell’affermare che la pensione in ritardo fosse un balsamo per la salute. A proposito di pensione, qualcuno può rispondere al seguente quesito: per accedere a quota 103, oltre all’ambo iniziale 62+41, eventualmente va bene anche 64+39, oppure gli anni contributivi devono essere per forza 41? Grazie in anticipo se vorrete rispondere.

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    • Ciao Marina, purtroppo, con 64+39 come tu dici non è possibile accedere, come non sarebbe possibile accedere con 63+40 la cui somma fa pure 103, infatti, la 103 la chiamano quota, ma così non è. Vi sono, infatti dei paletti fermi che devono essere maturati e sono, almeno 62 anni compiuti e 41 anni di contributi.
      Saluti a te, tanti cari saluti e grazie ai gestori del sito.

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    • I requisiti di età e anni di contributi sono fissi, perciò per accedere a quota 103 lei deve avere 41 anni di contributi versati e 62 anni di età. Se fosse stato diversamente ci sarebbe molto meno malumore tra i pensionandi (o chi spera di diventarlo presto)!

      Saluti.

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    • Marina per 103 non va bene la formula 64 anni e 39 di contributi, in quanto c’è il paletto dei 41 di contributi, però è valida per quota 102, 64+ 38.

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  11. Salve, fornisco semplici micro dati reali per gli statistici.
    I miei 2 vicini di abitazione, sono due marescialli (aeronautica militare ed ex forestale) hanno pochi anni più dei miei (66) e sono andati in pensione agli inizi degli anni 90′ a 41 e 46 anni di età. Ad uno piace lo sport e fa nuoto, trekking, ciclismo … ; l’altro cura l’orto e arrotonda facendo manutenzione dei giardini.
    Sono in ottima forma e l’aspetto non sembra quello di due settantenni. La mattina quando parto per andare a lavoro cerco di fare piano per non disturbarli perché in genere dormono ancora.

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    • Hanno fatto una scelta, dal momento in cui la legge di allora glielo permetteva, come permetteva ai lavoratori del privato di andare a 50 anni con i 35 di contributi, e in taluni casi con 7 anni di prepensionamento prima di tali requisiti. Mio padre era un maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, ed è andato in pensione nel 1983 con 41 anni di servizio effettivo più 2 nella riserva, uguale 43. Anche qui questione di scelta.

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