Riforma pensioni 2021, post quota 100: come allargare le maglie della Riforma Fornero?

Il dibattito sulla riforma pensioni è più vivo che mai, soprattutto a seguito dell’incontro tra Governi e sindacati che non ha soddisfatto né lavoratori né parti sociali, a gamba tesa in questo confronto è rientrato con un editoriale davvero di pregio, degno dei soliti a cui ci ha abituati, il Dott. Claudio Maria Perfetto, autore del libro L’economista in camice’ che ci ha proposto un lavoro certosino relativo alla Riforma Fornero e su come si potrebbe agire per migliorarla, visto che probabilmente, è ormai chiaro ai più, sarà difficile sostituirla.

In questa prima parte, in quanto l’elaborato è articolato in due contributi, l’autore esplicita le considerazioni di Cazzola e di Leonardi in merito al parametro fondamentale di un modello pensionistico pubblico: il rapporto “lavoratori attivi/pensioni vigente,  evidenzia che il Governo Gentiloni (2016-2018) ha “riformato” la Riforma Fornero: non nella sua sostanza, bensì istituendo l’Anticipo Pensionistico (APE), riporta il pensiero di Leonardi che intravede come “unica stradaper una Riforma Previdenziale quella di allargare gradualmente le maglie (della Riforma Fornero) nel rispetto dei conti pubblici.  Eccovi le sue considerazioni

Riforma pensioni 2021: quale possibile a fronte di un basso tasso di natalità?

Così Perfetto: Il parametro fondamentale di un modello pensionistico pubblico è dato dal rapporto tra il numero dei lavoratori attivi (i contribuenti) e quello delle pensioni vigenti. In sostanza, versando i contributi e maturando i requisiti previsti, i lavoratori acquistano un titolo di credito a carico delle generazioni future, le quali saranno tenute a garantire le condizioni che quelle precedenti hanno deciso per sé. Un processo, che si dipana nel corso di parecchi decenni su di un presupposto, solo teorico, di immutabilità della storia” (“La guerra dei cinquant’anni. Storia delle riforme e controriforme del sistema pensionistico” di Giuliano Cazzola, 2021, pag. 43).

Anche considerando i soli dati demografici è possibile osservare come il numero di pensioni in rapporto al numero di occupati (che rappresenta il parametro di riferimento principale della sostenibilità della spesa pensionistica) è destinato a peggiorare: il numero di pensioni per occupato aumenterà infatti dall’attuale 80 per cento al 100 per cento del 2045. Non è una questione di basso tasso di occupazione (qualcuno usa l’argomento, del tutto privo di fondamento empirico, che mandando in pensione prima gli anziani si occupino più giovani), è proprio la fascia di popolazione in età di lavoro (15-64) che è prevista in diminuzione del 19 per cento (nel 2045 rispetto a oggi), al netto del contributo degli immigrati che però è molto incerto sia nelle dimensioni sia nella regolarità contributiva(“Le riforme dimezzate. Perché lavoro e pensioni non ammettono ritorni al passato” di Marco Leonardi, 2018, pag. 96),

Il Prof. Cazzola non ha bisogno certo di presentazioni; il Prof. Leonardi, lo ricordiamo, è stato Consigliere economico della Presidenza del Consiglio nei Governi guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni.

Cos’hanno in comune i due libri che qui vengono citati non già a titolo pubblicitario ma perché presentano contenuti di pregio? Hanno in comune almeno due temi: la quasi impossibilità di riclassificare le spese tra assistenza e previdenza per ridurre le spese di assistenza a favore della previdenza; e la Riforma Fornero.

La Riforma Fornero è entrata in vigore il 28 giugno 2012 con il Governo Monti ed è stata presa in riesame da governi che gli sono succeduti. A tal proposito così si esprime Leonardi nel suo libro appena citato: “I provvedimenti varati da Renzi e Gentiloni non costituiscono una vera e propria riforma delle pensioni perché non sono stati cambiati i requisiti o i sistemi di calcolo delle pensioni per tutti, ma ci si è limitati a costruire nuovi scivoli verso la pensione per persone in difficoltà”. Leonardi si riferisce all’APE sociale, all’APE aziendale e all’APE volontario (l’APE non è una pensione anticipata ma un anticipo pensionistico).

Inoltre, Leonardi afferma che nel rivedere la Riforma Fornero non si poteva transigere dall’aumento automatico dell’età pensionabile di vecchiaia e dall’aumento di anni di contributi per la pensione di anzianità, ma si potevano ammettere eccezioni mirate per chi era in condizioni più disagiate”, e che per ragioni finanziarie “non fu possibile mandare prima in pensione tutti i 41isti e neanche tutti i 41isti precoci, cioè quelli che avevano iniziato a lavorare prima dei 19 anni (perché anni fa la maggioranza dei lavoratori iniziava a lavorare presto e quindi 41 anni di contributi sono la normalità per chi ha avuto carriere continue), ma venne dato il via libera a tutti i 41isti precoci che svolgevano lavori gravosi”.

La Riforma Fornero è stata dunque oggetto di “riforma” anche da parte del Governo Gentiloni ma, al di là dell’aggiunta dell’APE, non ha subito sostanziali modifiche. Questo vuol dire che l’impianto (il paradigma) sul quale la Riforma Fornero si regge è solido ed è condiviso dalla comunità di esperti previdenziali.

