Riforma pensioni 2021, ultime da Perfetto: post quota 100 resterà la Fornero, ecco perché

Al centro del dibattito previdenziale il prossimo incontro tra Governo e sindacati che si terrà venerdì 25 settembre, moltissimi lettori ci stanno scrivendo per sapere le intenzioni dell’esecutivo o per esprimerci la loro opinione circa le misure che costituirebbero, a loro avviso, se prese in considerazioni, quella riforma previdenziale ritenuta corretta e giusta dalla maggior parte delle persone. Ossia flessibilità in uscita dai 62 anni, quota 41 per tutti indipendentemente dall’età anagrafica, proroga opzione donna al 2023 e proroga dell’ape sociale. A tal riguardo abbiamo deciso di confrontarci con il Dott. Claudio Maria Perfetto, esperto previdenziale ed autore del libro L’economista in camice edito da Aracne nel 2019, eccovi le sue considerazioni su quello che a suo avviso avverrà al sistema previdenziale post 2021.

Riforma pensioni 2021, non potrà esserci se manca il lavoro

Pensionipertutti: Gentile Claudio Maria Perfetto in questi giorni si fa un gran parlare della prossima riforma delle pensioni, ne parlano i sindacati, ne parlano i lavoratori, se ne discute sui social, lei crede che sarà davvero possibile una ‘nuova’ riforma previdenziale che sia equa e giusta al tal punto da superate la Legge Fornero ancora vigente?

Claudio Maria Perfetto: La gente e i sindacati non hanno ancora preso coscienza della gravità della crisi che stiamo attraversando. Lo si intuisce dal fatto che credono che si possa fare una “nuova” Riforma delle pensioni che sia strutturale, flessibile, “più giusta”. Ma ciò che più sorprende è che sembra che ci credano per davvero!

Ci credono perché vedono i tavoli di lavoro riaprirsi, perché affiorano vecchie e nuove proposte più o meno credibili, ma, soprattutto, perché vogliono credere in una nuova Riforma pensioni flessibile e più giusta.

Ebbene, se non si vorrà rimanere ancora una volta delusi, si farebbe bene a guardare in faccia la realtà, perché la nuova Riforma delle pensioni non potrà esserci. Tutto rimarrà come è oggi, con qualche lieve accorgimento (che non farà di certo piacere) per evitare lo scalone quando Quota 100 non ci sarà più.

Pensioni 2021, serve una riforma strutturale più equa?

Pensionipertutti: Dunque a suo avviso non serve una riforma strutturale, flessibile e più giusta, come viene richiesta da tutti i cittadini, futuri pensionandi o semplicemente non é fattibile farla oggi?

Claudio Maria Perfetto: “Serve una riforma strutturale? Ma c’è già! È la Riforma Fornero. Serve una riforma flessibile? Le condizioni economiche attuali (debito pubblico alle stelle e disoccupazione in aumento) pongono vincoli rigidi agli interventi (Quota 102: (64,38), o uscita con 63 anni con penalità…).  Serve una riforma “più giusta”? La sola Riforma pensioni “giusta” che per il governo si possa fare è quella che sia sostenibile per le casse dello Stato: la Riforma Fornero, dal momento che dura da dieci anni, è strutturale e sostenibile per le casse dello Stato e quindi per lo Stato è giusta. Pertanto rimarrà.      

Per fare queste “previsioni” (che, per carità, potrebbero risultare errate alla prova dei fatti) è sufficiente tenere conto di una sola considerazione: il nostro sistema previdenziale è prevalentemente a ripartizione, il che vuol dire che le pensioni correnti vengono pagate con i contributi versati dai lavoratori attivi. Ne deriva che se non aumenteranno i lavoratori attivi non potranno aumentare neppure le pensioni correnti. Ci piaccia o no, il nostro sistema previdenziale funziona così, e non potrà essere cambiato in pochi mesi”.

Riforma pensioni 2021: resterà la Fornero, se manca il lavoro, quale uscita anticipata?

Pensionipertutti: “Mi pare di intendere che tutto sommato la pensa come la Prof.ssa Fornero: inutile distinguere le pensione dal lavoro e pretendere dopo 40 anni di poter andare in quiescenza se qualcuno quelle pensioni non potrà ripagarle, ho compreso bene?

Claudio Maria Perfetto: “Certo, È inutile dire “ho versato i contributi per 40 anni e voglio indietro i miei soldi”. I soldi che ho versato sono serviti per pagare la pensione a un altro. Per avere indietro i “miei soldi”, un altro che lavora dovrà darmeli.  

Facciamo un esempio. Nel 2017 (poco importa se i dati sono di tre anni fa, l’importante è capire il concetto) le pensioni erogate erano 16 milioni, e i lavoratori occupati 23 milioni. Ipotizziamo per amore della semplicità che i contributi versati dai 23 milioni di lavoratori siano sufficienti a pagare 16 milioni di pensioni (rapporto pensionato/lavoratore uguale a 0,69). Ipotizziamo che il sistema previdenziale sia in equilibrio.  

Nel 2016 i lavoratori precoci (coloro che hanno cominciato a lavorare prima dei diciotto anni e sono  eleggibili per Quota 41) erano poco più di tre milioni e mezzo. Se dai 23 milioni di lavoratori del 2017 togliamo i 3 milioni dei Quota 41 e li passiamo ai pensionati, avremo che i contributi di 20 milioni di lavoratori dovranno essere sufficienti per pagare 19 milioni di pensioni (rapporto pensionato/lavoratore uguale a 0,95 che è maggiore di 0,69). Il sistema previdenziale non è in equilibrio (ciò esclude Quota 41).

L’esempio chiarisce in modo evidente che se non si aumenta la platea dei lavoratori attivi non si potrà nemmeno aumentare la platea dei pensionati. Inoltre, nel 2021 ci saranno anche meno lavoratori attivi (le stime del Mef indicano un aumento del tasso di disoccupazione dal 10% del 2019 all’11,6% a fine 2020)”.

Riforma pensioni 2021, quota 41 impossibile, dunque quali aggiustamenti realizzabili?

Pensionipertutti: A suo avviso quota 41 è fuori discussione perché troppo dispendiosa, cosa si farà allora nel 2021, qualche aggiustamento sarà possibile o nemmeno quello?

Claudio Maria Perfetto: “Rimangono le piccolezze: per il 2021 Quota 100 verrà confermata (perché ci sono già le coperture finanziarie), Opzione Donna verrà prorogata (perché costa poco allo Stato), l’Ape sociale verrà estesa (ma si tratta di aiuto economico a carico dello Stato per soggetti bisognosi e non di prestazione previdenziale).

I sindacati si comportano come quell’ubriaco che avendo perduto le chiavi di casa in una zona buia le va a cercare sotto un lampione perché lì c’è più luce. Se i sindacati vorranno risolvere il problema delle pensioni farebbero bene a cercare la sua soluzione non alla “luce” di una nuova Riforma pensioni, ma lì dove le pensioni si perdono: nella buia mancanza di lavoro”. 

Ringraziamo per questo bel confronto e per la solita disponibilità che lo contraddistingue il Dott Perfetto, e ricordiamo, trattandosi di esclusiva, che chiunque volesse riprendere parte dell’intervita é tenuto a citare la fonte.

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56 commenti su “Riforma pensioni 2021, ultime da Perfetto: post quota 100 resterà la Fornero, ecco perché”

  1. non so chi sia io sono ignorante, ma perchè io operaio devo versare all’inps tutto il dovuto e le alte categorie no, perchè gli statali avevano il loro istituto previdenziale poi raggruppato nell’inps e i loro contributi pagati da chi lavora dove sono finiti……. quante volte devo pagare per un servizio….senza parlare delle altre categorie…….. ma il debito chi lo ha creato…….. l’operaio? ma la fornarina per chi ha lavorato prima di fare la riforma? e per quale motivo aziente con partecipazione statale hanno opzioni sul pensionamento di 3 -4 o 5 anni chi li paga? e poi dicono che non ci sono soldi……. dopo 40 anni di lavoro si può aver pieni i cioglioni………….. tanto per capirci ma certa gente per cosa ha studiato per raccontare balle e non chiedersi il perchè certe cose succedono

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  2. Se la situazione è questa, mi vien da dire: allora si proceda al più presto alla separazione tra previdenza e assistenza, facendo sì che quest’ultima ricada nell’ambito della fiscalità generale.
    Sarebbe interessante conoscere, e penso si possa facilmente fare una proiezione dei conti, quale sarebbe il vantaggio economico per le casse dell’Inps.
    Inoltre sarebbe il caso di diminuire le ore lavorative come ha fatto la Germania, sembra con ottimi risultati e un incremento della produttività grazie al progresso tecnologico. Lavorare meno ore ma allargando la platea dei lavoratori, perché il lavoro non può essere una chimera per alcuni e una condanna per altri!
    E poi permettere di coprire eventuali buchi contributivi, anche ante il 1996. Insomma, mettere sul tappeto tutte le possibili opzioni per permettere di articolare in modo flessibile l’accesso alla pensione.
    Detto questo sarà il caso di organizzare seriamente un diverso sistema previdenziale che tenga in considerazione i possibili cambiamenti di scenari economici, in modo da non fare pagare questi cambiamenti (di solito peggiorativi) sempre alle stesse categorie di persone.
    Il principio di realtà non è l’unico che governa le nostre esistenze, l’essere umano è un essere creativo e a lui è demandata la possibilità di “immaginare” una realtà diversa, migliore!
    Ai giovani vanno date delle prospettive per costruire la loro vita, agli anziani delle tutele con la garanzia di poter finalmente godere del frutto del loro lavoro, potranno così restituire ancora valore alla società grazie alla nuova disponibilità di tempo, attraverso il volontariato, la partecipazione sociale, l’aiuto ai loro vecchi, ai figli e ai nipoti.
    E’ una visione molto miope continuare a contrapporre i giovani ai vecchi, cavalcando una sterile guerra dei poveri. Una società giusta si deve occupare di ambedue le realtà, non di una a discapito di un’altra e se in passato si è fatto così, motivo di più per non ripetere lo sbaglio.
    Anni fa mi trovai in viaggio su una nave postale in Norvegia, ebbene la prevalenza anagrafica era di anziani pensionati delle più svariate nazionalità (fuorché quella italiana) che si godevano una vacanza non proprio economica. Donne e uomini di media estrazione sociale, non piegati dalla vita, mortificati, sfiniti, senza più desideri né scopi, ma esseri umani che possono ancora fare esperienze, sentirsi parte attiva della società e perché no, godersi quello che resta della loro vita immettendo nel circuito economico, tra l’altro, somme di denaro non proprio indifferenti.

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    • Grazie Veronica, penso che quanto hai scritto contiene un’ interpretazione della vita moderna e contingente alla realtà come poche volte ho letto. Il finale del messaggio rispetta una realtà che tutti dovrebbero intendere prima di aprire una tabelle Excell. Buona Giornata!

