E’ sempre utile ragionare su temi importanti, come le pensioni, sulla base dei dati statistici che – con tutti i loro limiti – si avvicinano il più possibile alla realtà, anche in questi tempi infelici in cui è la percezione a predominare nella formazione delle nostre convinzioni. L’INPS che è la nostra ‘’fabbrica delle pensioni’’ (è il titolo di un mio libro dei primi anni ’90) è molto generoso nel diffondere i dati, con una periodicità molto frequente. Commentiamo in questo articolo le statistiche a cura del Coordinamento statistico e attuariale dell’INPS, riguardanti il biennio 2020-2021, gli anni del trionfo delle misure introdotte a partire dal 2019 per ‘’correggere’’ e avviare ‘’il superamento’’ della riforma Fornero, accusata – a vanvera – di aver impedito agli italiani di andare il quiescenza se non ad un’età veneranda e ormai prossima al naturale decesso. Tali dati – avverte il Coordinamento attuariale dell’Istituto – potranno subire delle variazioni a seguito della futura liquidazione di tutti i trattamenti con decorrenza anteriore al 2 gennaio 2022 (la data presa a riferimento dell’elaborato), dovuta allo smaltimento delle domande ancora in giacenza.
Riforma pensioni 2022: l’INPS è la nostra ‘fabbrica delle pensioni’, l’editoriale di Cazzola
E’ bene ricordare ed avere presenti i requisiti vigenti nel periodo considerato. Per le pensioni di vecchiaia, negli anni 2020 e 2021 l’età minima di accesso alla pensione di vecchiaia era di 67 anni (così rimane fino a tutto il 2024) , per entrambi i sessi e i settori lavorativi dipendenti privati e autonomi, in concorrenza con un requisito contributivo minimo di 20 anni. Per quanto riguarda i requisiti della pensione anticipata, negli anni 2020 e 2021 erano (e rimangono fino a tutto il 2026) 41 anni e 10 mesi di anzianità contributiva per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini, indipendentemente dall’età. Si fa presente tuttavia che esisteva ed esiste una serie di ulteriori possibilità di uscita anticipata dal lavoro, tra cui la “Quota 100” introdotta in via sperimentale per gli anni 2019-2021 dal Decreto Legge 4/2019 e confermata il 2020 dalla Legge 160/2019 (Legge di bilancio 2020), l’”Opzione donna” prorogata per tutto il 2020 dalla Legge di bilancio 2020 e ancora i canali di uscita più favorevoli per i lavoratori precoci e per gli addetti a mansioni “gravose” (Legge 232/2016) e a lavori usuranti ai sensi del D.lgs. 67/2011. Vecchiaia * 82.056 1.055 81.787 1.051 Anticipate 126.272 2.125 125.888 2.030
Nell’anno 2021 si registra nel complesso (con 359mila nuove pensioni) una diminuzione del 6% nel numero di liquidazioni di pensioni rispetto all’anno 2020 (390mila): il minor numero di liquidazioni rispetto all’anno precedente è più rilevante nella categoria delle pensioni ai superstiti, in cui arriva all’11%. Nel FPLD rimane pressocchè invariato il numero delle liquidazioni delle pensioni di vecchiaia (82mila nel 2020 e 81,7mila nel 2021 con un trattamento medio lordo rispettivamente di 1.051 e di 1.051 mensili) e anticipate (126.272 nel 2020 con un importo medio di 2.125 e 125.888 nel 2021 con un importo medio di 2.030 mensili). Mentre diminuiscono quelle di invalidità e quelle ai superstiti, rispettivamente del 5% e 10%. Nella gestione dipendenti pubblici si registra una