Per Leonardi “l’unica strada che si può realisticamente intraprendere per correggere la riforma Fornero, senza ledere i diritti alla pensione delle generazioni future, è la continuazione della strategia portata avanti dai governi Renzi-Gentiloni, con un graduale allargamento delle maglie nel rispetto però dei conti pubblici”.

Davvero esiste una “unica strada” come dice Leonardi? La Riforma Fornero sembra essere la sola Riforma Previdenziale possibile per i Paesi con basso tasso di natalità. Ma quale Riforma Previdenziale potrebbe essere invece possibile per i Paesi con basso tasso di natalità e alto tasso di sviluppo tecnologico digitale?”

A questa domanda il Dott Claudio Maria Perfetto risponderà, con minuzia di particolari e fornendo ulteriori spunti critici, nel prossimo elaborato, che sarà nostra cura pubblicare nella giornata di domani.

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24 commenti su “Riforma pensioni 2021, post quota 100: come allargare le maglie della Riforma Fornero?”

  1. dott. perfetto; le sue spiegazioni sono convincenti e mi risolvono molti dubbi; rimane però un problema: bellissima la proposta tridico della parte contributiva dai 63 anni e il retributivo dai 67; a noi del 1960 ce la mettono nel culo per la seconda volta; non credo che costerebbe tanto se la facessero partire dai 62 anni; come hanno fatto i calcoli per la quota dai 63 anni potrebbero tranquillamente farla a partire dai 62 e poi sono tutte cifre ipotetiche perchè non sanno quanti aderiranno; è che hanno avuto indicazioni precise dall’u.E (unione Europea); ti do i soldi ma non toccare la legge fornero; tutto qua spiegazione molto semplice. Quindi……………….. i soldi ci sono e ne arriveranno tanti con il pnrr ma hanno deciso che quelli del 1960 devono andare in pensione solo se sono quasi cadaveri; i mezzi cadaveri possono sfruttarli qualche annetto ancora; quelli in forma potranno andare in pensione quando diventeranno a loro volta quasi cadaveri; è tutta e solo questione politica e di scelte su chi sacrificare e chi no; noi del 1960 siamo l’anello sacrificabile; forse avranno l’amante della moglie da punire (nato nel 1960), forse avranno il suocero nato nel 1960 da punire? semplice; ma alla fine moriranno anche loro; e sa che risate mi farò se sarò ancora vivo? tanti saluti

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  2. Praticamente, fior fiore di economisti e super esperti si sono susseguiti negli anni portando avanti le loro tesi per affrontare meglio il futuro, che in realtà risula abbastanza DEVASTATO dal loro fare. E adesso noi oltre a subirne le conseguenze,dovremmo dare delle risposte??? I disoccupari, quelli CRONICI li avete “inventati” voi dando loro i vari sussidi, buttando letame in faccia ai lavoratori/contribuenti onesti, per una manciata di voti.
    Tempo fa c’era un pupazzo che diceva: ” Boccaccia Mia Statti Zitta “

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  3. Carissimo dottor Perfetto, mi è scappato il commento fuori dal box relativo, non lo riposto ma se le interessa lo trova.
    Saluti

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  4. No guardi, è un poco come lanciare la palla in tribuna, io non posso vantare titoli universitari, ne tantomeno appartengo alla classe dirigente del Paese o ambisco a fare il politico!
    Io non scrivo libri e non mi arrogo di fare proposte, le lascio volentieri agli esperti, ai dottori economisti consulenti dei governi degli ultimi 10 anni, ai dottori giuslavoristi, a chi ha avuto una vita da dirigente suppongo ben più retribuita della mia. Ma a costoro chiedo di vedere i risultati di quanto hanno detto scritto o fatto, di non fermarsi alle chiacchiere, quelle lasciatele a noi e a noi lasciateci pure il voto.
    Cosa aggiungere, visto che chiede a me come abbattere il 10 % della disoccupazione. No, credo che Lei sia più titolato di me?
    Io posso fare solo paragoni ad esempio con lo stato che è qui, a pochi chilometri da noi, la Svizzera, vedo che la disoccupazione è metà della nostra, che il tenore dì vita è notevolmente superiore e mi domando il perché e lo chiedo anche Lei se sappia dare le risposte! Eppure quando ci transito vedo che coltivano pere, mele e trovo che vi siano mucche pezzate al pascolo come da noi.
    Certo è che nel caso Lei fosse stato anche un politico, le avrei detto che forse servirebbe una rivoluzione, oppure che sarebbe sufficiente ridurre il suo stipendio o la sua pensione, che dovrebbe scegliere tra vitalizio o versamenti figurativi nelle casse pensionistiche di appartenenza per i periodi in cui è stato eletto. Le direi che giunti in pensione l’emolumento dovrebbe essere costruito su versamenti per un massimo di 3.000 di pensione mensile. Le direi di servirsi della sanità nazionale e non avere in aggiunta una sanità privata pagata dai “sudditi”. Le direi le centinaia di cose che tutti lamentiamo nei confronti dei politici.
    Ma sarebbero discorsi da populisti.
    Le direi che permettere di lavorare ancora a pensionati che godono di una ricca pensione è una bestemmia. Le direi di chiedere all’Inps quanti sono i pensionati ancora in attività? Quanti pensionati lavorano ancora nella società dalla quale si sono dimessi con 35 anni di contributi per farsi riassumente quali consulenti.
    Le direi di non rispondermi però che siamo in democrazia e che dunque è permesso avere 3,4,5,10 mila Euro netti di pensione e occupare ancora posti di lavoro ben oltre i 70anni.