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  3. A mio giudizio la riforma delle pensioni non deve valutare solo l’aspetto economico. Se cosi’ fosse basta fare una legge che impone il ritiro dal lavoro al compimento di 70 anni per tutti e vedrete come i conti quadrano. Si deve tener conto anche dell’aspetto sociale della vita del lavoratore e conseguentemente il ricambio generazionale. Bisogna creare richezza e far lavorare i giovani che sono il futuro della nostra nazione. E questo e’ possibile solo a determinate condizioni. Una su tutte l’abbassamento dell’eta’ pensionabile. Non facciamoci convincere dai vari ” esperti ” previdenziali siano essi professori giornalisti politici o quant’altro che ci inondano di situazione catastrofiche se non rispettiamo le regole che ci vengono imposte dalla nuova capitale dell’Italia e cioe’ BRUXELLES

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    • bravissimo, oltretutto con il ricambio generazionale aumenta la produttività in termini quantitativi ed anche qualitativi in tutti i settori, compreso il terziario. Il lavoro svolto dai giovani qualificati, con titoli di studio ottimi o no, è piu’ rapido, efficace, produce sia una diminuzione dei costi sia un aumento dei fatturati per ogni settore, compreso quello pubblico.

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  4. Osservo molti commenti che mi chiamano in causa direttamente per i contenuti che ho espresso in questa intervista a Pensionipertutti. Vorrei rispondere singolarmente ad ognuno di questi commenti, ma non mi è possibile farlo, e quindi ne faccio uno solo che possa valere come risposta a tutti.

    Mi si lasci prima dire che non ho mai preso in giro il prof. Cazzola ma l’ho solo bonariamente e simpaticamente chiamato il “body guard delle legge Fornero” (peraltro è un’espressione che ho preso in prestito dal vignettista che ha raffigurato Cazzola nell’articolo scritto da lui intitolato “Le pensioni non crescono sugli alberi” riportato nel libretto “Pensionare la riforma Fornero?” del 2018).

    Mi corre anche l’obbligo di precisare che non sono affatto un difensore della legge Fornero, né potrei mai unirmi al coro di chi ne fa propaganda. Ciò non di meno non posso non riconoscere i principi che ne sono alla base e che sono stati enunciati in modo comprensibile dalla stessa prof.ssa Fornero durante la seduta stampa nella quale presentò “la Riforma che porta il suo nome”.

    Da quando scrivo i miei commenti su questo sito il mio pensiero è rimasto inalterato, non c’è stata alcuna “inversione a U”. Se questo appare evidente è perché alcuni miei commenti espressi in altri contesti vengono collocati in modo improprio in “questo” contesto.

    Questo è un sito dedicato alle pensioni. Quindi è naturale che il 90% dei suoi contenuti riguardino le pensioni. Ma le pensioni sono legate al lavoro, e quindi occorrerebbe parlare anche di lavoro. Il lavoro è legato all’occupazione e alla produzione, e quindi occorrerebbe parlare di produzione. La produzione è legata ai consumi e agli investimenti, e quindi… ecc. ecc.

    In estrema sintesi il quadro di riferimento generale entro il quale il governo e i sindacati dovrebbero muoversi è il seguente (una catena che andrebbe vista in senso circolare e non in senso lineare): PENSIONI-LAVORO-INVESTIMENTI-MONETA-PENSIONI-LAVORO-INVESTIMENTI.

    Centrale è la moneta.

    Pensioni e lavoro sono legati tra loro a doppia mandata. Di più. È il cane che si morde la coda: non si può andare in pensione se non si crea lavoro, e non si può creare lavoro se non si va in pensione (questo è dovuto al fatto che ci troviamo in una fase stagnate dell’economia in cui i consumi e la produzione sono stazionari, ovvero non cambiamo nel tempo).

    Se non si crea lavoro, non si può andare in pensione: quindi la legge Fornero resta.

    Se non si può andare in pensione, non si può creare lavoro: quindi la legge Fornero va cambiata.

    Dunque, su che cosa occorre intervenire per prima: sulle pensioni o sul lavoro?

    Occorre intervenire per prima sulle pensioni, lasciando andare in pensione quanti più 60enni possibile (ma anche 50enni). In tal modo le aziende si liberano di esuberi, recuperano redditività, e assumono nuovi lavoratori realizzando un ricambio generazionale minimo.

    Primo problema da risolvere: come finanziare nuove pensioni senza l’incremento di nuovi lavoratori?

    Se si continua a pensare come si è sempre pensato (contenimento della spesa pubblica, riduzione del debito pubblico) non c’è modo di finanziare le nuove pensioni. Ecco perché sostengo che IN ASSENZA DI NUOVE IDEE, LA RIFORMA FORNERO RESTA, E QUOTA 41 NON POTRA’ ESSERE ATTUATA.

    Per finanziare le nuove pensioni senza nuovi lavoratori, occorre innanzitutto non aumentare il debito pubblico e quindi le risorse devono essere recuperate applicando una patrimoniale al patrimonio immobiliare dello Stato (edifici pubblici, spiagge demaniali, caserme, ecc.).

    Ciò non significa che bisogna vendere gli immobili dello Stato: è sufficiente “liquidarli” in una moneta che non può uscire dall’Italia. Visto che stiamo andando verso il digitale la moneta nella quale “liquidare” gli immobili dello Stato sarà una “moneta digitale di Stato”.

    Per evitare conflitti con la Bce e la Banca d’Italia, la moneta digitale di Stato sarà circolante solo in Italia, parallelamente all’euro e sarà gestita dallo Stato tramite la Cassa Depositi e Prestiti.

    Con la moneta digitale di Stato si pagheranno stipendi e pensioni (metà in euro e metà in valuta digitale). Con la moneta digitale si pagheranno imposte, tasse, tributi, Iva, ecc. e quindi la moneta digitale di Stato avrà corso legale.

    Risolto il problema del pagamento delle nuove pensioni attraverso la patrimoniale applicata al patrimonio di Stato, l’attenzione si sposta sugli investimenti.

    Le imprese non investono, perché i loro prodotti non vengono venduti in quanto non c’è gente che li consuma. E la gente non consuma perché o ha salari bassi, o è disoccupata, o risparmia troppo.

    Occorre stimolare i consumi. I soli che possono incrementare i consumi sono i disoccupati che vengono occupati. Per occuparli occorre fare investimenti.

    Occorre che sia lo Stato a investire.

    Lo Stato dovrà istituire una moderna IRI (che io chiamo Istituto per la Ricostruzione Italiana e che un tempo si chiamava Istituto per la Ricostruzione Industriale). Tramite l’IRI lo Stato partecipa con le imprese private alla ricostruzione dell’Italia (digitalizzazione, infrastrutture, energia, trasporti, telecomunicazioni – insomma: il Piano Colao). Si utilizzeranno i soldi del Recovery fund.

    Ma i soldi del Recovery fund arriveranno solo nel 2021; nell’immediato si potranno utilizzare i 37 miliardi del Mes (il governo si metta l’animo in pace: cederà, e sarà costretto ad accettare il Mes per utilizzare i suoi fondi in ambito sanitario).

    Con i nuovi investimenti verranno assunti nuovi lavoratori 30enni che cominceranno a consumare; le aziende cominceranno produrre di più e quindi si avvia un ciclo virtuoso consumi-produzione-occupazione-pensioni.

    A questo punto, con una platea maggiore di nuovi lavoratori verranno versati più contributi e potranno andare in pensione più lavoratori con una Riforma pensioni strutturale e sostenibile per le casse dello Stato che SOSTITUIRA’ LA RIFORMA FORNERO.

    Si realizzerà così il ricambio generazionale pieno. Tra l’altro, introducendo la moneta digitale di Stato si impedirà l’evasione fiscale e quindi anche le pensioni di invalidità e di inabilità potranno essere aumentate per garantire una vita veramente dignitosa.

    La chiave di volta di tutto il mio pensiero è dunque la “moneta digitale di Stato”.

    Conclusione:

    PER RIFORMARE LA RIFORMA FORNERO È NECESSARIO INTRODURRE LA MONETA DIGITALE DI STATO GESTITA DALLO STATO ATTRAVERSO LA CASSA DEPOSITI E PRESTITI.

    Ed ora mi rivolgo a voi tutti commentatori:

    siete davvero convinti che i sindacati con le loro idee (che voi tutti conoscete) siano capaci, senza una nuova idea, a cambiare la Riforma Fornero? La sola cosa che potranno ottenere è una mezza misura che scontenterà tutti: uno scalino al posto di uno scalone.

    Ho detto forse qualcosa che non va?

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    • Non mi fingerò economista quindi mi limito a dire che la sua idea di “una moneta che non può uscire dall’Italia” come soluzione mi ricorda sinistramente (magari mi sbaglio) le limitazioni all’esportazione di capitale in vigore in Argentina.
      Con la differenza che io non credo affatto, nonostante quello che ogni tanto si dice a livello di chiacchiere da bar, che noi siamo in una “situazione Argentina”, nè come sistema produttivo (nonostante il PIL fermo da vent’anni) nè come finanza (tanto che abbiamo sempre pagato i nostri debiti e mi risulta che i nostri titoli di Stato continuino ad essere acquistati senza reali timori di default).

      Indipendentemente dall’efficacia della radicale e innovativa soluzione, sulla quale non ho titoli per esprimermi (ma mi chiedo solo se sia mai stata percorsa da qualche parte nel mondo, possibilmente non perchè si era con l’acqua alla gola), credo che ben difficilmente la vedremo, certo non a tempi brevi ma credo nemmeno medi o lunghi.

      A questo punto, dato che credo nessuno avrà (magari sbagliando) la volontà di seguire questa via, cosa resta?
      Tenerci la Fornero? O magari, già che ci siamo, aumentare a 70 anni il limite così, come qui qualcuno ha scritto con azzeccato sarcasmo, “vedrete come i conti quadrano” per i prossimi vent’anni e non dobbiamo pensare più a innovazioni monetarie (almeno restando nell’ambito del problema della sostenibilità delle casse INPS)?

      Modestamente e umilmente penso che se c’è gente, addetta ai lavori, che ha fatto i conti e ha visto che con una penalizzazione del 1,5%, 2% o 3% i conti INPS sono in equilibrio, forse non è necessario ora pensare a cose molto diverse e restare invece con i vecchi (buoni o meno buoni) “classici” accorgimenti per non sforare troppo.

      Che, per carità, potrebbero queste cose nuove essere anche un’ottima soluzione generale ma temo che, anche fossero adottate d’urgenza (e non ci credo), arriverebbero ad avere effetti quando chi adesso sta aspettando la pensione ci sarà già andato con la vecchiaia della Fornero.
      Cosa che, nei fatti, creerebbe qualcosa di più fastidioso di quel paventato “scalino”.

      Dico questo perchè va benissimo una riforma a lungo termine ma, parliamoci chiaro: se la riforma a lungo termine arriva essa stessa a lungo termine non interessa oggi a nessuno, perchè “nel lungo termine saremo tutti morti” (che se non sbaglio è di Keynes).

      E, a proposito di scalini o scaloni, qualcuno ha detto che “non ci sarà mai nulla che potrà essere FAVOREVOLE come Quota 100”, per cui bisogna mettersi il cuore in pace.
      Beh, la mia prima risposta potrebbe essere: “è vero”.
      Ma in realtà la mia risposta è: “dipende dai punti di vista”.

      Perchè chi l’ha sfruttata sarà d’accordo che era la soluzione più favorevole (a parte che conosco qualcuno che per arrivare ai famigerati 38 di contributi a 62 anni ha dovuto svenarsi per riscattare anni di laurea, quindi non per tutti i beneficiari sono state rose e fiori).
      Ma per chi NON ne ha potuto e non ne può tuttora usufruire (e sono i più) Quota 100 è COME SE NON CI FOSSE.
      Cos’altro ci può essere di PEGGIORE?

      Quindi credo che spazio per lavorarci, tra il “tutto” e il “niente”, ci sia ( come quasi sempre nella vita).
      A volte anche le “mezze misure” sono una buona soluzione, se l’alternativa è il nulla.