diminuzione del 13% del numero totale delle liquidazioni: Vecchiaia 14.455 con importo medio di 2.651 nel 2020, 10.411 con importo medio di 2.603 nel 2021; Anticipate 39.469 con importo medio di 2.606 nel 2020 e 35.254 con importo medio di 2.576 nel 2021. Per le pensioni di invalidità e per quelle ai superstiti la diminuzione supera in entrambe le categorie il 20%. Tali differenze non si riscontrano per gli assegni sociali che registrano un aumento di liquidazioni del 6%. Dall’analisi degli indicatori statistici si osserva infine che: il rapporto tra le pensioni di invalidità e quelle di vecchiaia nell’anno 2021 è perfettamente in linea con quello anno 2020 e pari al 22%. Nell’anno 2021 le pensioni anticipate rispetto a quelle di vecchiaia si attestano come per l’anno 2020 al 44% in più rispetto a quelle di vecchiaia (ovvero come dato relativo al complesso delle gestioni ogni 100 pensioni di vecchiaia in ambedue gli anni considerati le pensioni di anzianità sono state 144. Si fa presente che nell’indicatore si considerano le pensioni di vecchiaia al netto delle pensioni/assegni sociali considerati invece nella somma delle pensioni di vecchiaia di tutte le gestioni; la percentuale delle pensioni femminili su quelle maschili presenta nel 2021 un valore più alto di 5 punti percentuali rispetto al 2020 attestandosi al 127%, registrando incrementi dell’indicatore in tutte le gestioni. A livello territoriale il peso percentuale delle pensioni liquidate a residenti nel Nord Italia resta il medesimo (49% sia nel 2020 che nel 2021). Infine le pensioni liquidate con “Opzione Donna” nel 2020 e nel 2021 hanno distribuzioni molto simili, con il 90% di pensioni con importi inferiore al 1.000 euro e con età alla decorrenza delle titolari comprese tra 58 e 61 anni in circa l’80% dei casi in entrambi gli anni.
Per quanto riguarda il totale (maschi e femmine) delle Gestioni considerate (• Fondo pensioni lavoratori dipendenti; • di cui Fpld al netto delle contabilità separate; • Coltivatori diretti mezzadri e coloni; • Artigiani; • Commercianti; • Gestione Dipendenti Pubblici; • Parasubordinati; • Assegni sociali) si registrano i seguenti dati: Vecchiaia 2020, con 273.275 pensioni con 903 euro di importo medio lordo; 2021 268.147 e 864euro mensili. Anticipate: 2020 con 292.379 di importo medio lordo di 2.026 euro; 2021 con 278.358 trattamenti di importo medio pari a 1.944. Invalidità: 2020 con 45.391 pensioni con importo medio di 817euro; 2021 con 42.214 pensioni e 793euro. Superstiti: 2020 con 253.654 e 763 euro mensili; con 226.742 e 769 euro mensili. Totale: 2020 con 864.699 e 1.237 euro mensili; 2021 con 815.461 e 1.203 euro mensili.
E’ interessante osservare l’età media alla decorrenza della pensione nei due anni considerati:
Vecchiaia: 2020 maschi 66,8, femmine 67,1; 2021 maschi 66,9 femmine 67,1
Anticipate: 2020 maschi 61,6 femmine 61: 2021 maschi 61,6 femmine 60,9
Totale: vecchiaia 67 in ambedue gli anni; anticipate 61,4 nel 2020 e 61,3 nel 2021
Per quanto riguarda i sistemi di calcolo il 93% delle pensioni liquidate nei due anni considerati è in regime misto; solo il 7% è in regime contributivo.
Val la pena di osservare il rapporto (ovviamente si tratta di medie) tra quote retributive e contributive riscontrate nei soggetti che si sono avvalsi di quota 100.
