Riforma pensioni 2025, ultime: al Governo conviene davvero aumentare l’età pensionabile?

Sulla riforma pensioni 2025 in questi ultimi mesi si é davvero sentito di tutto e il contrario di tutto, ma su un paio di aspetti pare asserci uniformità nelle notizie, sembrerebbe infatti che il Governo sia intenzionato ad allungare l’età pensionabile o almeno ad incentivare chi desidera restare più a lungo a lavoro e pare inoltre che la direzione sia sempre più verso l’assegno calcolato col contributivo. In questi giorni il Dott. Perfetto ci ha permesso di pubblicare le lettere scritte di suo pugno inoltrate a Confindustria e ai parlamentari di Camera e Senato coll’obiettivo di spiegare a fondo la proposta di riforma pensioni a triplice firma Perfetto-Armiliato-Gibbin, nei prossimi giorni sul portale leggerete anche la missiva inoltrata ad Itinieri previdenziali. Quest’oggi invece abbiamo intenzione di lasciare spazio ad un altro dei firmatari della riforma, il Dott. Maurizio Gibbin che si é interrogato su un aspetto fondamentale: Ma siamo veramente sicuri che allo Stato convenga allungare le date di pensionamento? Per farlo ha analizzato 8 aspetti e si é posto 8 domande, per poi giungere, dopo una brillante disamina, ad alcune conclusioni, vi lasciamo alla lettura del suo interessante ragionamento.

Riforma pensioni 2025, al Governo conviene restringere ulteriormente i paletti su chi é prossimo alla pensione?

Così Gibbin: “Ormai abbiamo capito tutti che il Governo, stretto tra una situazione di bilancio economico disastrosa e le pressioni che arrivano dall’Europa, ha rinunciato già da molto tempo a politiche sociali più eque ed etiche.

Ma conviene davvero al Governo restringere ulteriormente i paletti sui lavoratori che dovrebbero andare in pensione?

Esaminiamo concretamente gli impatti per la spesa pubblica di una simile strategia economica, nonché politica.

1° Punto:

  1. L’aumento progressivo dell’età pensionabile (già si parla di settantenni obbligati a rimanere al lavoro) creerà una stragrande maggioranza di lavoratori la cui età media supererà i 50 anni. Ormai per i giovani, tra tempi per laurearsi, master e specializzazioni successive, reali opportunità mancanti, condizioni di salari iniziali miserevoli e periodi sempre più lunghi di ingresso stabile nel mondo del lavoro, porterà ad un impiego stabile e soddisfacente a 32-35 anni, quindi con l’aumento dei lavoratori ultra-sessantenni, andremo sempre di più verso ad una forza lavoro composta da anziani.

1-DOMANDA: Su quali prospettive di trasformazione al digitale ed investimenti in nuove tecnologie, robotica, automazioni dei processi ed intelligenza artificiale potranno far affidamento le imprese se alle loro dipendenze avranno maestranze mediamente sempre più anziane, legate culturalmente e professionalmente alla ’vecchia’ era industriale ormai conclusa?

2° Punto:

  • Vediamo che nelle nuove leggi di Bilancio, come quella che Giorgetti e Meloni stanno ‘arrangiando’ per la fine del 2024, i conti ed i risparmi economici si basano sulla spesa e debito corrente.

2-DOMANDA:

Ma i costi di assistenza sociale per i licenziamenti e casse integrazioni che inevitabilmente le aziende dovranno attuare per uscire da questo ‘paradosso’ della necessità di essere competitivi attraverso l’innovazione tecnologica di prodotti e processi, ma con in carico lavoratori ormai inadeguati alla riconversione professionale li hanno tenuti in considerazione?

3° Punto:

Per le imprese la via più semplice, economica e immediata del punto di vista dei tempi sarebbe quella di procedere ad un ricambio generazionale dei propri dipendenti. Questo si scontra con le politiche che il Governo adotta e adotterà per l’accesso all’uscita del mondo del lavoro per i pensionati e ai proclami ed i messaggi di comunicazione del media di una impresa fiorente e in crescita.