      E credo che molti (non dico certo tutti) possano essere d’accordo con me dicendo che ci potrebbe andare bene pure un modesto “scalino” o una moderata “penalizzazione”, se ciò portasse ad una possibilità di SCELTA sull’età pensionabile in un intervallo di diversi anni prima dei 67, che è ciò che nè la Fornero nè, di fatto, Quota 100 consentono salvo a pochi fortunati.

      Grazie per aver esplicitato la sua proposta e aver chiarito certi dubbi.

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      • Sig. Carlo, la mia idea di “una moneta che non può uscire dall’Italia” è dettata da una condizione di necessità: non può esserci nell’eurozona altra moneta all’infuori dell’euro. Ma se la moneta circolasse solo in Italia (alla stregua di ticket restaurant, per fare un esempio terra terra) non si entrerebbe in conflitto con la Bce.

        Nel 2018 l’Estonia (appartenente all’eurozona) voleva emettere la sua valuta digitale, l’Estcoin, (un “token”, una criptovaluta tipo bitcoin), ma fu immediatamente stoppata da Mario Draghi. L’Estonia ha ripiegato sull’utilizzo della moneta digitale solo all’interno della comunità e-residency, ovvero di coloro che hanno residenza digitale in Estonia (anche cittadini di altri Paesi).

        Nel luglio 2020 la Lituania (altro Paese dell’eurozona) ha lanciato la moneta digitale di Stato LBcoin ed ha affermato che non sarà un euro digitale e verrà usato solo con lo scopo di testare la tecnologia blockchain e di avvicinare i cittadini all’utilizzo della moneta digitale.

        La Bce, osservando come si sta muovendo la Fed (che con il Mit sta studiando la moneta digitale) e come si sta muovendo la Cina (che è già passata alla fase sperimentale sul campo in 4 città) sta valutando la possibilità di introdurre l’euro digitale.

        Io sto conducendo esperimenti sulla moneta digitale sin dal 1995 proprio negli ambienti in cui lavoro, che sono i Centri di Elaborazione Dati (CED) gestiti da computer IBM di grande potenza elaborativa chiamati mainframe. I CED sono delle vere e proprie “nazioni digitali” dove lavorano persone e robot che consumano e producono servizi digitali. Senza presunzione, mi ritengo, sotto il profilo sperimentale, in una fase di gran lunga più avanzata di quella della Cina.

        Per quanto riguarda i titoli di Stato italiani, sono già in agguato gli speculatori pronti a intervenire quando la Bce mollerà la presa sul Quantitative easing (cosa che potrebbe avvenire anche a breve sotto la pressione della Corte Costituzionale tedesca sulla Banca Centrale tedesca che a sua volta eserciterà pressione sulla Bce – Jens Weidemann è stato sempre contrario al Qe ed era il solo oppositore di Draghi). Quando la Bce mollerà la presa, scatteranno le valutazioni negative delle Agenzie di rating sull’Italia con il conseguente declassamento dei titoli di Stato italiani a titoli spazzatura, lo spread aumenterà, i tassi di interesse saliranno e lo Stato italiano si troverà in fortissima difficoltà.

        Tutto ciò avverrà nel breve periodo, quando saremo ancora tutti vivi (ciò non contraddice assolutamente Keynes, perché lui si riferiva al lungo periodo).

        Mi perdoni questa prolissità fuori tema che non ha nulla a che vedere con le pensioni (ma solo in apparenza), ma volevo arrivare alla seguente conclusione: una moneta digitale di Stato italiana metterebbe l’economia reale (imprese e famiglie) al riparo dalle turbolenze che potrebbero generarsi nell’economia finanziaria. Perché, se questa turbolenza dovesse come uno tsunami colpirci con la pandemia ancora in atto, allora sì che la impossibilità di pagare le pensioni diventerà uno spettro reale.

        Però, tutto sommato, credo che abbia ragione lei, sig. Carlo. Lasciamo perdere la “moneta digitale di Stato” e accontentiamoci sin da subito (magari dal prossimo anno) di quelle “mezze misure” che sono nella terra di mezzo tra il “tutto” e “il “niente” (come quasi sempre accade nella vita), oppure dello “scalino”, oppure di una moderata “penalizzazione” purché venga salvaguardata la facoltà di “SCELTA” (molto cara anche al nostro caro Franco Giuseppe).

        Gliel’ho già riconosciuta una volta, sig. Carlo, e ancora adesso gliela riconosco la sua capacità di dire cose lucide, chiare e concrete.

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    • No, non ha detto nulla che potrebbe risultare illogico. Il problema è che la rivoluzione da Lei proposta ha tempi lunghissimi nella sua attuazione e ci vorrebbe un governo stabile e duraturo per almeno un decennio e non mi sembra proprio il caso italiano visto che cambiamo 2-3 governi a legislatura se non addirittura alternanza dx-sx con nuove elezioni nazionali.
      Per quanto riguarda le pensioni invece, Lei ha, per lunghi mesi, parzialmente sostenuto positivamente la quota 100 pur sapendo dell’iniquità creata, dell’ingiustizia verso una gran parte di lavoratori più meritevoli e della temporaneità dell’opzione che avrebbe creato in seguito proprio quello scalone che ci troviamo ad affrontare. In poche parole, nei suoi commenti, non ho mai ravvisato una preoccupazione per quello che la quota 100 avrebbe provocato, come se accettasse serenamente e come normalità il detto: ” C’è sempre qualcuno che lo prende in c…”. Oggi poi, la sua uscita, sull’impossibilità della cancellazione totale della Fornero, ma solo di un ritocchino di facciata, vista la situazione economica del paese, mi ha sorpreso; Bentornato sul terreno italico Sig. Claudio. Il suolo è sempre lo stesso … è Lei che si è assentato temporaneamente e si liberi finalmente: “Quota 100 è stata solo un’idiozia e una perdita di tempo”.

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    • Claudio Maria Perfetto non mi ha proprio convinto per niente.
      Su molti punti ..i consumi non li fanno solo i giovani che trovano lavoro, ma anche e soprattutto gli anziani che tenuti a lavoro in attesa che altro lavoro arrivi ai giovani NON consumano nulla o il poco per sostenersi. Io tra i primi. E come me tutti i miei colleghi. Più ci tengono a lavoro e meno consumiamo.

      Se io potessi andare in pensione ad una età di 62 anni il mio tfr lo utilizzerei per aiutare i miei figli,magari per contribuire in un alloggio o nell’arredamento potrei dedicarmi un pò a viaggiare e portare denaro un pò in giro..potrei fare tante cose che ora NON faccio e non farò fino a quando non avrò chiara una prospettiva ( non annuale o ogni tre anni) di cosa potrò fare

      Non ho letto in nessuna Sua parte la grandissima disparità che in Italia abbiamo sui trattamenti di pensione. Lo sa certamente che un lavoratore appartenente a qualsiaisi arma va in pensione con 37 anni di contributi ? I miei amici del 1964 stanno tutti andando in pensione e hanno 56 anni.
      Gli stessi hanno la quota 41 applicata da anni senza scoglio dell’età se vogliono optare per quella. Gli stessi possono stare a lavoro fino a 62 anni e dopo DEVONO lasciare l’arma a meno di essere ufficiali.

      Poi mi deve spiegare perchè io sono costretto a lavorare fino ai 64 anni per pagare anche la pensione di uno dei migliiaia di nipoti, figli, di politici defunti o per pagare altre pensioni dovute a privilegi che resistono sempre in barba a noi che dobbiamo sacrificarci in base alla Sua analisi .

      Già qui una parte di soldi ci sarebbero..poi
      perchè in Italia non si riesce a scovare nulla dei 100 miliardi di evasione?

      E’ più facile e immediato colpire sempre i soliti conosciuti.. i lavoratori ?

      L’INPS lo ha scritto e dichiarato che la previdenza, solo quella , è in attivo. Iniziamo a scorporare quella, iniziamo a togliere privilegi , e ce ne sono tanti e mai tanti in Italia e mai nessuno ha fatto un calcolo veritiero per aprirci gli occhi, iniziamo a lasciare a casa quelli che hanno fatto 41 anni di lavoro e che non esisteranno più in futuro perchè nessuno riuscirà ad avere 41 anni di contributi e inseriamo giovani con nuove skill che noi NON abbiamo e non avremo mai a 60 anni di età e certamente ora sono necessarie perchè il lavoro è cambiato e cambierà ancora.

      Pensi solo ai robot ( non solo quelli meccanici ma anche tutti i robot informatici) che tolgono sicuramente il lavoro che magari lei descrive nel suo articolo e che servirebbe per pagare i contributi a chi va in pensione..1000 robot non saranno mai sostituiti da 1000 operai..basta vedere cosa succede nelle grandi aziende cinesi automatizzate al 100% . Magari al posto di 1000 operai si assumeranno 100 tecnici iperspecializzati per manutentare e aggiornare i robot…ma 100 non saranno mai 1000 Quindi un sistema che vuole un lavoratore per un pensionato è un sistema vecchio di concezione. Non avrà certo prospettiva futura.

      Per non parlare poi della spesa sanitaria mantenendo anziani a lavoro. Mi piacerebbe avere uno studio sullo stress , sulla resa del lavoratore e su come vive dopo essere andato in pensione facendo gli anni dai 60 in poi non certo con lo spirito e la salute di un trentenne. Quanto costerebbe di meno in sanità se la sua vita fosse più serena con la possibilità di dedicarsi ai genitori anziani e alla famiglia dopo i 62 anni senza accumulare stress, utilizzo di 104, malattia e assenze varie?

      No non mi ha proprio convinto
      cordialmente
      Alessandro

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      • Sig. Alessandro, non è nei miei propositi convincere gli altri. Più che altro sono interessato a come gli altri vedono le cose diversamente da me.

        Quando parlo dei consumi mi riferisco in particolare ai “nuovi” consumi. Chi è arrivato già a 60 anni ha già una casa, mobili, elettrodomestici, e quant’altro. Ma chi ha 30 anni ed è disoccupato, non può consumare (sebbene qualcosa dovrà pur consumare per poter vivere – è ciò che gli economisti chiamano “consumo autonomo”, cioè indipendente dal reddito). Se il disoccupato trova lavoro, allora potrà consumare una nuova casa, nuovi mobili, nuovi elettrodomestici e tutto ciò sarà di stimolo alla produzione e quindi agli investimenti e quindi all’occupazione. Personalmente non sono a favore di invogliare la gente a consumare solo per alimentare la produzione fine a se stessa: ciò genera solo sprechi di prodotti e risorse. Sono invece a favore di stimolare nuovi consumi per chi non può ancora consumare: ciò significa dare lavoro ai disoccupati.

        Non potrà leggere in nessuna mia parte la disparità che regna in Italia sui trattamenti di pensione. Io mi occupo di economia positiva (economia politica), studio relazioni causa-effetto, teorie economiche, sperimentazione. L’equità rientra nell’ambito dell’economia normativa (politica economica) che è lo strumento utilizzato dal governo per alimentare il benessere della società. L’economia politica fornisce la guida per la politica pratica.

        La società nel suo insieme è un organismo vivente. Come ogni organismo vivente ha le sue piaghe: ingiustizia (colpiti sempre i soliti lavoratori), iniquità (disparità nei trattamenti di pensione), incuria (evasione fiscale di 100 miliardi). Il governo tenta di curare queste piaghe sociali (ma la peggiore di tutte – la disoccupazione – è quella più trascurata) al meglio delle sue possibilità. A volte ci riesce, a volte un po’ meno, a volte per nulla… fa quello che può.