QUOTA DELLE COMPONENTI RETRIBUTIVA E CONTRIBUTIVA NELL’AMBITO DELLE PENSIONI LIQUIDATE CON QUOTA 100 (ANNI DI ANZIANITÀ DI CONTRIBUZIONE)
Gestioni | Sistema contributivo | Sistema retributivo | totale |
artigiani | 18 | 31 | 39 |
commercianti | 20 | 20 | 40 |
FS | 25 | 15 | 40 |
FPLD | 21 | 19 | 40 |
Ipost | 24 | 15 | 39 |
Parasubordinati | 39 | 0 | 39 |
Media totale | 21 | 19 | 49 |
Fonte – MLPS/Inps/CdC-Rcfp -2021
Per concludere:
Questi i dati principali sugli ultimi due anni per una riflessione che ognuno può fare per suo conto. Magari anche gli stessi che prendono parte ai tavoli tecnici sulle pensioni
Almeno dei fragili, lavori usuranti e disoccupati a lungo termine over 60 vogliamo pensarci? Almeno per loro una pensione anticipata accessibile dai 63 anni sarebbe un argine alla povertà. Se proprio si volesse dare una penalizzazione dovuta all’anticipo farlo con una riduzione solo sulla quota di pensione maturata retributiva, non sulla parte contributiva che sono contributi effettivamente versati. Grazie
Qundo vado io in pensione
E’ indubbio che il professor Cazzola sappia far di conto sulle pensioni e da molti anni.
Indubbio è anche che la media dell’età e tra due tipi di pensionamenti non è poi così scandalosa la dove il rapporto 100/144 tra coloro che la ricevono per anzianità suppongo sia a causa: o dei pochi anni di contribuzione o perché non pochi di loro hanno la fortuna di non lavorare in “fonderia”.
Altro discorso farei in fatto di spesa pensionistica o meglio della sua insostenibilità.
Tutti ormai sanno che un sistema, se gestito dallo Stato, non funziona sul concetto di risparmio a cui siamo abituati. Al contrario di un Fondo Pensioni Privato costretto ad accantonare e investire per poter poi rendere il versato.
L’occidente suppongo si possa affermare viva un sistema economico misto; in parte liberista (i privati) in parte collettivista (lo Stato).
E uno Stato che non si fondi sul concetto di risparmio ma di spesa (Pensioni Sanità, Istruzione) non disponendo nel contempo di Moneta Sovrana e che ricorra al prestito a interesse sul mercato soprattutto extranazionale, contrae “vero debito pubblico”, insostenibile.
Il tentativo redistributivo corrente di reddito nazionale attraverso: Pensioni, Sanità e Istruzione coperto solo in parte dalla tassazione di chi lavora, delle trattenute sull’assegno pensionistico o altre imposte potrebbe essere quindi insufficiente.
Invece, detto per assurdo, il disporre di una Moneta Sovrana rifacendosi ad esempio solo alla spesa pensionistica, non presupporrebbe neppure la necessità che questa fosse coperta dai contributi dei lavoratori attivi e apparirebbe quasi ininfluente il rapporto tra quantità di lavoratori attivi su quanti pensionati.
Inoltre la logica vorrebbe che i componenti attivi di una società che nel corso della vita hanno prodotto col lavoro i beni e i servizi di cui altri hanno goduto in uno Stato a Moneta Sovrana, si vedano assegnare pensioni di un importo adeguato. Anche se ciò potrebbe produrre “debito pubblico”, non si dovrebbe avere il timore di fallire!
Questo perché il presupposto è che lo Stato è capace di creare moneta dal nulla, spendibile pur non in assenza di limiti a garantirne la sostenibilità.
Il solo sottinteso sarebbe la capacità di assorbire il denaro spendibile di lavoratori e di pensionati immesso ne circuito economico di beni reali e servizi pur essendo questi, per loro natura, LIMITATI.
Si dovrebbe avere quindi l’accortezza fiscale di tassare, per quanto necessario e dovuto alla LIMITATEZZA suddetta, in modo da contenere eventuali pericoli inflattivi.
Una idea che non si sposa con tutto questo è pertanto il mantenere l’economia artificiosamente sotto utilizzata e ad alta disoccupazione, in cui la domanda ristagna al pari dei consumi. Uno stato di fatto di cui non abbiamo necessità, dimostrato anche nel periodo di crisi finanziaria e ora in tempo di pandemia.