    Le direi però anche che il RdC come concepito è quantomeno scorretto. Le direi che parlare di Naspi a gente che ha 41 anni di contributi è un errore. Le direi che proporre casse integrazioni differenziate tra lavoratori privati e ad esempio dipendenti Alitalia (piloti) è un assurdo. Le direi che è assurdo avere posti sicuri nello stato e insicuri tra i privati.
    Le direi che decurtato un 50 % dei disoccupati che, se facenti parte dei conteggiati che immagino possano essere dovuti a seri, serissimi problemi accertati di salute e ai quali lo Stato deve pensare; per il restante 50% in parte presumo destinatari del RdC vadano riqualificati e imposti a sostituire coloro che forzatamente sono trattenuti da 41 anni e oltre sul posto di lavoro.
    Le direi che se non è corretto prendersela con il singolo disoccupato perché ognuno ha la sua storia e che se per bisogno si è visto costretto a lavorare in nero ma poi giunto e superato il traguardo dei 60 anni “confessa” quegli anni lamentando di non poter godere della pensione non possono essere chiamati in causa i Montanti pensionistici di coloro che hanno seguito le regole fissate dalla previdenza, non dalla assistenza!
    E a tal proposito le proporrei il contenuto di un virgolettato del dottor Brambilla “ È quasi assurdo pensare che in un Paese del G7 come l’Italia quasi il 50% di pensionati non sia stata in grado di versare neppure 15/17 anni di contributi regolari e debba quindi essere assistita dallo Stato…”
    Badi che io non sono ne un fanatico dello Stato capitalista ne per uno stato Socialista perché se uno procura divisione ineguali della ricchezza l’altro in passato ha proposto la condivisione della miseria.
    Io la mia piccola parte credo di averla fatta, i miei 41,5 anni di lavoro e di contributi li ho versati tutti, uno dopo l’altro ininterrottamente dal primo all’ultimo giorno di lavoro senza la necessità del posto sicuro nello Stato.
    Io rivendico solo il rispetto di quello che ormai tutti noi non possiamo neppure più chiamare un diritto: ho lavorato tanto, ho versato contributi, ho pagato le tasse sul lavoro come stabilito nel tempo e con le soglie pensionistiche via via crescenti; ora basta rispettiamo un poco i patti non cambiamoli sempre a sfavore peggiorandoli dalla sera alla mattina, all’ultimo momento. Se così il sistema non regge, chi deve decidere abbia il coraggio di cambiare le cose a tutti, lavoratori e pensionati, dandone però l’esempio … poi vedremo cosa succede!

    Per quanto riguarda alcune idee che Lei ha espresso nel sito, se ritiene non siano solo disquisizioni filosofiche ma siano realizzabili dalla politica suvvia, lo sa, bisogna farsi avanti candidarsi o raggiungere la possibilità di essere almeno un consulente del governo.
    Nulla è impossibile da noi, recentemente abbiano ben visto che anche il popolo può arrivare al potere e mostrare le potenzialità delle proprie idee, ma se si arriva al comando e si chiedono sacrifici non bisogna mai dimenticate l’esempio.

    Lo prenda come uno sfogo, uno volta ho scritto che io non sono un santo, ora le dico che non posso vantare certamente la preparazione di un Dottore.

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    • Sig. Wal52, il chiederle il suo pensiero sul COME fare per impiegare almeno una quota parte di quel 10% di disoccupati cronici equivale alla seguente domanda: “Lei, al posto mio, come farebbe?” Forse anche a lei sarà capitato sentirsi dire da un amico: “tu, al posto mio cosa faresti?”.

      Questo è un modo per capire anche gli altri. Mettendosi al loro posto.

      Io riesco a capire Fornero, Cazzola, Leonardi, Tridico, Brambilla, Cottarellli, Boeri, Monti e Draghi. Posso farlo, perché riesco a vedere le cose dal loro punto di vista. Questo, però, non vuol dire che io condivida il loro punto di vista, soprattutto quando sono convinto che il loro punto di vista, ai tempi di oggi che sono i tempi del digitale, è molto simile al punto di vista di una popolazione che utilizzi ancora le conchiglie come moneta di scambio.

      Non saprei dirle con precisione del perché la Svizzera abbia un tasso di disoccupazione inferiore al nostro (4,9% contro il 10%). Posso solo ipotizzare che ciò sia dovuto al fatto che la società svizzera è molto sviluppata nella produzione dei servizi, soprattutto nei servizi finanziari, e quindi necessita in modo continuo di personale, di un personale esperto, che di conseguenza viene retribuito con uno stipendio anche 2,5 volte maggiore di quello che percepirebbe in Italia, e che tali servizi finanziari siano alimentati da un ampio afflusso di capitali finanziari che fluiscono da tutte le nazioni del mondo verso la Svizzera.