        Lei dice: “L’INPS lo ha scritto e dichiarato che la previdenza, solo quella, è in attivo”. Mi fido di ciò che lei mi dice. Ma leggo anche su il Sole 24 Ore del 7 gennaio 2020 un articolo dal titolo “Inps: anche per il 2020 si annuncia un bilancio in rosso” in cui si dice (testualmente): “Per il decimo anno consecutivo l’ente approverà un bilancio di previsione in disavanzo. La novità è che per questa volta si eviterà l’esercizio provvisorio. Nelle prossime settimane previsto l’insediamento del nuovo Consiglio di amministrazione, con il debutto di un vicepresidente, Maria Luisa Gnecchi, che affiancherò il presidente Pasquale Tridico”. Il bilancio Inps è in passivo da 10 anni e se anche la previdenza è in attivo conta davvero poco, perchè, come diceva saggiamente Totò “è la somma che fa il totale”.

        I privilegi, le caste, gli amici di palazzo, gli amici degli amici, gli amici degli amici degli amici ci sono e sono come i poveri: li avremo sempre con noi e ci tocca mantenerli. Perciò, sig. Alessandro, se ancora non se l’è fatta, se ne faccia una ragione.

        I robot (non solo quelli meccanici ma anche tutti i robot informatici) li conosco piuttosto bene e le posso assicurare che non tolgono affatto il lavoro alla gente: semplicemente impediscono alla gente di entrare nel mondo del lavoro (perché ci sono già loro-robot).

        Della sanità è bene non parlare. Solo parlandone ci si ammala.

        Se non l’ho convinto prima, Sig. Alessandro, non mi aspetto di poterla convincere ora.

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  5. Ho iniziato a 15 anni a lavorare; 40 di contributi; e non posso andare in pensione; gente che ha iniziato a 30 anni a lavorare possono andare in pensione; la signora Fornero che pensione che stipendione che liquidazione avrà; ma ci rendiamo conto che per mantenere una classe dirigente pubblica; che sono un’infinità solo in Italia succedono queste cose; hanno dei costi spaventosi; è per quello che non vogliono mandare in pensione le persone comuni l; serviamo per pagare le loro pensioni costosissime; questo è il vero motivo e problema da risolvere; nulla più.

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  6. Possibile che in tutti i commenti si trascuri pervicacemente un’altra realtà ???
    Possibile che nessuno si renda conto che chi, come nel mio caso (e credo siano in molti), per pochissimi giorni, essendo nato a gennaio 1960, non rientra nella attuale quota 100 poiché i 62 anni li compie nel 2022, ma che, come me, nel 2022 avrà:
    – non 38 ma 40 di contributi;
    – che con le ipotesi di riforma a quota 102 ma con almeno 64 anni avrà addirittura QUOTA 106 con 42 anni di contributi;
    – che con la Fornero andrebbe in pensione a 67 anni, con quota 112 e 46 di contributi;
    – che poi anche potendo andare con quota 102 e 64 di età, si vedrebbe decurtata la pensione o addirittura agganciata tutta al contributivo …..
    ed altro ed altro ancora!!!!!! E’ EQUO E GIUSTO ?????
    E’ necessario proseguire ????
    Sarebbe bello poter mettere le mani nei conti dell’INPS, forse tanti come il sottoscritto troverebbero tantissime sorprese ed altrettante sacche di risorse per poter mandare in pensione chi ha sempre lavorato sodo per tutti questi anni.
    L’incapacità “ed altro”, di chi dovrà occuparsi della riforma del sistema è sin troppo evidente. Chi ne fa le spese però sono sempre i soliti noti !!!!!
    Leggo e sento tante chiacchiere anche negli articoli di questa rubrica, ma nulla di concreto.

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    • Per Carlo,
      Anche io sono un 1960!. Con ben 41 di contributi
      Nel 2022 ne avrò 43 per un totale quota 105.
      Quota 100 finita, a 64 anni sarei un quota109, a 67 un quota 115.
      Lasciate l’anticipata Fornero prima di combinare danni!

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      • Carissimi Carlo e Paolo, anche il sottoscritto si trova nelle vostre stesse condizioni : classe 1960 (quindi fuori “quota 100” per soli 5 mesi) e 39 anni abbondanti di contributi versati. Ergo…nel 2022 di contribuiti ne avrò raggiunti 41 e nel 2024 ben 43 ! Ora, visto che la tendenza degli “addetti ai lavori” (politici, economisti, sindacati, ecc…) è quella di favorire chi di versamenti ne ha pochi, io dico (anche se molto a malincuore) che la soluzione migliore sia quella di lasciare inalterata la legge Fornero così com’è in questo momento, almeno una volta raggiunti i famigerati 42 e 10 mesi attualmente necessari, si verrebbe a percepire una (direi meritatissima) pensione piena e senza penalizzazioni. Perchè, come nel mio caso, arrivare a 64 anni con quota 107 e, beffa delle beffe, vedersi ridotto l’assegno pensionistico di un ulteriore 10%, a mio avviso rappresenterebbe una vera e propria bestemmia oltre che un’ingiustizia bella e buona…

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  7. Scusate ma … stiamo parlando dello stesso Claudio Maria Perfetto?
    Proprio lui? Non di un sosia, un clone, un imitatore?

    Quello che solo l’altro giorno scriveva: “C’è la possibilità di fare in modo che il governo ascolti la voce della gente e realizzi ciò che la gente si aspetta? La mia risposta è: sì, c’è”?
    Quello che poco tempo fa prendeva in giro Cazzola in quanto “talebano della Fornero” (usava un altro termine, non ricordo quale ma era azzeccato e spiritoso)?
    Quello che diceva che la cosa sensata da fare era mandare in pensione gli anziani con qualche anno di anticipo per consentire il ricambio generazionale e immettere i giovani nel circuito economico, in modo che facciano girare la ruota, consumino, paghino le tasse, paghino le pensioni esistenti e accumulino contributi per le proprie pensioni future?

    E adesso diventa lui non tanto un “difensore della Fornero” ma un difensore dello statu-quo (la stagnazione nella quale siamo da vent’anni e ancor più negli ultimi dieci), un diligente scultore della scritta “lasciate ogni speranza o voi che entrate nella Terza Età”?

    Cito: “Se non si aumenta la platea dei lavoratori attivi non si potrà nemmeno aumentare la platea dei pensionati”.
    Eh, grazie.
    Ma fino a ieri era LUI a dire che bisognava far entrare giovani nel mondo del lavoro e che il ricambio generazionale attraverso flessibilità era improrogabile, invece di lasciarli passivi a casa.

    Anche perchè una delle ipotesi in campo (in almeno due varianti) è quella della FLESSIBILITA’ CON PENALIZZAZIONI, ovvero scambiare tempo di vita con denaro, non è che tutti i pensionandi stiano chiedendo “un pasto gratis” fregandosene totalmente delle casse del’INPS.

    E devo tornare a citare Tito Boeri, che quando era presidente dell’INPS era un difensore della legge Fornero, che solo a gennaio di quest’anno proponeva (sottolineo) come SOSTENIBILE PER LE CASSE INPS una penalizzazione del 1,5% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67.
    1,5%, molto meno del 2-3% di cui si parla in alcune ipotesi che circolano.

    Cos’è capitato? Che la crisi post-COVID ha reso improponibile quel 1,5%? E anche il 2% e perfino il 3%? E ciò comunque con previsioni di netto recupero del PIL già il prossimo anno?
    Bene, se si vuole affermare questo CI SI FACCIA VEDERE I CONTI, “sulla fiducia” non ci crediamo più.

    Oppure, si ammetta che ci possono essere soluzioni che coniugano sostenibilità dei conti con età di pensionamento decenti.

    E magari, a proposito di sostenibilità, che si faccia finalmente la separazione tra previdenza e assistenza, così si vede chi è che rischia di sballare i conti INPS (che secondo il suo stesso attuale presidente NON sono a rischio, peraltro!).

    Lo sappiamo tutti o quasi, la Fornero non verrà cancellata totalmente. Ma la rigidità dei 67 anni, unica in Europa, deve essere eliminata.

    Ieri io ho scritto che c’è “un evidente bombardamento propagandistico preventivo a difesa delle fondamenta della Fornero”.
    Non vorrei che il dottor Claudio Maria Perfetto si fosse appena imbarcato sul suo B-17.

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    • A me pare stia dicendo le medesime cose pensioni e lavoro devono essere considerate di pari passo….se non entreranno giovani nel mercato del lavoro, nessuno potrà pagare le pensioni a chi desidera andare in pensione. Dove sta l’assurdo?

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      • L’assurdo, Dottoressa Venditti, sta in quello che si è letto. Una inversione a U completa, dopo mesi di interviste, chiaccherate con Lei dove la risposta e la ricetta a “pensioni e lavoro devono essere considerate di pari passo….se non entreranno giovani nel mercato del lavoro, nessuno potrà pagare le pensioni a chi desidera andare in pensione” era completamente diversa (come ben ricordato e circostanziato dal Sig. Carlo che riportato molti commenti dell’intervistato su questo sito).
        Ora, tutto il diritto del Dr. Perfetto di rivedere le sue tesi, però penso che più ci si avvicini al momento del redde rationem e più si lasciano da parte pareri/ipotesi “piacione” che si possono tranquillamente rendere in tempi lontani all’ora x. Sono quello, ricorderà, che paventava il rischio (sempre su una ipotesi) della doppia penalizzazione. Con le proposte successive lette in questi giorni, la situazione sta peggiorando: oltre a doppie penalizzazioni, si allungherebbero ulteriormente i vincoli di queste supposte flessibilità rispetto alla viva e vegeta legge Fornero. Ma perchè non essere onesti e chiari fino in fondo? Oltre allo scempio compiunto nei confronti dei nati dal 1950 al 1955 (esodati ancora tali, ecc. ecc.), adesso c’è la montagna (i famosi baby boomers, tra i quali io) dei nati successivamente dal ’56 al 63′ ai quali non si ha il coraggio di dire: Signori, non rompete le scatole voi la pensione non la potete avere. Per cui tenetevi la Fornero e se resisterete in vita, qualche rateo di pensione potrete vederlo (non godervelo….sarebbe troppo).
        Le rinnovo la mia stima e continuerò – sempre più disilluso – a leggere questo sito

        Rispondi
      • Eh no cara Erica, pur essendo un estimatore del Sig. Perfetto, di cui condivido molte posizioni e apprezzo il suo modo di esporre le cose, in effetti ha la propensione a dare un colpo al cerchio ed uno alla botte. Ai miei commenti circa la bontà della quota 100 ha risposto: ” E’ stato un sasso lanciato nello stagno”. E’ vero ! Ma non ha mai speso una parola su quelle migliaia di lavoratori che in questo lasso di tempo, dal lancio alla fine dei gorghi creati, sono stati penalizzati fisicamente e moralmente dalla quota 100. Forse lui guarda più avanti di noi e propone idee anche condivisibili ma di lunga attuazione, ma la vita non è così lunga e alcuni quella vita, la stanno vivendo ora, adesso, e vedere che chi ha lavorato meno e versato meno contributi sia già a godersi la libertà ritrovata mentre chi è più anziano o ha lavorato di più è ancora al lavoro, resta una cosa ignobile da qualsiasi parte la si guardi. Assolvo Claudio Maria Perfetto perchè non è un politico e comunque gli ribadisco: ” Nulla potrà essere tanto enormemente vantaggiosa come quota 100″, e tutto mi sta dando ragione.