Per fare questo e se non mi sbaglio leggendo grossolanamente alcuni concetti insiti nella MMT che riduco all’osso, e riporto sono:
La necessità è quella di spendere e tassare in una nova moneta (cartamoneta o digitale) ma che sia Sovrana.
La presenza di uno Stato che garantisce totalmente i depositi nella nuova moneta, ma che NON CONVERTE i depositi in Euro in questa nuova moneta.
Uno stato che si fa promotore di lavoro transitorio ma a tempo pieno e retribuito alla ricerca della piena occupazione.
Potrebbe essere una soluzione e in cosa si differenzia da quanto esposto dal dottor Perfetto?
Sig. WAL52, la soluzione da lei prospettata non si differenzia in nulla da quanto da me esposto. Eccetto in due punti.
Il primo punto riguarda la moneta.
La moneta cui io mi riferisco (di natura digitale) non viene creata dal nulla ma è vincolata alla “capacità delle risorse”, ovvero alla disponibilità delle risorse reali (palazzi, case, terreni, macchinari, lavoro). Tuttavia, potrebbe anche essere “creata dal nulla” (come sostiene la MMT), l’importante è che ci si fermi nella sua creazione qualora si cominciasse ad osservare che l’inflazione tende ad aumentare per aver raggiunto il livello di pieno impiego delle risorse produttive (capitale fisico e umano).
Il mio schema di pensiero coincide al 98% con la MMT, nata in America negli anni Novanta ad opera di Warren Mosler (che è un importante operatore finanziario ed ha sviluppato le sue intuizioni sulla moneta basandosi sulla sua esperienza pratica di investitore).
Anche le mie “intuizioni” sulla moneta si sono sviluppate negli anni Novanta (in modo indipendente da Mosler) su una esperienza pratica in ambito Information Technology (IT), ed ho scoperto attraverso esperimenti naturali sul campo utilizzando come laboratorio reale il Centro di Elaborazione Dati formato da centinaia di persone e da computer mainframe (esperimenti sul campo che ancora oggi l’economia mainstream non è in grado di fare se non in minima parte come sta accadendo in Cina con l’esperimento sullo yuan digitale direttamente sulla popolazione cinese) proprio ciò che afferma la MMT: lo strumento più importante di politica economica è la politica fiscale e non la politica monetaria.
Il secondo punto riguarda l’attuabilità.
La MMT può trovare in America terreno favorevole per la sua attuabilità perché l’America è dotata di sovranità monetaria attraverso l’adozione del dollaro. La Federal Reserve (la Banca Federale americana) può emettere tutti i dollari che vuole (basta un click sulla tastiera di un computer) per finanziare tutti i programmi che vuole.
L’Italia utilizza una moneta “estera”, l’euro, che non può essere emessa dalla Banca d’Italia (eccetto forse che per qualche spicciolo) in quanto l’emissione dell’euro spetta alla Banca Centrale Europea.
L’Italia potrebbe emettere, però, una propria moneta se questa circola solo in territorio nazionale in maniera parallela all’euro (cosa importante, evitando il cambio forzoso in nuova valuta, ovvero mantenendo i risparmi in euro, cosa peraltro già evidenziata da lei, sig. WAL52).
A titolo puramente informativo, desidero aggiungere che in data 20 novembre 2019 è stato presentato al Senato il Disegno di Legge dal titolo “Istituzione dei certificati di compensazione fiscale in forma dematerializzata” a prima firma di Elio Lannutti (M5S).
Nel DDL si afferma che “I CCF [Certificati di Compensazione Fiscale] sono definibili come una «moneta fiscale»: una moneta complementare, priva di corso legale, basata su sconti fiscali differiti, relativi a imposte non ancora maturate. I CCF sarebbero in grado di creare la liquidità di cui il sistema economico è stato privato in anni di politiche di austerity. Tale misura permetterebbe al Governo di riprendere il totale controllo della sua politica fiscale senza infrangere le regole della zona euro”.