      Ma fare i confronti con altri Paesi non è l’esercizio che più mi sta a cuore. Se lo facessi, dovrei convenire con l’economista Joseph Stiglitz che nel suo libro del 2017 “L’Euro. Come una moneta comune minaccia il futuro dell’Europa” così scrive: “Molti studi di economia pongono l’interrogativo di che cosa debba fare un gruppo di paesi per avere una moneta comune e godere dei frutti di una prosperità condivisa. Gli economisti erano d’accordo su un punto: perché la moneta unica potesse funzionare, occorreva una somiglianza sufficiente tra i diversi paesi” (pag. 17). Ebbene, sig. Wal52, i Paesi europei sono completamente diversi tra loro, e per questo la moneta unica europea, l’euro, non può funzionare. Per questo io propongo una valuta locale, nazionale, parallela all’euro, di natura digitale, scritturale e gestita dallo Stato italiano e non dalla Bce. Per di più, sono in grado di poter effettuare esperimenti di economia in laboratorio al fine di provare il funzionamento della moneta digitale e come le teorie economiche correnti andrebbero fatte evolvere verso l’economia digitale.

      Per quanto riguarda lei, sig. Wal52, le posso assicurare che la sua esperienza lavorativa di 41,5 anni di vita vissuta sul campo e non sui libri conta molto di più dei titoli accademici (che peraltro andrebbero tutti rivisti alla luce del digitale essendo oramai tutti obsoleti – a cominciare da quello di “Dottore in scienze economiche”) e, inoltre, la sua integrità morale che traspare dai suoi commenti vale molto di più di quella dei politici pronti a cambiare casacca quando se ne presenta l’occasione, tradendo il proprio partito, i propri elettori, la democrazia stessa.

      Per quanto riguarda me, invece, io sono un viandante solitario che si è casualmente fermato per una breve sosta ad ascoltare i problemi veri della gente e ad osservare come le soluzioni proposte da Dottori, Professori, Saggisti, Esperti, Consulenti siano molto distanti dai veri problemi reali della gente. Soluzioni distanti, è vero, eppure ritenute eque. D’altra parte, si è sempre parlato di “equidistanza” e mai di “equivicinanza”.

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  5. Volevate i politici di tutti i colori , dittatori , movimenti, li abbiamo provati tutti. Non ce nesuna speranza, la natura si ribella, unica speranza e come dica la Bibbia in Daniele 4:4 ci sarà un governo che non sarà mai fine, ogni uno renderà conto molto presto di quello che fa.

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  6. Io credo che abbiamo un problema irrisolto ormai da anni “il lavoro ” se non ci rendiamo conto che il problema è quello non andremo da nessuna parte i Governi che si sono succeduti hanno assistito passivamente alla decollocazione delle Aziende all’estero, si sono posti il quesito molto semplice questi perchè se ne vanno? forse non siamo competitivi vuoi vedere che il costo del lavoro in Italia e esagerato? non certo per le retribuzioni corrisposte ai dipendenti evidentemente la pressione fiscale sulle Aziende è veramente elevata(per non parlare di una burocrazia esagerata) rendendo di fatto più conveniente produrre all’estero, invece di porre rimedio abbiamo addossato le colpe agli imprenditori cosi facendo abbiamo assistito allo scempio di interi settori per esempio quello tessile con perdite per migliaia di posti di lavoro ,a questo punto e chiaro che quando gli economisti fanno i conti e li fanno con un semplice rapporto matematico tra lavoratori attivi e pensionati, i numeri a questo punto ovviamente non tornano ,per cui arriva la Fornero di turno che emana norme sempre più stringenti per l’accesso alle pensioni

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  7. BUONASERA
    DICONO TUTTI CHE NON CI SONO I SOLDI, SE E’ LA VERITA’ OK SIAMO DISPOSTI A RITORNARE ALLA LEGGE FORNERO MA ALLO STESSO TEMPO ANNULLIAMO TUTTI I VITALIZI E RIDUCIAMO LE PENSIONI DEI POLITICI AD € 40000 LORDI ANNUI, MI SEMBRA GIUSTO NO???PERCHE’ DOBBIAMO ESSERE SEMPRE NOI A STRINGERE LA CINGHIA? ALTRIMENTI G U E R R A !!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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  8. Notizia di oggi: lo stato sta spendendo 9 miliardi all’anno (dico 9!) per il reddito di cittadinanza. E poi non si trovano 9 miliardi in 10 anni per la quota 41. Siamo alla follia !

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    • Sig. Attilio, la sua meraviglia è subito spiegata.

      I 9 miliardi in 10 anni per Quota 41 sono relativi alla voce di spesa “Previdenza” la quale viene finanziata con i contributi dei lavoratori attivi che nel 2020 sono stati 22.238.839.

      I 9 miliardi per il Reddito di Cittadinanza sono relativi alla voce di spesa “Assistenza” la quale viene finanziata con la fiscalità generale (IRPEF), ovvero con le tasse versate al fisco dai lavoratori attivi (che nel 2020 sono stati 22.238.839) e dai pensionati (che sempre nel 2020 sono stati 17.785.262).

      Come può notare, RdC ha più “contribuenti” (che pagano tributi: 40.024.101) di Quota 41 (che versano contributi: 22.238.839).

      Può altresì notare che il rapporto “lavoratori attivi/pensionati” è uguale a 22.238.839/17.785.262=1,25 (un valore un po’ bassino, per la verità).

      Quest’anno coloro che prepareranno la Legge di Stabilità, nel fare la Riforma Fiscale e la Riforma Previdenziale, per far tornare i conti, avranno un bel problema da risolvere.

      Una cosa è certa: l’IRPEF non potrà essere ridotta.

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  9. Notizia di oggi: lo stato sta spendendo 9 miliardi all’anno (dico 9!) per il reddito di cittadinanza. E poi non si trovano 9 miliardi in 20 anni per la quota 41. Siamo alla follia !