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      • Io credo di poter dire che non solo io ma anche altri avevamo capito che il dott. Perfetto stava propugnando da settimane di (lo dico brutalmente) “mandare in pensione gli anziani per liberare posti per i giovani” e, a fronte di pensioni in più da pagare a noi “vecchi” (eh, una seccatura per lo Stato …) ci sarebbero stati più giovani nei posti di lavoro a far girare la baracca, oltretutto consumando a trent’anni presumibilmente più dei sessantenni e quindi beneficiando l’economia più di noi “vecchi” che al massimo compriamo dentiere e pannoloni (ovviamente sto scherzando …).

        Oggi vedo da ciò che dice una prospettiva completamente capovolta: far rimanere gli anziani al lavoro perchè non ci sono abbastanza giovani per pagare le loro pensioni.
        Ammetterà che è una bella “inversione ad U”.

        Io posso anche capire che si possano avere dei dubbi sul fatto che le aziende sostituirebbero davvero ogni anziano in uscita con un giovane in entrata, ma se ha cambiato idea per questo dovrebbe spiegarlo (a parte che i sindacati, gli “ubriachi”, stanno parlando di cercare di collegare uscite con entrate, per esempio si potrebbero prevedere agevolazioni fiscali per le aziende che lo fanno).

        Se no alla fine la ricettina che ci consegna il dott. Perfetto è quella di sempre: cari aspiranti pensionati del 2020, tirate avanti sul posto di lavoro fino ai 67 anni, facendo lo slalom tra mal di schiena, abbassamento di vista, cataratta e prostata (chi ce l’ha), lo Stato ve ne sarà grato (i giovani un pò meno).
        Ma questo lo potevamo chiedere ad Elsa Fornero, scommetto che (magari tra qualche lacrimuccia …) ci avrebbe detto la stessa cosa.

        E dica la verità, Erica: ha sorpreso un pò anche lei, quando ha chiesto “Mi pare di intendere che tutto sommato la pensa come la Prof.ssa Fornero”.l

        Tutto legittimo, eh …
        Forse avevamo capito male noi.

        Rispondi
        • Sig. Carlo, ho sempre apprezzato i suoi commenti, lucidi, chiari, concreti.

          Nelle mia ricerca su come rendere l’economia una scienza sperimentale alla pari della fisica, della chimica e della biologia sono stati i commenti dei miei colleghi quelli più duri che per me hanno avuto un grande valore ed hanno fatto progredire la mia ricerca. Perché mi hanno costretto a rivedere il modo in cui esprimevo i miei concetti affinché i miei colleghi potessero capirmi. Ho sempre pensato che se non mi faccio capire da qualcuno è perchè non ho saputo esprimermi in modo comprensibile. Rivedendo il modo di esprimermi ho dovuto anche rivedere i miei concetti, li ho affinati e (non ci crederà) sono diventati più chiari persino a me stesso. Ora la mia ricerca, dopo trent’anni, è finita e sono in pace. Con me stesso e con il mondo.

          Vedo il mondo non come vorrei che fosse, ma così come il mondo è. Vedo la Riforma Fornero del 2011 così com’è, e non come vorrei che fosse.

          La Riforma Fornero esiste perché è stata concepita sulla base di alcuni principi. Questi principi li ha espressi la prof.ssa Fornero stessa nel 2011 e li ho elencati nel mio commento del 27 dicembre 2019 alle 12:25 su Pensionipertutti. Li ripropongo qui:

          – “Tutti devono capire che il principale meccanismo per fare pensioni è il lavoro”.
          – “Questa è la riforma delle pensioni, ma la riforma del mercato del lavoro completerà questo primo pezzo”.
          – “L’Europa ci chiede oggi un innalzamento dell’età media di pensionamento. Quindi l’età minima non può essere troppo bassa, perché altrimenti la riforma tutta non sarebbe credibile sul piano europeo”.
          – “Ci sono i vincoli finanziari. I vincoli finanziari oggi sono severissimi”.

          Non trovo nulla da obiettare su tali principi, e mi trovo pienamente d’accordo con quanto ha spiegato la prof.ssa Fornero nel 2011.

          Lei, sig. Carlo, cerca un alleato forte, quando dice: “E dica la verità, Erica: ha sorpreso un pò anche lei, quando ha chiesto “Mi pare di intendere che tutto sommato la pensa come la Prof.ssa Fornero””.

          Ma, mi spiace dirlo, sig. Carlo, lei ha omesso una parte della frase della dott.ssa Venditti, e proprio quella parte che spiega su che cosa io la penso come la Prof.ssa Fornero. Lasci che le ricordi come la dott.ssa Venditti ha proseguito: “inutile distinguere le pensione dal lavoro e pretendere dopo 40 anni di poter andare in quiescenza se qualcuno quelle pensioni non potrà ripagarle, ho compreso bene?”. Ecco, io concordo su questa considerazione che la dott.ssa Venditti ha compreso bene, perché richiama il principio “Tutti devono capire che il principale meccanismo per fare pensioni è il lavoro”. Lei sig. Carlo, può forse negare questo principio?

          Oggi siamo nel 2020, sono ancora validi i principi sui quali si basa la Riforma Fornero del 2011? Certamente sì, eccetto uno: l’innalzamento dell’età media di pensionamento.

          L’età media di pensionamento dovrà essere abbassata, perché:

          – è in atto un cambiamento radicale dell’economia e della società sotto la spinta digitale
          – la forza lavoro attuale non è idonea a sostenere la trasformazione digitale
          – è necessario il ricambio generazionale sostituendo i 60enni con i 30enni

          Quindi, la Riforma Fornero dovrà essere riformata.

          Per riformare la Riforma Fornero occorre individuare il “fattore chiave” che consenta di abbassare l’età di pensionamento in modo da rispettare i seguenti principi:

          – “Tutti devono capire che il principale meccanismo per fare pensioni è il lavoro”.
          – “Questa è la riforma delle pensioni, ma la riforma del mercato del lavoro completerà questo primo pezzo”.
          – “Ci sono i vincoli finanziari. I vincoli finanziari oggi sono severissimi”.

          Il contenuto profondo dell’intervista che ho rilasciato a Pensionipertutti, il succo di quello che volevo dire, è questo: se i sindacati non riusciranno a trovare il “fattore chiave” che consenta di abbassare l’età di pensionamento nel rispetto dei tre principi sopra elencati, allora la Riforma Fornero resterà, e Quota 41 non si farà.

          Riconosco a me stesso una nota critica: non sono adatto a spiegarmi sui mass media, soprattutto nelle comunicazioni via web o e-mail. E quando ci provo vado incontro ad effetti boomerang, ovvero il mio pensiero mi si ritorce contro. Ma la cosa importante è esserne consapevoli.

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          • La vedo diversamente Claudio Maria Perfetto.
            Anche io provengo da laboratori dove ho fatto tanti esperimenti e l’approccio scientifico mi ha aiutato molto nella vita.. semplicemente anche a stare con piedi per terra e vedere le cose da varie angolazioni.

            L’ aspetto che mi ha fatto crescere di più è il senso di equità che ci dovrebbe essere attorno a noi. Un meccanismo di autoregolazione come avviene nella Natura , sempre in cerca di un equilibrio giusto.

            Ora che il lavoro sia determinante non ci piove ma che questo sia determinante per un sistema a ripartizione di erogazione pensioni non lo vedo così determinante.
            Il sistema può basarsi anche su altri meccanismi.

            Se poi apro gli orizzonti e guardo gli eventi che succedono in Europa comprendo che il lavoro sarà un aspetto che cambierà di molto la nostra vita..a iniziare da quella dei nostri figli.
            Per tanti fattori ..lavoro discontinuo, attività svolte da macchine, tipologia di lavoro non più orario ma a progetto, smart working ….

            E non penso affatto che quello che verserà mio figlio servirà a coprire la mia pensione, o forse sarà uno degli ultimi. Avrà una sua pensione integrativa che servirà solo a lui , riceverà qualche euro dallo Stato in tardissima età..forse..e non arriverà mai a pagare i contributi che è riuscita a pagare la nostra generazione ( lavorando 43 anni e più) . Poi dovrà avere comportamenti molto più attenti , come si dice da, formichina, per trovarsi a 70 anni con delle riserve proprie.

            L’equità nei comportamenti. Quello che non vedo assolutamente in italia..e credo anche in altri paesi Europei .
            Proprio ora che si discute di pensioni Lei crede che venga proposto e accettato un comportamento uguale a tutti i comparti di lavoro ? Che vengano sanate una volta per tutte le disparità enormi che esistono?
            Io NO. E potrei scommetterci tutto il mio tfr.
            Ci sarà sempre qualcuno che pagherà per altri più fortunati.

            I vincoli finanziari di cui giustamente Lei parla , sulla carta forse varranno per tutti, ma poi l’esperimento dimostrerà che tanti avranno sempre dei privilegi a fronte di altri che ahimè si troveranno a sostenere anche quei privilegi.
            Sono pochi, sono tanti quei privilegiati? incidono molto nell’esperimento?
            Non lo sapremo mai come non riusciremo mai a scovare e far pagare i 100 miliardi di evasione riuscendo invece a buttare nel 2018, in Italia, altrettanti 106 miliardi all’anno in gioco d’azzardo.
            Un disequilibrio sociale che mi fà rabbrividire , soprattutto per il futuro delle nuove generazioni.
            Grazie per il confronto

          • Sig. Alessandro, so cosa vuole dire quando mi dice che la vede diversamente da me. Il mondo non è così com’è, ma è così come noi lo vediamo. Se il mondo fosse così com’è, noi tutti lo vedremmo allo stesso modo.

            Ecco, è proprio vedendo le cose da diverse angolazioni (come dice lei), da diverse prospettive, che si vede il mondo in modo diverso. Questo è uno dei motivi per cui quando mi relaziono con gli altri, la prima cosa che faccio è mettermi dal punto di vista del mio interlocutore perché solo così facendo sono in grado di comprendere le ragioni che sono alla base del suo pensiero.

            L’equilibrio è una astrazione mentale, non esiste in natura. La crescita, lo sviluppo, l’evoluzione è rottura di equilibrio.

            Ha ragione, il sistema pensionistico oltre che sul meccanismo a ripartizione può basarsi anche su altri meccanismi.

            Due sono i sistemi su cui si basano le pensioni: a capitalizzazione e a ripartizione. Il sistema a capitalizzazione funziona come un salvadanaio in cui mettiamo i nostri risparmi (in fondo le pensioni sono un risparmio forzato) che ci verranno restituiti a rate dopo 40 anni o giù di lì. Il rischio maggiore è l’inflazione, che potrebbe erodere i risparmi. Ma c’è anche il rischio investimenti, perché tali risparmi vengono investiti e ogni investimento è a rischio. Il sistema a ripartizione, invece, funziona come una cassa comune: chi è giovane vi ci mette i suoi risparmi (contributi) e chi è anziano li preleva. La cassa comune quindi è sempre vuota. Qui il pericolo non è l’inflazione ma è l’invecchiamento della popolazione, pensionati che diventano più numerosi dei giovani lavoratori. Altro pericolo è l’aumento della disoccupazione, perché ci sono meno lavoratori che versano contributi.