3-DOMANDA:

Nei conti di Bilancio hanno previsto gli aumenti di costo e sussidi dovuti ai lavoratori delle aziende in crisi che andranno verso la cassa integrazione per anni se non decenni? E gli aumenti dei sussidi di povertà per le loro famiglie ed i loro figli per questo motivo, li hanno considerati?

4 DOMANDA:

E anche ammettendo la previsione di questi costi ‘collaterali’, il Governo ha preso in considerazione i tempi con cui queste vertenze verranno risolte liberando la possibilità agli imprenditori di rilanciare in tempi brevi e in modo più efficiente ed efficace e competitivo le loro aziende?         

4° Punto:

Pare che si andrà verso un inderogabile aumento dell’età pensionabile, giustificandolo con una maggiore (ma a mio avviso strumentale e improbabile) aspettativa di vita, che a quanto pare, vale solo per l’Italia. In Francia o in altri paesi dell’Europa non mi sembra che si stia seguendo la stessa linea.   

  • DOMANDA

Che questa politica scontenti le masse ed i sindacati è scontato, ma siamo sicuri che l’aumento dell’età pensionabile faccia piacere a Confindustria e alle associazioni imprenditoriali?

Dato che i sindacati paiono ipnotizzati, vuoi vedere che stavolta sarà proprio Confindustria a ‘in…cavolarsi’ e a scendere in piazza?

Riforma pensioni 2025, a chi conviene aumentare l’età pensionabile?

Poi prosegue la sua analisi puntuale:

“5 Punto:

Per un imprenditore, magari di un’azienda con presenza secolare sul territorio e sul mercato internazionale, sarà più semplice intraprendere una tortuosa procedura (per non dire battaglia) di dismissioni e licenziamenti o vendere la propria azienda a investitori e finanzieri esteri?

Quale strategia di potenziamento e crescita del tessuto industriale italiano può sostenere lo Stato se al posto di rendere le aziende più snelle, agili e giovani, le appesantisce scaricandogli il peso di lavoratori in ruolo sempre più anziani e demotivati?

L’abbandono e la chiusura di aziende in Italia, tra tasse, iva e altri oneri causerà nei prossimi anni una perdita a bilancio ben più ampia rispetto ai costi di un pensionamento anticipato a condizioni eque e non capestro come quelle proposte nelle leggi tampone degli ultimi anni.   

6 Punto:

Un lavoratore dopo i 60 anni si troverà in un ambiente aziendale che fondamentalmente lo ‘sopporta’ e non fa nessun affidamento per il futuro su di lui; sia da parte dei dirigenti che governano l’azienda che non faranno affidamento su di lui per ragioni anagrafiche, sia da parte dei colleghi impiegati e altre maestranze dipendenti, più giovani che ‘malsopportano’ la presenza di ‘dinosauri’ in azienda, considerati più come palle al piede che frenano il loro percorso di crescita.

6 DOMANDA:

Alla luce di questo, quale frustrazione e stress devono sopportare gli ultra-sessantenni in azienda?

A causa di questa pressione negativa sull’individuo, condizione che pregiudica non solo l’efficienza dal punto di vista lavorativo, ma che si riflette anche sulla vita familiare, sociale ed economica, qualsiasi medico non potrà che constatare lo stato di malessere fisico e psicologico che giustifica un ‘lungo’ periodi di malattia, ovviamente a carico dell’INPS e dello Stato.

7 Punto:

Il lavoratore ultrasessantenne in ‘malattia’ non solo grava pesantemente sui conti dello Stato, ma sarà soggetto ad un forte uso di medicinali con frequenti visite e controlli medici in ospedale, aggravando così le liste di attesa negli ospedali e le spese dello Stato in medicinali e cure mediche.