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  10. Spero che qualche esperto mi dia una mano a risolvere questo quesito:
    La pensione che viene pagata ad un politico che ha lavorato una sola legislatura o 2, da quale ente viene erogata (immagino inps) e su quale costo viene caricata assistenza o previdenza.
    Grazie

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  11. Intanto chi ha delle cartelle esattoriali sotto i 5.000 euro emesse e non pagate tra il 2000 e 2010, quindi fuori pandemia, dal 20 agosto gli verranno condonate…. Come sempre FESSI quelli che fanno i salti mortali eliminando tutto il superfluo (vedi ferie, auto ecc ) per onorare i propri debiti e fare la loro parte pagato le tasse. Quello che mi fa arrabbiare è che la maggior parte sono sempre i soliti “furbetti” che vivono sulle spalle del prossimo.

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  12. Credevo fosse impossibile ma invece si tratta della realtà.
    Nel 2021 i grandi imprenditori non solo possono permettersi quello che i poveri mortali non possono nemmeno immaginare ma addirittura possono andare nello spazio, si, in orbita nello spazio.
    Prima potevano farlo solo gigantesche strutture finanziate dagli stati come NASA, ESA, ecc. e dati i costi enormi, a volte certe missioni venivano rimandate addirittura di diversi anni.
    Oggi no, oggi gli imprenditori possono addirittura influenzare le decisioni degli stati, decidono quante tasse pagare e se pagarle.
    Piccole strutture inginocchiate proprio da questi imprenditori che poi se ne servono per utilizzarle come punti raccolta, in cambio di spiccioli, centesimi.
    L’autonomia delle piccole e medie imprese è stata uccisa, si, perché nessuna può muoversi senza consultare e addirittura servirsi dei servizi di Google, di Facebook o di altre. Tutte sono diventate aziende satellite, in pratica dipendenti di questi mostri senza le tutele dei dipendenti ma con i rischi delle imprese.
    Povero Marx, il tutto l’aveva previsto già nel diciannovesimo secolo e nonostante qualcuno in questo periodo lo abbia rivalutato, nessuno ha mai pensato di fermare questa deriva catastrofica che vede il 50% della ricchezza globale nelle mani dell’1% della popolazione.
    Immigrazione incontrollata, disoccupazione, giovani allo sbando, tutto questo non basta a far sobbalzare qualcuno sulla poltrona, nemmeno i sindacalisti.
    Causa COVID in 10 anni purtroppo si risparmieranno circa 11 miliardi di euro, i soldi destinati a quota cento sono per oltre la metà inutilizzati, già previsti come spesa però non si può fare quota 41, perché in 10 anni costerebbe 9 miliardi…. Ma di cosa parliamo, è facile leggere una volontà politica che va in direzione del fatto che il povero deve essere sempre più sfruttato e il ricco deve essere sempre più ricco.
    Non sarebbe difficile mettere in difficoltà questi giganti, mi rivolgo ai sindacati, basterebbe battere i pugni sul tavolo e annunciare scioperi generali a oltranza. Pensiamo ad Amazon. Niente consegne se non aumenta le tariffe ai corrieri. Tariffe che avrebbero anche l’effetto di far tornare la gente nei negozi.
    Perché non battersi per l’obbligo di far pagare le tasse nel paese in cui si lavora e non al 15% ma esattamente come tutti gli altri.
    Cari sindacalisti, di chi ci dobbiamo fidare? Di Voi??? Discorsi, discorsi e basta…. Sono le Vs. armi di distrazione di massa. In piazza per tutto tranne che per le questioni vitali, cui prodest?
    Forse una risposta può darla il servizio di Report, “ Gli insindacabili”, tutti impegnati a fare gli interessi, di chi? I propri.

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  13. ma finiamola finitela di fare considerazioni come se non vivessimo OGGI IN TEMPO DI PANDEMIA…..IL MONDO E’ CAMBIATO, LO VOLETE CAPIRE ???? LO VOGLIAMO CAPIRE CHE L’ASPETTATIVA DI VITA E’ CROLLATA DI 14/17 MESI ????? E COSA VUOL DIRE ??? VUOL dire che i lavoratori prendereanno MIGLIAIA DI MILIONI DI EURO IN MENO di pensione perchè si “crepera’” prima….ERGO, occorre rivedere l’uscita ANTICIPATA PARI ALLO STESSO PERIODO e permettere una flessibilità di uscita. CHI PAGA ?? TUTTI E NESSUNO…..LO STATO, con il quale abbiamo fatto un patto di RIPARTIZONE E NON CAPITALIZZAZIONE, I MILIARDI RISPARMIATI PER I NOSTRI CARI PENSIONATI DECEDUTI IN QUEST’ULTIMO ANNO, I MILIARDI PREVISTI PER QUOTA 100, I MILIARDI DI EVASIONE CONTRIBUTIVA,I MILIARDI DELLE PENSIONI D’ORO….

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    • Le do pienamente ragione, sig. Massimo: il mondo è cambiato. Lo sa lei, lo so io, ma “loro” non lo sanno ancora. Chi sono “loro”? nemmeno loro lo sanno.