Conclusione: Mosler, Perfetto, Lannutti concorderebbero sul fatto che l’Italia dovrebbe avere una propria moneta, e puntare sulla politica fiscale.
La domanda cruciale è la seguente: cosa ne pensa Mario Draghi del fatto che l’Italia dovrebbe avere una propria moneta nazionale e puntare più sulla politica fiscale che sulla politica monetaria?
Certamente la gente si domanderà: sì, va bene, ma tutto questo a cosa ci porta?
La mia risposta è la seguente: tutto questo ci porta a più lavoro e più pensioni.
Buonasera dottor Perfetto.
Come forse Lei potrebbe aver compreso io sono un affezionato lettore di quanto scritto dal giornalista sotto riportato.
“HigH Octane capitalism Ahead” “ci spetta un capitalismo a tutto gas”, frase a firma Forbes.
…“ Come hanno fatto, trentacinque anni fa, un nugolo di intellettuali, economisti e politici a progettare e poi a realizzare la più inimmaginabile sovversione di tendenza politico-sociale delle Storia moderna?”… (virgolettati da – Prediche nel Deserto – di P. Barnard), articolo presente anche in rete.
Io mi auguro che quanto Lei accenna di depositato in Senato sia solo un primo piccolo passo verso il cambiamento. Confidare nel dottor Draghi … non so! Dipende da noi, dalla società civile e dalla forza che avremo negli anni nei confronti del “nugolo”.
Nel frattempo io oltre a Lei ringrazio sempre il giornalista per quanto apprendo da ormai vecchio.
Si parla sempre di pensioni ma di quelle degli agenti di commercio che hanno una doppia contribuzione mai,i contributi silenti in enasarco e Inps sono soldi persi,dopo aver lavorato una vita non si riesce ad andare in pensione né con enasarco né con Inps ilcolmo che come x altri enti i ns contributi non si possono né cumulare o totalizzare così noi agenti non andremo mai in pensione dopo aver sborsato fior fior di quattrini vergogna.
ringraziamo il prof. Cazzola per questa disamina veramente molto articolata e approfondita, tutti sanno che la quota 100 ha portato in pensione circa 400000 persone su un potenziale di circa 800000; molti, molto astuti………………… invece di approfittarne hanno detto: io mi sento tanto in forze e poi che cosa faccio in pensione? non esiste, continuo a lavorare; sono diminuite le pensioni ai superstiti? certo, l’inps ha risparmiato ad esempio sulla pensione di mia madre morta nel 2020 a 97 anni; e adesso nel 2022 che cosa fanno? abbiamo mandato in pensione troppa gente, quelli che sono rimasti a lavorare ci dispiace ma il debito pubblico è troppo elevato (come se esistesse da alcuni anni, saranno almeno 100 anni che esiste) e quindi? molti li teniamo a lavorare chissà che i 1200 morti all’anno sul lavoro diventino 2000 o anche 3000; altri li teniamo a lavorare chissà per quanti altri anni; e i giovani che non hanno lavoro? che ce ne frega, tanto ci sono quelli di 61, 62 (gli inc. del 1960) che pensano a lavorare; l’importante che i figli dei caporioni lavorino o meglio studino e anche gli amici e gli amici degli amici; e l’evasione fiscale? che ce ne frega, non posso mica risolvere tutti i problemi italiani; concludendo: non siamo più nella c………..ca, ma molto peggio; saluti ai gestori del sito
Io spero che ci sia una semplificazione del sistema previdenziale. Non si capisce nulla se non ci si fa aiutare da un esperto. Una riforma accettabile potrebbe essere 67 per chi vuole lavorare. 65 per tutti con piccola decurtazione e 63 per i lavori gravosi. Ma manca la volontà, soprattutto di venire incontro ai disoccupati e arginare le nuove povertà. Stiamo qui volonterosi a discuterne amabilmente. Fantascienza.