            I suoi orizzonti le mostrano una visione chiara. La nostra società sta attraversando una profonda trasformazione digitale che renderà i servizi sempre più di natura digitale, ovvero fondati su tecnologie digitali (personal computer, smartphone, modem, router); sempre più servizi fai da te (home banking, home insurance); sempre più delocalizzazione (home working, teledidattica, videoconferenze); sempre più automatizzati (robot che impacchettano la spesa ordinata da casa e consegnata a domicilio tramite droni o auto a conduzione autonoma). L’impatto sul lavoro umano sarà devastante in quanto sarà discontinuo e sottopagato, anche ai livelli intellettuali maggiori in quanto ci sarà il dominio dell’intelligenza artificiale nei più svariati settori dell’ingegno umano.

            Uno dei motivi per cui propongo l’istituzione di una “digital tax” (ovvero contributi digitali da far versare a tutti i componenti digitali, robot, Ai, piattaforme digitali in genere) è proprio per andare a coprire i mancati versamenti dei lavoratori a causa di disoccupazione temporanea.

            Come non esiste l’equilibrio, anche l’equità non esiste.

            Per potere esprimere l’equità occorre avere sviluppato in profondità il senso di empatia, cioè essere capaci di porsi al posto dell’altro. Percepire l’altro come se stesso e se stesso in tutti gli altri. Solo un essere con una conoscenza così profonda potrà esercitare il senso dell’equità. Poiché la conoscenza è in continuo divenire, l’essere umano può solo tendere all’equità, senza raggiungerla.

            Ne consegue che qualunque riforma pensionistica verrà fatta, da chiunque e in qualsiasi tempo, non sarà mai equa. Ma ciò non vuol dire che non bisogna tendere a fare una riforma pensionistica “quanto più equa possibile”.

            Non credo che noi oggi siamo in grado di pensare alle future generazioni. C’è un salto tecnologico di spropositate dimensioni che è stato enormemente accelerato dalla pandemia e che al tempo stesso ha reso tutti noi più vecchi di molti anni.

            Ho due motivi per insistere ripetutamente sul ricambio generazionale. Il primo motivo è perché solo i 30enni di oggi potranno costruirsi il loro domani, oggi. Il secondo motivo è perché se i 30enni di oggi non costruiranno il loro domani, non ci sarà domani per i pensionati di oggi.

  8. Ma, Ubriachi ….Bulgari…..chi ha avuto…avuto …dato/dato. Mi sembra troppo facile dire “No” , ma non credo che possa essere la soluzione ! Alla disoccupazione giovanile, quella in eta avanzata, non credo che risolva la migrazione delle aziende, oggi denominata delocalizzazione…non credo che risolva la fuga vs. estero dei giovani (cervelli), quindi tra il No assoluto e forse ,dico forse, la quota 100 potrebbero esserci tante soluzione che potrebbero accontentare e aiutare chi si trova in difficoltà ,non solo per mancanza di occupazione, anche se potrebbe essere un boccone amaro di deglutire. Spero che nella riunione del 25 avremo delle notizie e sopratutto un programma solido e concreto.

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  9. Certo che leggere parole come equità..solo riforma che sia sostenibile, e poi ammettere nel contempo che non può esserci alternativa perchè io e tutti quelli come me, che non appartengono a lavori con privilegi di età, di pochi contributi versati, di cessione della pensione fino al terzo grado di parentela… e non ditemi che queste categorie sono costituite da poche persone, siamo costretti con il NOSTRO LAVORO inchiodato all’età anagrafica a pagare anche le pensioni di quelle categorie perchè il sistema è a ripartizione, mi fa ……… Lascio a voi inserire lo stato d’animo che è soggettivo.
    Un futuro nero , per noi e i nostri figli, se iniziamo in questo modo.
    Credo che di fronte a carte messe così sul tavolo i sindacati, gli unici che possono trattare, si trovino ad una prova veramente dura.

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  10. Questa volta contrariamente al sig. Perfetto la penso in modo differente. Ci sono tanti modi per tenere in equilibrio i conti ed inoltre la stessa autrice della legge ha più volte detto in tv che si può certamente migliorare questa legge (a mio avviso pessima). Ormai pensioni calcolate con il “retributivo” non ci sono più perché dal 2011 la signora suddetta le ha eliminate. Oggi ci sono due tipi di pensioni “miste”, quelle di chi aveva almeno 18 anni di contributi al 31/12/95 e che sono rimaste col retributivo fino al 2011 e contributivo oltre tale data e le miste originarie quelle che avevano il retributivo fino al 95 e dal 96 contributivo. Da gennaio 2021 rimarranno solo queste ultime poiché chi aveva almeno 18 anni nel 95, nel frattempo sono trascorsi altri 25 anni e quindi 18+25=43 entro quest’anno hanno tutti i requisiti per andare in quiescenza. Quindi a partire dal prossimo anno la parte retributiva diventerà sempre più minoritaria. (es 17+26 nel 2021 16+27 nel 2022 e così via). Nel giro di questo decennio sostanzialmente rimarrà in piedi solo il contributivo. E il tentativo di dire taglio un 3% per ogni anno dai 62 ai 67 quindi un taglio del 15% della parte retributiva è un modo per indorare una pillola ma nella sostanza si tenta di mascherare un rapido passaggio al contributivo a conti fatti.
    Personalmente non mi pare bello fare credere una cosa dicendone un altra, apprezzo invece l’onestà.
    Quindi di fondo ha ragione il sig. Perfetto che non ci sono molti margini per modificare la fornero, ma ancorché pochi ci sono secondo me.
    Può non piacere ma uno di questi è passare da subito al contributivo, e aggiungo io magari mettendo dei correttivi per rendere l’impatto meno doloroso per le pensioni più basse.
    Tenendo conto anche dei numerosi modi attualmente disponibili per il pensionamento, penso che una soluzione possa essere quella di creare un periodo pensionistico compreso tra i 58 anni di opzione donna e i 67 esistenti.
    Quindi slegare i requisiti dall’aspettativa di vita per sempre e non solo fino al 2026, ripeto per sempre.
    Togliere finestre e finestrelle.
    Per non fare torto a nessuno se oggi con 67 anni di età e 20 di contributi si ha diritto alla pensione da domani dovrebbe essere concesso con 66+21, 65+22, 64+23, 63+24, 62+25, 61+26, 60+27, 59+28 e infine 58+29 andare in pensione sapendo che il calcolo sarà contributivo con un correttivo per ogni punto oltre la soglia. Faccio un esempio con opzione donna, oggi è richiesto a una donna di avere 58 anni e almeno 35 di contributi, dovrà aspettare una finestra di un anno per avere la pensione e il calcolo è contributivo, inoltre nel tempo il requisito dei 58 anni continua a crescere. Con la mia idea sia una donna che un uomo potranno andare in pensione a partire dai 58 anni con 29 anni di contributi, e non 35, i 58 anni rimarranno fissi nel tempo, a partire dal 1° giorno del mese successivo al raggiungimento dei requisiti si avrà la pensione e non un anno dopo ed inoltre al calcolo contributivo verrà aggiunto un quid per chi ha requisiti migliori. Ad esempio un 1% per ogni punto in più, quindi per rimarcare la differenza con la passata versione di opzione donna la stessa signora che avrebbe dovuto avere almeno 35 anni con la mia idea otterrebbe un 6% di pensione in più, poiché 35 è superiore a 29 di 6 punti. E chi ad esempio a 58 anni di età ha 40 anni contributi avrebbe un 11% in più rispetto al calcolo contributivo puro.
    Certamente si possono trovare correttivi migliori, io non sono un esperto, quello che voglio dire è che il sistema contributivo non deve essere considerato un tabù ma una base di partenza per avere flessibilità e un periodo dai 58 ai 67 anni penso che possa accontentare tutti, inoltre chi ha lavorato di più del requisito minimo avrà un correttivo che gli farà perdere qualcosa rispetto ad oggi ma non tanto e comunque è il prezzo per avere flessibilità.
    E finita qui? Certamente no, perché chi ha lavorato 41 anni potrà lasciare anche prima dei 58 e in questo caso mantiene il vecchio calcolo misto. Quindi nell’esempio di prima chi ha 58 anni e 40 di contributi avrà 2 alternative. Fare un anno in più e pensionarsi a 59 con 41 di contributi e il misto di oggi oppure anticipare a 58 con 40 e avere il contributivo con un +11%.
    Spero di avere fornito un esempio chiaro, mi scuso in caso contrario.

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  11. Ma invece di continuare con questa età anagrafica vedi 62+38 ecc perché non si fa 42/43 per tutti?gravosi ,precoci,forze dell’ordine mi sembra questa una cosa equa

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    • Anche se esposte in maniera cruda, che ad alcuni sicuramente potranno risultare indigeste, le considerazioni del dr. Perfetto sono ampiamente condivisibili ed è la lentezza stessa con la quale se ne discute nelle sedi istituzionali a comprovarlo. Qualcosa, per forza di cose, si finirà per estrarre dal cilindro ma quello che esce da una parte dovrà rientrare dall’altra. Ergo, tenuto conto che la massa di chi contribuisce tende inesorabilmente a diminuire, se si vuole ampliare, quanto meno figurativamente, il fronte di chi usufruisce dei contributi, occorre disincentivare e, nello stesso tempo, ridurre le prestazioni.
      Disincentivare significa contenere la flessibilità, circoscrivere le categorie che possono beneficiare dei provvedimenti.
      Ridurre significa applicare il regime contributivo pieno e applicare penalità, magari in aggiunta alle fisiologiche riduzioni già previste dal metodo di calcolo.
      Se e cosa potrà cambiare lo vedremo nei mesi a venire ma, chi pensa a forme di flessibilità prive di conseguenze anche significative, sogna ad occhi aperti.

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      • Mi permetta non sono d’accordo. Esiste la via di mezzo. E su questo bellissimo e utilissimo sito , che ringrazio, di proposte , anche dettagliate e con senno ne troviamo molte.
        Io non sogno ad occhi aperti ma HO gli occhi aperti e anche le orecchie.
        Se proprio volete farci credere che il sistema è al collasso prima togliete TUTTI i privilegi e applicate un calcolo a tutte le persone che ricevono la pensione a fronte di calcoli SBAGLIATI e PRIVILEGIATI.
        So che è difficile perchè quei diritti non si toccano, così ci raccontano, tuttavia tutto è possibile se siamo al collasso. Tutti dobbiamo sacrificarci!
        Una volta che il tabellone entrate /uscite risulta più chiaro, trasparente e soprattutto democratico allora si parla correttamente di programmare un sistema al quale posso credere da un punto di vista almeno di equità.
        Altrimenti se proprio devo sacrificarmi per un sistema che assolutamente non riconosco equo , solidale, democratico, meritocratico ecc ecc lasciatemi tutto in busta paga e adotto al 100% la previdenza integrativa che funziona senza tutte queste invenzioni temporali, non è a ripartizione e posso scegliere io l’uscita.

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        • Alessandro, concordo.
          Esistono anche le vie di mezzo e le trattative si fanno proprio per trovare queste vie di mezzo.
          Per cui non vedrei il senso nè nel dire “vogliamo tutto, subito e gratis” ma neppure “non vi diamo niente perchè ciò che c’è, la Fornero così com’è, è gia il meglio che potete avere”.
          Non credo che i sindacati chiederanno la Luna, spero che il governo non risponda offrendo una vecchia scarpa bucata.