      Il mondo è cambiato non già a causa della pandemia. La pandemia ha solo dato un’accelerazione al processo di cambiamento che era già in corso di sviluppo da tempo: la digitalizzazione. Siamo passati in un battibaleno dall’economia “tradizionale” all’economia digitale. Siamo nell’era digitale, siamo in una società digitale, siamo in un’economia digitale. E non esiste ancora la moneta digitale! Non si è posto lei, sig. Massimo, il perché? Alla BCE stanno ancora studiando se, come, quando, e perché l’euro digitale! Non esistono ancora economisti digitali! E come vuole allora che ci siano le ricette per la società digitale (per lavoro e pensioni) se non esistono ancora economisti che sappiano come funziona un’economia digitale?

      Perciò, occorre pensare ancora in maniera tradizionale. Occorre pensare allo stesso modo in cui pensano Fornero, Cazzola, Leonardi, Tridico.

      Lei, sig. Massimo, dice che i soldi per pagare le pensioni ci sarebbero. Ci sono i miliardi risparmiati per i pensionati deceduti (è vero); i miliardi previsti per Quota 100 (è vero); i miliardi di evasione contributiva (è vero). Ma sa cosa le risponderebbero Fornero-Cazzola-Leonardi? Le risponderebbero pressappoco così: “Non è questo il punto. Il Punto è che si nasce sempre meno e si vive sempre più a lungo”. Loro (ora sappiamo chi sono “loro”) hanno in mente il parametro fondamentale dato dal rapporto “numero di lavoratori attivi/ numero di pensioni vigenti”. Lei, sig. Massimo, dovrebbe spiegare loro come fare ad aumentare le nascite (e quindi il numero di lavoratori attivi)! Sarebbe in grado di farlo?

      Vuole invece sapere cosa le risponderebbe Tridico? Le risponderebbe pressappoco così: “Non è questo il punto. Il Punto è che il rapporto tra la spesa pensionistica e il Pil deve rientrare entro certi limiti. Oggi siamo nella media dei Paesi europei. Se il Pil non cresce, nemmeno la spesa pensionistica può crescere”. Tridico (ma non solo lui) ha in mente il rapporto “spesa pensionisica/Pil”. Lei, sig. Massimo, dovrebbe spiegare a Tridico come fare ad aumentare il Pil! Sarebbe in grado di farlo?

      Ora lei mi dirà: “È il Governo che deve pensare a come fare ad aumentare le nascite e come fare ad aumentare il Pil”.

      Sa come le risponderebbe il Governo? Le risponderebbe pressappoco così: “Ci stiamo già pensando, tramite il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Non solo ci attendiamo una forte spinta alla crescita economica e quindi al Pil, ma anche uno stimolo alle nascite, provvedendo ad offrire per esempio – cito testualmente – ‘un concreto aiuto alle famiglie, incoraggiando la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e la conciliazione tra vita familiare e professionale’”.

      Vuole invece sapere come la penso io? Senza una “visione” (“la disoccupazione deve sparire dalla nostra società”) si hanno solo visioni (Quota 100, Opzione Donna, APE sociale, Quota 41 per precoci in stato di necessità, Uscita a 63 anni con quota contributiva, e alla via così).

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      • Su come diminuire la spesa pensionistica, un idea c’è l’avrei. Prendiamo tutte le pensioni che “sforano” i duemila euro e ributtiamo nelle casse dell’Inps l’eccedenza, dando cosi liquidità per chi ad esempio ha 40 anni di contributi versati. Automaticamente si liberebbero posti di lavoro che con assunzioni SERIE “non contratti al limite dello sfruttamento(vedi tempo determinato e/o in somministrazione” darebbero la possibilità ai giovani di costruirsi una FAMIGLIA facendo figli e magari investendo in una casa. La sicurezza del LAVORO secondo me è l’unica strada percorribile, ma purtroppo ai vertici hanno imboccato la strada SBAGLIATA, prendendo dagli onesti per dare ai disonesti (ovvio non tutti) del RdC. La gente normale se ha a disposizione delle entrate certe, poi spende e spendendo, digitale o banconote che siano anche il PIL avrà il suo beneficio.

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      • Le risponderebbero pressappoco così: “Non è questo il punto. Il Punto è che si nasce sempre meno e si vive sempre più a lungo”……………………..Mi dispiace, è caduto in contraddizione…o perlomeno ha messo in bocca a Cazzola&Company cose che dopo la PANDEMIA NESSUNO PUO’ PIU’ AFFERMARE almeno per un altro DECENNIO, se ci andrà bene…….SI VIVE SEMPRE PIU’ A LUNGO ?????? NOOOOOOOOOOOOO, IL MONDO E’ CAMBIATOOOOOOOOOOOO…….TUTTI LO DEVONO COMPRENDERE e la PANDEMIA rende ancor più SACROSANTO IL DIRITTO DI TUTTI di andare in pensione da VIVI !!!!! Come ho scritto, i SOLDI CI SONO, non ci sono piu’ ALIBI PER NESSUNO……Si hanno solo visioni ??? VERO, occorre una RIFORMA STRUTTURALE VERA………FLESSIBILITA’ A 62 ANNI o con 41 anni di contributi…..con il CONTRIBUTO di tutti coloro che MUNGONO….!!!!!!!!!

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        • Sig. Massimo Candy, è possibile che io possa cadere in contraddizione. Ma fino ad oggi non mi è stato possibile farlo.

          Lei afferma che a causa della pandemia il mondo è cambiato. Le posso assicurare con certezza che l’Inps l’ha compreso.