Viceversa, dalla mia esperienza visiva diretta e per quanto mi raccontano le persone che sono andate in pensione ad una età ragionevole, intorno ai 60-63, tutte queste persone testimoniano di stare benissimo sia dal punto di vista fisico che psicologico, anzi paiono rigenerate anche nella loro voglia di contribuire aiutando figli e nipoti ai figli e alla società con il volontariato.

7 DOMANDA

Per il Governo è meglio avere lavoratori ultrasessantenni depressi sia fisicamente che psicologicamente che, oltre a non rappresentare nessuna risorsa né per lo Stato né per le aziende, aggrava il bilancio dello Stato e dell’INPS con costi indotti dalle sue stesse decisioni, oppure preferirebbe pensionare a 41 anni di anzianità senza vincoli e restrizioni, individui che possono dare ancora molti anni alla qualità di vita della nostra società?

8 Punto:

Queste considerazioni paiono ovvie, ma evidentemente non lo sono per i nostri politici che pare prendano decisioni senza alcuna logica, senza un serio approfondimento statistico o di simulazione realistica, né un disegno o strategia di insieme per il futuro a medio termine. 

Ne è testimonianza la legge prepensionamenti a 103 del 2024 dove si aspettavano 25.000 prepensionamenti a fronte dei reali 5000!

Che figuraccia!

8 DOMANDA

Potremmo avere pubblicata dall’INPS una statistica per conoscere esattamente le percentuali delle giornate di lavoro perse per messe in malattia dei lavoratori oltre i 60 anni per capire se effettivamente il saldo tra contributi incassati e costi erogati in assistenza sanitaria ed economica è veramente un vantaggio per lo Stato?   

Conclusioni

Se le decisioni della politica non seguono più una logica sociale condivisa e favorevole alla cura e benessere ed equilibrio sociale dei cittadini, allora forse saranno i cittadini stessi a mettere il limite a questa illogicità che pare non aver confini; anzi forse per questi politici un limite c’è, ed è il decesso del ‘compianto’ lavoratore sul posto di lavoro.

Credo che nei prossimi anni gli aumenti delle assenze di dipendenti ultrasessantenni per depressioni e malesseri fisici e psicologici vari saranno in forte aumento, con buona pace della spesa e dei bilanci pubblici.

Cita in proverbio italiano:

“Se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna”, e significa che, se non è possibile fare in un modo, si troverà un altro modo per farlo

Cosa ne pensate delle considerazioni del Dott. Gibbin? Concordate con lui con il fatto che trattenere ‘forzatamente’ (non fornendo possibilità di scelta) le persone al lavoro produrrà semplicemente una diminuzione della produttività tra gli over 60, a causa di un aumento di stress? Mentre il pensionarli potrebbe permettere un sano turnover generazionale e livelli di produttività maggiori? Fatecelo sapere come sempre nell’apposita sezione ‘commenti’ del portale.

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6 commenti su “Riforma pensioni 2025, ultime: al Governo conviene davvero aumentare l’età pensionabile?”

  1. Be direi analisi perfetta 60 o 63 anni e un eta giusta per andarsene in pensione..poi vedo solo malattie su malattie arrancando verso una sopravivenza …come si fa a non capire questa cosa che 67 anni sono uno sproposito incapacita ho malafede ??

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  2. Bravo dott. Gibbin, sono assolutamente d’accordo con questa analisi, tenere gente over 60 stanca e demotivata non può che far aumentare i costi di welfare, ma possibile che sti geni non se ne rendano conto?

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  3. Analisi più che giusta , ma per farlo capire al governo bisogna scendere tutti in piazza senza sindacati tanto loro non ci sostengono e smettere tutti di pagare qualsiasi tassa , vedrai che nel giro di poco la capiscono , questo è il modo meno volgare , altrimenti bisogna scatenare una rivoluzione .

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