          Se no bisognerebbe fare come i Gilet Gialli in Francia, che non si sono tirati indietro nè si sono fatti impressionare dalle solite tirate mediatiche sui “lavoratori che irresponsabilmente vogliono difendere i propri privilegi”.
          Hanno evidentemente capito benissimo il giochetto colpevolizzatore (che è all’opera da decenni pure in Italia!) e che consentire di aprire una breccia avrebbe probabilmente voluto dire non una “razionalizzazione”, come era stata venduta da Macron, ma un crollo generale della protezione sociale offerta dalle pensioni.
          Del resto, hanno l’esempio dell’Italia a poche centinaia di chilometri di distanza.

          Il guaio è che i francesi hanno una storia di confronti a muso duro anche nelle strade, quando necessario, che risale a secoli fa, noi no.
          Noi abbiamo perso quella grinta cinquant’anni fa. E, infatti, da cinquant’anni stiamo progressivamente perdendo diritti generali a beneficio di pochi.

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    • Esatto.
      E fa specie (e fa pensare, fa MOLTO pensare, soprattutto ad uno diffidente come me …) che a virare improvvisamente verso questa visione sia uno come Perfetto che fino a IERI sosteneva cose in un’ottica molto diversa, ovvero di cambio di paradigma con lo spingere sul necessario ricambio generazionale e pensare alle ENTRATE conseguenti e non solo alle uscite di cassa.

      Per inciso, voglio ricordare a chi non se ne ricordasse, che già oggi ci sono pensioni erogate “senza corrispondenti contributi versati”, ovvero le pensioni sociali e minime, che di per sè sarebbero “economicamente non sostenibili”.
      Chi sostiene l'”impossibilità” di uscire dai vincoli contabili dovrebbe avere almeno il coraggio di chiedere l’abolizione o la riduzione anche di quelle pensioni, non di chiedere che siano “mazziati e cornuti” solo i pensionandi del 2020.
      Ma se lo facessero farebbero subito capire che le pensioni NON sono solo un problema economico, quindi (astutamente …) non lo fanno.

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  12. “La gente e i sindacati non hanno ancora preso coscienza della gravità della crisi che stiamo attraversando…”

    Perché i politici lo hanno fatto finora? Cosa stanno facendo per risolverla? Quali sono le misure per contrastarla? La gente ha piena coscienza di quello che sta accadendo come ha piena coscienza delle storture del sistema politico inadeguato ed esempio di inefficienza, corruzione e disuguaglianze. Il SI del referendum è stato un altro voto di protesta, l’ennesimo, impossibilitati per ora a passare alle vie di fatto.

    “Serve una riforma strutturale? Ma c’è già! È la Riforma Fornero. Serve una riforma flessibile? Le condizioni economiche attuali (debito pubblico alle stelle e disoccupazione in aumento) pongono vincoli rigidi agli interventi (Quota 102: (64,38), o uscita con 63 anni con penalità…). Serve una riforma “più giusta”? La sola Riforma pensioni “giusta” che per il governo si possa fare è quella che sia sostenibile per le casse dello Stato: la Riforma Fornero, dal momento che dura da dieci anni, è strutturale e sostenibile per le casse dello Stato e quindi per lo Stato è giusta. Pertanto rimarrà.”

    La riforma Fornero ha lasciato tante persone in un limbo, gli esodati ne sono una prova, è una riforma ingiusta e dura nei confronti del popolo, lavorare fino a 68-70 anni è inaccettabile anche se i sacrifici erano davvero distribuiti equamente su tutti, figurarsi quando questi sacrifici non sono distribuiti equamente. Permettere ulteriori disuguaglianze future come lo scalone dal 2022 è da irresponsabili e da chi non sa risolvere i problemi, significa dare a qualche partito il cavallo di battaglia per vincere le prossime elezioni.

    “I sindacati si comportano come quell’ubriaco che avendo perduto le chiavi di casa in una zona buia le va a cercare sotto un lampione perché lì c’è più luce. Se i sindacati vorranno risolvere il problema delle pensioni farebbero bene a cercare la sua soluzione non alla “luce” di una nuova Riforma pensioni, ma lì dove le pensioni si perdono: nella buia mancanza di lavoro”.

    I sindacati difendono e tutelano i lavoratori non sono deputati a “trovare” e a “creare” opportunità, è compito della politica farlo con leggi, interventi e condizioni tali da avviare il paese e le attività. L’unica manovra che in questi anni hanno dimostrato di saper fare è quella di alzare le tasse.

    Davvero vergognoso il tono e la supponenza di questa persona.

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    • Uberto vada per il commento, ma sul tono mi lasci dire che ha proprio fraiteso il Dott Perfetto é tutt’altro che così. Magari dice verità scomode, ma non sempre tutto ciò che sentiamo può piacerci. Non crede?

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      • Si Erica, si può essere in disaccordo, in un confronto è naturale, può darsi che abbia frainteso il tono e me ne scuso nel caso. Ma ho percepito una forma di chiusura nelle proprie posizioni che mi ha dato fastidio come quello di attribuire ai lavoratori e ai sindacati un “non capire” un “non c’è via di uscita”.

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    • Sig. Uberto, sin dall’inizio in cui ho rilasciato l’intervista a Pensiopertutti ero consapevole che mi sarei attirato delle antipatie.

      “Capire” è una cosa e “prendere coscienza” è altra cosa.

      “Capire” che c’è una crisi economica e sociale in atto riusciamo a capirlo tutti, perché vediamo negozi chiusi, ristoranti vuoti, gente che perde il lavoro, aiuti di Stato ai più bisognosi, alle imprese, a tutti. Pensiamo che per quanto profonda possa essere questa crisi, la supereremo come abbiamo fatto in passato. Il nostro pensiero viene sostenuto anche dalle iniziative che i sindacati, giustamente, stanno portando avanti per quanto riguarda il superamento della Fornero e l’approvazione di Quota 41. In sintesi, sia la gente che i sindacati pensano questo: nonostante la crisi attuale c’è comunque una via di uscita che ci porterà a superare la Fornero e all’approdo a Quota 41.

      “Prendere coscienza” che questa crisi economica e sociale in atto è DIVERSA dalle altre crisi precedenti, perché non abbiamo mai visto così tante saracinesche abbassate, mai visto così tanti ristoranti vuoti, mai visto code per comprare il pane, mai visto 8 milioni di lavoratori che lavorano da casa, mai visto prendere un appuntamento per il prelievo del sangue,… prendere coscienza di tutto ciò significa “vedere in faccia la realtà”: qualcosa si è rotto e si è rotto per sempre. Se si prende coscienza di ciò si “capisce” che con la crisi attuale non c’è una via di uscita che ci porterà a superare la Fornero e all’approdo a Quota 41. C’è una via chiusa, non si può proseguire. Per uscire dalla via occorre cambiare direzione. Occorre vedere le cose DIVERSAMENTE da come le abbiamo viste finora. Vedere le cose diversamente da come le abbiamo viste finora significa superare la Riforma Fornero puntando a riformare “pensioni E lavoro” insieme.

      Questi pensieri, sig. Uberto, sono difficili (almeno lo sono per me) da trasmettere con ragionamenti che, per la loro lunghezza, non si prestano al mondo web. È questo il motivo per cui se si vuole arrivare velocemente al cuore della gente con la pubblicità (e talvolta alla pancia nel tempo di elezioni) si tende a parlare per slogan: “superare la legge Fornero”, “Dopo Quota 100 faremo Quota 41”.

      A lei la scelta, sig. Uberto: sognare la realtà per come gliela dipingono i sindacati e andare incontro a delusioni, oppure vedere la realtà per come essa è e andare fiducioso incontro al cambiamento.

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      • La sfiducia è talmente tanta, proprio perché sono anni che siamo rimasti delusi fortemente dalla politica che ci ha tolto speranze e ha provocato ingiustizie, disparità e incertezze in ogni campo della vita sociale. Probabilmente ha ragione dicendo che la realtà ci spinge a non credere possibile qualsiasi soluzione, ma per andare FIDUCIOSO INCONTRO AL CAMBIAMENTO è necessario per noi gente comune vedere qualcosa di significativo che infonda ottimismo e speranza.
        Riduzione delle tasse per le imprese e i cittadini, creazione di opportunità per i giovani, una riforma scolastica che premi la meritocrazia, una riforma pensionistica equa e che dia la possibilità a chi ha lavorato di arrivare ad una età spendibile per riposarsi come merita, insomma tutto ciò che sia possibile fare, in qualsiasi campo, per infondere speranza, insieme ad un esempio etico e morale che la politica deve assolutamente dare e trasmettere prima di chiedere sacrifici ai lavoratori.
        La ringrazio per la sua gentile risposta e mi scusi se sono stato scortese nei suoi confronti, mi sono sbagliato. Effettivamente scrivere e spiegarsi sul web è difficile.

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    • “Permetter le disuguaglianze future come lo scalone del 2022 …..”. Mi scusi Uberto, ma questa disuguaglianza, questa iniquità, questa ingiustizia sociale, non l’ha creata questo governo e questi sindacati, ma chi ha varato la quota 100 e che hanno un nome e un cognome e sono Salvini e Durigon. Sono loro che hanno fatto una norma non strutturale, a tempo determinato, senza equità e giustizia, anche loro si sono dimenticati degli esodati. Ora vogliamo dare addosso a chi a questo scempio deve rimediare ?

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  13. Completamente d’accordo con il Sig. Perfetto, d’altronde è quello che sostengo da mesi. Voglio però ribadire che questo non sarebbe dovuto accadere e si sarebbe potuto prevedere al momento del varo della quota 100, partorita in un momento di tranquillità economica dopo il quasi default del 2011 e prima della pandemia di coronavirus. Ora tutto è più difficile sia per il governo che per i sindacati, perchè la quota 100 è stata una boutade insostenibile e la mente che l’ha creata ora se ne strafrega. Il lavoro sporco di riparare le storture e il caos creato lo devono fare gli altri. Davvero una storia indecente. Una precisazione: La quota 100 non ha la copertura finanziaria. Come il RdC è stato fatto tutto a debito pubblico. Debito che pagheremo tutti, neonati compresi.

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    • morale……..lavoriamo tutti fino a 70 anni? mi viene da chiederle che lavoro fà lei? sopratutto la sua azienda se è un lavoratore dipendente è contenta di averlo tra le p…. fino a 70 anni? così facendo creeremo mai lavoro per i giovani? Prima di essere d’accordo sulle dichiarazioni che ogni persona può fare ricordiamoci che serve un equilibrio ad ogni cosa. Forse Q100 potrebbe sembrare ingiusta, ma ognuno di noi quando sceglie sà come scegliere e se uno può continuare a lavorare non sceglie Q100 per ragioni di convenienza perchè sà di perdere sull’assegno la differenza tra l’indice dei 62 anni con quello dei 67. Ma magari sarà spinto a sceglierla per evitare di fare sempre CIG o SOLIDARIETA’ o ESPANSIONE? Prima di giudicare trovatevi nelle condizioni di alcuni lavoratori, vedrete che cambierete opinione

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      • Gentile Cosimo, partecipo alla discussione ma non ne sono più coinvolto se non emotivamente. Sono in pensione da poco più di un mese e con 43,2 della Fornero. Come vede io non ho usufruito della quota 100 e pur avendo la stessa età minima ho il massimo dei contributi. Quindi ritengo la quota 100 ingiusta proprio perchè io come molti altri, non abbiamo avuto possibilità di scelta e ci siamo dovuti sorbire obbligatoriamente 5 anni in più di contributi e di lavoro. Quindi la sua frase: ” ognuno di noi quando sceglie”, non è corretta, perchè non tutti hanno potuto farlo.
        Mi rendo conto che Lei dirà: “Ma avrà l’assegno pieno”. E io le rispondo: ” Per due anni in meno di lavoro anche io avrei accettato un assegno ridotto ma come vede non ho potuto scegliere”. Saluti.