          Lei afferma anche che, ancora a causa della pandemia, non si vive più a lungo. Anche qui le posso assicurare con certezza che l’Inps ne ha tenuto conto nei suoi calcoli in merito alla speranza di vita.

          Adesso lasciamo la parola all’Inps e vediamo cosa dice nel suo rapporto “XX Rapporto Annuale (Luglio 2021)” che si può scaricare al seguente link:

          https://www.inps.it/docallegatiNP/Mig/Dati_analisi_bilanci/Rapporti_annuali/XX_Rapporto_annuale/XX_Rapporto_annuale.pdf

          A pag. 142 vi è una tabella che illustrerò qui di seguito in un formato poco brillante (per cui me ne scuso):

          REQUISITO DI ETA’ PER LA PENSIONE DI VECCHIAIA

          Requisito di età per la pensione di vecchiaia per gli anni 2021-2022:
          Ante Covid-19: 67 anni
          Post Covid-19: 67 anni

          Requisito di età per la pensione di vecchiaia per gli anni 2023-2024:
          Ante Covid-19: 67 anni e 3 mesi
          Post Covid-19: 67 anni

          Requisito di età per la pensione di vecchiaia per gli anni 2025-2026:
          Ante Covid-19: 67 anni e 6 mesi
          Post Covid-19: 67 anni e 2 mesi

          Requisito di età per la pensione di vecchiaia per gli anni 2027-2028:
          Ante Covid-19: 67 anni e 8 mesi
          Post Covid-19: 67 anni e 5 mesi

          Requisito di età per la pensione di vecchiaia per gli anni 2029-2030:
          Ante Covid-19: 67 anni e 10 mesi
          Post Covid-19: 67 anni e 8 mesi

          Requisito di età per la pensione di vecchiaia per gli anni 2031:
          Ante Covid-19: 68 anni
          Post Covid-19: 67 anni e 11 mesi

          Requisito di età per la pensione di vecchiaia per gli anni 2032:
          Ante Covid-19: 68 anni e 2 mesi
          Post Covid-19: 67 anni e 11 mesi

          Requisito di età per la pensione di vecchiaia per gli anni 2033:
          Ante Covid-19: 68 anni e 2 mesi
          Post Covid-19: 68 anni e 2 mesi

          Requisito di età per la pensione di vecchiaia per gli anni 2034:
          Ante Covid-19: 68 anni e 4 mesi
          Post Covid-19: 68 anni e 2 mesi

          Requisito di età per la pensione di vecchiaia per gli anni 2035:
          Ante Covid-19: 68 anni e 4 mesi
          Post Covid-19: 68 anni e 4 mesi

          REQUISITO DI ANZIANITA’ PER LA PENSIONE ANTICIPATA (MASCHI)

          Requisito di anzianità per anticipata (maschi) per gli anni 2021-2026:
          Ante Covid-19: 42 e 10 mesi
          Post Covid-19: 42 e 10 mesi

          Requisito di anzianità per anticipata (maschi) per gli anni 2027-2028:
          Ante Covid-19: 43 anni
          Post Covid-19: 43 e 1 mese

          Requisito di anzianità per anticipata (maschi) per gli anni 2029-2030:
          Ante Covid-19: 43 e 2 mesi
          Post Covid-19: 43 e 4 mesi

          Requisito di anzianità per anticipata (maschi) per gli anni 2031-2032:
          Ante Covid-19: 43 e 4 mesi
          Post Covid-19: 43 e 7 mesi

          Requisito di anzianità per anticipata (maschi) per gli anni 2033-2034:
          Ante Covid-19: 43 e 6 mesi
          Post Covid-19: 43 e 10 mesi

          Requisito di anzianità per anticipata (maschi) per gli anni 2035:
          Ante Covid-19: 43 e 8 mesi
          Post Covid-19: 44

          SINTESI

          Leggendo i dati dell’Inps, sembra che ci sia poca differenza tra l’aspettativa di vita Ante Covid-19 e Post Covid-19. In particolare, allo scadere del decennio cui lei fa riferimento, sig. Massimo Candy, ovvero 2031, risulta:

          Requisito di età per la pensione di vecchiaia per gli anni 2031:
          Ante Covid-19: 68 anni
          Post Covid-19: 67 anni e 11 mesi

          Requisito di anzianità per anticipata (maschi) per gli anni 2031-2032:
          Ante Covid-19: 43 e 4 mesi
          Post Covid-19: 43 e 7 mesi

          C’è una cosa importante che mi preme farle presente, sig. Massimo Candy: usi con grande prudenza la frase “Riforma Strutturale”, perché il concetto di “Riforma Strutturale” che ha in mente l’Europa potrebbe non piacerle affatto. Giusto per farle un esempio, le porto un estratto dalla “Dichiarazione della Commissione europea, della BCE e dell’FMI sulla missione di valutazione intermedia in Grecia” del 17 giugno 2010: “si registrano progressi anche in relazione alle altre riforme strutturali che interessano fra l’altro l’amministrazione locale, le privatizzazioni, il mercato del lavoro e il sistema tributario”.

          Sappiamo fin troppo bene che fine ha fatto la Grecia con l’applicazione di “Riforme Strutturali”.

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      • Antonio da Brescia. Io penso invece che la politica abbia sempre sbagliato sulle riforma. Quando il ministro Maroni voleva fare lo scalone dai 35 ai 40 anni x tutti, penso che andava bene, nelle casse dello stato sarebbe rimasto un bel po di quattrini e a oggi non ci sarebbero problemi. Capisco che allora allungare di 5 anni le pensioni era un trauma. Pensate a oggi con la Fornero che a oggi io devo fare 8 anni in più. Ho visto passare tutti, i 35 poi lo scalino del sig. Mortadella, poi 40,poi 41 di Berlusconi, alla fine la Fornero. Gli altri hanno avuto aiuti come lo scalino di mortadella, sapete bene a chi mi rivolgo, io però di aiuti non ho visto l’ombra. Sono del 1960,ho lavorato x ben 5 anni in nero, non voluto da me, si sa in meridione come funzionava all’ora e pure oggi. Mi sono beccato la più brutta riforma, purtroppo, non devono toccare i diritti acquistati, come hanno fatto i nostri politici che percepivano il vitalizio. Hanno fatto il ricorso e l’anno vinta. Io a oggi ho 41 e 8 mesi di contributi, sono in disoccupazione e a luglio 2022 andrò in pensione con i requisiti misti. Io direi che a 62 /63 anni uno può decidere se andare o meno in pensione, percepirà x quello che ha versato, possono continuare fino a 65 anni la pensione di vecchiaia.

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  14. Leggo: “la quasi impossibilità di riclassificare le spese tra assistenza e previdenza per ridurre le spese di assistenza a favore della previdenza” questa affermazione non la capisco; a me pare la solita SOLA (Traduco: imbroglio) per non tentare di realizzarla.

    Trattiamo la contribuzione pensionistica che ciascuno di noi cumula col suo lavoro come la tratterebbe un fondo pensione e il gioco, almeno dal punto di vista formale, è fatto.
    Ora l’INPS lo chiamano “MONTANTE”, o mi sbaglio?
    Il resto la chiameremo assistenza!
    Separiamo quest’ultima dalla prima e poi, secondo logica e non secondo clientelismo politico vediamo di sostenerla in modo corretto ma con altre risorse che andranno trovate non prese dai singoli individuali montanti.
    Per quanto concerne “la fascia di popolazione in età di lavoro (15-64) che è prevista in diminuzione del 19 per cento (nel 2045 rispetto a oggi”, cercate di risolverla, almeno in parte, col del 10% della disoccupazione che cronicamente ci perseguita.
    Avete davanti a Voi più di 25 anni e tutto il tempo per riuscirci scrivendo libri e proposte!
    Perché ricordo che se i dati che leggo sono corretti la spesa per pensioni anno 2029 era di 207 miliardi e da questa cifra ne sono stati resi, come imposte, circa 50 di miliardi, credo che chi lavora da oltre 40 anni la loro parte la abbiano già fatta!
    Ora attendo di leggere il pensiero del dottor Perfetto, sarà forse contrapposto a quello dei dottori Cassola e Leonardi?
    Saluti

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    • Sig. Wal52, riconosco che la mia affermazione sulla riclassificazione delle spese tra assistenza e previdenza può dare adito a qualche incomprensione. Le riporto in proposito l’affermazione completa che Leonardi riporta nel suo libro (a pag. 100) che viene citato nell’articolo: “Il fatto che questi due interventi importanti sulle pensioni (pensione di garanzia per i giovani e non autosufficienza per gli anziani) riguardino l’assistenza, e non la previdenza, dovrebbe essere utile per ricordare che la riclassificazione delle spese tra assistenza e previdenza è utile a fini conoscitivi ma non è utilizzabile a fini strumentali per ridurre le spese di assistenza a favore della previdenza”.

      Sarebbe come dire che pur separando l’assistenza dalla previdenza (cosa che l’INPS già fa a livello contabile nei suoi bilanci) tuttavia tale separazione non consente di ridurre le spese di assistenza per aumentare le spese di previdenza.

      Anche il Prof. Cazzola si mostra scettico nel vedere realizzata la separazione dell’assistenza dalla previdenza, e ce lo fa capire a pag. 18 del suo libro (anch’esso citato nell’articolo) quando parla della “operazione bilancio parallelo”, ovvero “a fianco del documento contabile ufficiale, ne era redatto un altro secondo i criteri della separazione tra previdenza e assistenza” (un approfondimento a riguardo della “operazione bilancio parallelo” è possibile trovarlo al seguente link dell’Istituto Bruno Leoni Libri – IBL Libri – che ha pubblicato il libro del prof. Cazzola: https://www.brunoleoni.it/storia-riforme-controriforme-sistema-pensionistico)

      Ritengo che la tematica della separazione della previdenza dall’assistenza sia così complessa e sottile (fa entrare in gioco anche l’Art. 38 della Costituzione italiana) da richiedere una preparazione approfondita e soprattutto una visione dall’interno dell’INPS. È un po’ come voler risolvere il problema dell’evasione fiscale: se ne parla sempre ma non si riesce mai a individuare la soluzione per risolvere il problema.

      Per quanto riguarda la sua osservazione, sig. Wal52, in merito alla “fascia di popolazione in età di lavoro (15-64) che è prevista in diminuzione del 19 per cento” per cui lei suggerisce di impiegare almeno una quota parte di quel 10% di disoccupati cronici, mi sentirei di dirle questo: è l’uovo di Colombo, lo capirebbe chiunque. Il punto è questo: nessuno sa come farlo. Ma lei, sig. Wal52, forse saprebbe come farlo? Saprebbe COME fare per impiegare almeno una quota parte di quel 10% di disoccupati cronici?

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