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      • Sig. Cosimo, aggiungo che molti di quelli che oggi gioiscono giustamente di essersi risparmiati fino a 5 anni di lavoro ( alcuni 1-2-3 ) sono felici della ritrovata libertà e lo dicono che hanno passato i 62 anni, si figuri noi che la nostra libertà l’abbiamo persa a 15-16-17-18 anni.

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      • Ho capito, sig. Cosimo, lei mi domanda: “ma tu chi sei per dire queste cose?”

        Lo capisco benissimo, le fornisco quindi le mie credenziali (cosa che potrà apprendere anche da linkedin).

        Sono un informatico di professione da 41 anni, lavoro nell’Information Technology, e studio economia da 30 anni come ricercatore autonomo, nel tentativo (riuscito) di rendere l’economia non più soltanto una DISCIPLINA economica che si insegna nelle università ma anche e soprattutto una SCIENZA economica a pieno titolo, ovvero una SCIENZA SPERIMENTALE al pari della fisica, della chimica e della biologia. Ciò è reso possibile dimostrando matematicamente che le leggi dell’informatica coincidono con i modelli economici. Questo significa che i processi economici e i processi informatici possono essere descritti con una sola TEORIA DELLA PRODUZIONE. Questa nuova teoria, che coincide con la NUOVA SCIENZA ECONOMICA (new economics), si chiama ECONOMATICA (fusione tra economia e informatica, come “telematica” e la fusione tra telecomunicazioni e informatica) ed è veramente ciò che può essere chiamata “ECONOMIA DIGITALE”. Con l’Economatica è possibile risolvere il più grave problema della società contemporanea digitale: la DISOCCUPAZIONE generata dalle tecnologie digitali e in particolare dall’automazione e dalla disintermediazione. Tale disoccupazione è di dimensioni gigantesche perché si tratta di DISOCCUPAZIONE GENERAZIONALE, cioè la mancanza di lavoro di una intera generazione, quella dei 30enni (dovuta al fatto che ci sono troppi 60enni al lavoro). Se un giorno volessero assegnarmi il premio Nobel per l’economia mi sentirò preso in giro in quanto, come gli economisti ben sanno, il premio Nobel per l’economia non esiste (è semplicemente un premio assegnato dalla banca svedese che non ha mai ricevuto l’autorizzazione di farlo diventare “Premio Nobel” – per il semplice fatto che ancora non si comprendono gli effetti pratici dell’economia – e “sotto-sotto” lo fa passare come tale assegnandolo nella stessa occasione degli altri premi Nobel).

        Espresse le mie credenziali esprimo la mia identità.

        Mi chiamo Claudio Maria Perfetto e non Elsa Fornero con la quale ho il sospetto che lei mi identifichi.

        Se ha il timore di lavorare fino a 70 anni si rassicuri, non si arriverà a lavorare fino a 70 anni. Per le aziende si è vecchi già a 50 anni e quando si riorganizzano (vuoi perchè vengono vendute, vuoi perché c’è una fusione, vuoi perché c’è la crisi) aprono l’incentivazione all’esodo e il 50enne (il discorso vale ovviamente, e soprattutto, per i 60enni) o accetta con le buone di andarsene o… accetta con le buone, dopo che il sindacato lo avrà amichevolmente cinto col suo braccio avvolto sulle sue spalle curve e lo avrà incoraggiato ad accettare l’offerta dell’azienda (la vedo come una doppia incentivazione ad uscire dall’azienda).

        QUOTA 100 NON È INGIUSTA. Il principio che ne è alla base è sacrosanto: VAI IN PENSIONE A TUA SCELTA. Tale principio va esteso a tutte le forme pensionistiche (ANCHE A QUOTA 41, A OPZIONE DONNA e quant’altro). Ingiusti sono gli uomini che l’hanno resa ingiusta limitandone l’accesso (per necessità finanziaria? per ambizione politica?) ad un ristretto numero di lavoratori “privilegiati” (io sono uno tra questi, in quanto andrò in pensione dall’1 gennaio 2021 con Quota 100 – anzi con Quota 106 in quanto avrò maturato 65 anni di età e 41 anni di contribuzione).

        Quando alla fine del suo commento lei dice. “Prima di giudicare trovatevi nelle condizioni di alcuni lavoratori, vedrete che cambierete opinione”, si sta rivolgendo a Claudio Maria Perfetto o a Elsa Fornero?

        Perché se si sta rivolgendo a me (Claudio Maria Perfetto) le posso rispondere (bonariamente, si intende) che io conosco molto bene la realtà dei lavoratori, avendo lavorato 32 anni da lavoratore dipendente (in ENI, Pirelli, Olivetti, sempre nell’Information Technology), e 9 anni da lavoratore autonomo a Partita Iva (sempre nell’Information Technology).

        Le dirò di più. Ho anche toccato con mano la disoccupazione per 9 mesi, quando sono passato da lavoro dipendente a lavoro autonomo all’età di 54 anni a seguito di una radicale ristrutturazione aziendale finalizzata alla vendita dell’azienda. Ho aderito all’incentivazione all’esodo (con molti bei soldi, devo aggiungere), ed ho potuto gestire i 9 mesi di disoccupazione dopo aver restituito alla banca i soldi del mutuo residuo, perché non volevo trovarmi a fare il disoccupato con l’ipoteca sulla casa e con la rata da versare. Avendo io un elevatissimo grado di professionalità (certamente tra i più elevati in Italia, e tra i più elevati al livello mondiale) ho potuto ricollocarmi sul mercato (questo è riportato anche nel mio profilo linkedin dove ci sono anche le “lezioni di vita apprese”, una cosa oltremodo importante perché mostra in che modo il lavoro plasma la persona e la persona plasma il suo lavoro, una cosa che non vedo mai scritta in alcun profilo linkedin e che proprio per questa mancanza io personalmente ritengo totalmente banali, inutili e privi di significato).

        Sig. Cosimo, forse voleva domandarmi cosa farò da pensionato? Farò l’eremita, sempreché io non mi lasci convincere da un certo professore universitario oltremodo convincente a diventare un “evangelist” (così si chiamano in IBM i più elevati cultori di una disciplina) per diffondere urbi et orbi l’Economatica quale buona novella per risolvere i più gravi problemi della società contemporanea (umana e robotica).

        Quindi, caro sig. Cosimo, come potrà notare ho avuto senz’altro modo di giudicare me stesso (piuttosto che gli altri) proprio per cambiare opinione su me stesso (piuttosto che sugli altri).

        Non so se ho risposto alle sue osservazioni, peraltro correttissime e che condivido pienamente.

        Se è rimasto soddisfatto delle mie spiegazioni e volesse farsi un selfie con me come è di moda in questi tempi altamente tecnologici, mi spiace, ma non posso. Posso, però, lasciarle la mia firma:

        Cav. Claudio Maria Perfetto
        Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana

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    • Sig. Franco Giuseppe, non saprei dirle se Quota 100 venga finanziata con debito pubblico o meno. C’è comunque una “copertura finanziaria” per Quota 100, nel senso che c’è la disponibilità di avere risorse per pagare le pensioni Quota 100.

      È un po’ come finanziare un progetto. Comprare una casa per esempio. Si va alla ricerca di un finanziatore, o di una banca. Se la banca dopo aver verificato i requisiti di idoneità concede il prestito (un mutuo) allora si può avviare il progetto. Ecco, con “copertura finanziaria” intendo dire che ci sono i soldi per finanziare un progetto, per comprare una casa, anche se tale copertura finanziaria poggia su di un debito (sarebbe certamente meglio poter comprare una casa senza accendere un mutuo, senza fare debiti. Ma è difficile).

      Rispondi
      • Signor Perfetto, credo di aver frainteso tutto quello che ho letto scritto da Lei fino a ieri, mettendo in conto che che leggo queste pagine da 3/4 mesi circa. Per quanto leggo oggi…una doccia fredda!

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        • Sig.ra Angela, è possibile che lei mi abbia frainteso. È possibile che quanto ho scritto sia stato interpretato in modo diverso non già da quello che volevo dire, ma da quello che lei si attendeva che io dicessi. Provo a spiegarmi.

          Lei mi dice che ha letto i miei precedenti commenti. Quindi saprà che sono a favore di Quota 100, ma non solo; sono a favore di una Quota 100 cosiddetta “quota vera” (es.: (62:38), (61:39), (60:40), (59,41)).

          In questo articolo di Erica Venditti lei legge a titoli cubitali “Riforma pensioni 2021, ultime da Perfetto: post quota 100 resterà la Fornero, ecco perché”.

          Dal titolo lei “interpreta” che io sia a favore della legge Fornero. Scorrendo l’articolo, lei conferma la sua interpretazione: Perfetto è a favore della legge Fornero.

          A questo punto lei si sarà domandata: ma se Perfetto fino a ieri era a favore addirittura di una “Quota 100 vera” come è possibile che ora è a favore della legge Fornero che è l’antitesi della Quota 100 vera?

          Quando si è in presenza di un contrasto così forte ci sono due possibili reazioni: o si prorompe in una sonora risata (come nel caso delle barzellette), oppure si rimane raggelati (come nel suo caso).

          Il punto è che io non sono a favore della legge Fornero. È lei che ha “interpretato” che io sia a favore della legge Fornero (io ho soltanto detto che “resterà la Fornero” come riportato nel titolo dell’articolo). Poi lei, quando ha letto il principio di domanda della dott.ssa Venditti “Mi pare di intendere che tutto sommato la pensa come la Prof.ssa Fornero…” e il mio principio di risposta “Certo….” ecco che lei ha avuto la conferma che io sono a favore della legge Fornero.

          Purtroppo nel seguito dell’intervista non ci sono espressioni altrettanto forti da neutralizzare il pensiero che oramai in lei si stava cristallizzando in una convinzione. Troppo blanda la mia conclusione: “Se i sindacati vorranno risolvere il problema delle pensioni farebbero bene a cercare la sua soluzione… nella buia mancanza di lavoro”. La quale conclusione sottintende (ma, ahimé, non lo esprime) il seguente pensiero: “se i sindacati non introdurranno un elemento nuovo in grado di riformare la Riforma Fornero (è il cercare altrove la “chiave” per attuare una nuova Riforma, il cercare di trovare la chiave nell’aumentare l’occupazione per alimentare le nuove pensioni), allora Riforma Fornero rimarrà”.

          Ho voluto solo esprimerle la mia ipotesi sul come sia potuto accadere che lei abbia frainteso le mie parole. Non già per “correggere” il mio pensiero secondo le sue aspettative.

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      • La quota 100, cosi come il RdC e i famosi 80 euro di Renzi sono stati emanati certamente con un aumento del debito pubblico, nascosti alla Corte dei Conti con fantasiosi recuperi fiscali e tagli pubblici mai avvenuti. Cosi hanno scritto i giornali all’epoca. Si ricorda i flop delle vendite degli immobili degli enti dello stato ? E il recupero di evasione fiscale ? Tagli degli enti inutili ? Risparmi da comuni e regioni ? Ecco, le coperture erano queste. E infatti il debito pubblico è cresciuto e non è più sceso nemmeno di una virgola. Tutti i governi usano questo modus operandi.

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