Le ultime novità sulla riforma pensioni 2021 riguarda quanto é stato approvato in legge di bilancio, tra le novità oltre alla proroga dell’opzione donna e dell’Ape sociale per il 2021, la riapertura della Nona salvaguardia per 2.400 esodati, si intravede un significativo passo avanti anche nella direzione di colmare il gap contributivo tra uomini e donne. E’ stato infatti approvato, si apprende grazie all’annuncio dato dalla fiera Maria Edera Spadoni, un ordine del giorno a sua firma per riservare una quota dei fondi next generationa Ue alle donne. Vediamo i dettagli. Ed i commmenti che sono seguiti sotto al post dell’onorevole.
Riforma pensioni 2021: Approvato ordine del giorno per quota fondi next generation Ue a donne
Così Maria Edera Spadoni sulla sua pagina Facebook: “Una buona notizia: in legge di bilancio è stato appena accolto come raccomandazione l’ordine del giorno a mia prima firma per riservare almeno il 20% dei fondi europei a progetti a favore delle donne!
Un passo avanti per la parità di genere, una proposta portata avanti da varie associazioni e movimenti femminili tra cui #HalfOfIt, associazione che chiede di investire metà dei fondi su interventi volti a colmare la disparità salariale e incentivare l’occupazione femminile.
Poi conclude fiduciosa: “Siamo nella direzione giusta, colmare il divario contributivo tra uomini e donne deve diventare una delle priorità di questo Governo. Avanti così! ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️🇮🇹💪”. Sebbene la notizia sia stata accolta positivamente dal genere femminile, molte, tra cui Orietta Armiliato, fondatrice ed amministrtrice del Comitato Opzione donna social, che da anni si batte per la valorizzazione ai fini previdenziali del lavoro di cura delle donne, ci tiene subito a fare una specifica sotto al post. Ecco le sue osservazioni e quelle di molte altre donne, che sono iscritte al CODS e che subito hanno dato ragione all’Armiliato aggiungendo anche le loro rimostranze e/o richieste.
Riforma pensioni 2021, Armiliato: bene quota fondi next generarion, ma deve restare prioritario riconoscimento lavoro di cura
Così Orietta Armiliato: “Molto bene, fermo restando che deve essere prioritario anche Il riconoscimento e la conseguente valorizzazione del lavoro di cura domestico ordinario, per tutte, giovani e meno giovani, madri e non madri #peramorediequitá“.
Maila B, fa eco: “Indubbiamente una buona notizia ma le donne devono vedere riconosciuto il lavoro di cura e deve essere data loro la possibilità di lasciare il lavoro con requisiti decisamente più favorevoli degli attuali… Non dimentichiamo che quanto fatto dalle donne come madri mogli figlie e nonne sostituisce uno Stato spesso insufficiente o inesistente!”.
Giuseppina C, aggiunge: “Esprimo apprezzamento per la proposta all’ordine del giorno nella quale emergono elementi cardine di progresso femminile e ho particolarmente a cuore la “next generation”… Ma tutto ciò che le donne “attualmente” meritano, va riconosciuto ed integrato nella più ampia visuale di emancipazione lavorativa: espansione del concetto di “lavoro di cura” comunque svolto dalle donne, anche da coloro che hanno un contratto lavorativo presso aziende esterne al proprio ambito familiare, #peramorediequitá” #ledonnesonoincredito“.
Ornella, dalla sua precisa va bene la quota destinata alle donne ma non basta, bisogna permettere loro di avvedere allal quiescenza prorogando opzione donna fino alla naturale scadenza, ossia il 2023, evitando le ‘snervanti’ proroghe del ‘di anno in anno’ e puntare al riconoscimento ai fini previdenziali del lavoro di cura delle donna: “Ok, ma riconoscete il lavoro di cura delle donne e permettete a tutte le donne che desiderano, per mille motivi, andare via prima dal lavoro di poterlo fare.. Le proroghe di anno in anno sono terribili, snervanti e ingiuste!! #ledonnesonoincredito”.
Gli hashtag a corredo dei commenti lasciati sotto il post dell’onorevole Spadoni sono evocativi di quanto richiesto dalle lavoratrici: ‘le donne sono in credito ‘ e ‘per amore di equità’. Non resta che confidare che dal 2021, giacché l’anno nuovo é ormai alle porte, si inizi a prendere seriamente in considerazione la necessità di valorizzare il lavoro svolto dalle donne che tutti, troppo spesso, danno per scontato senza rendersi conto della mole di welfare gratuito che le donne producono quotidianamente e di quanto questo faccia risparmiare lo Stato stesso.
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Contento e felice per tutte le donne.
Ora che utilizzino parte dei fondi europei anche per tornare come le passate cose che funzionavano a meraviglia e cioè tornare ad avere una quota necessaria per andare in pensione ( senza variabili).
Ricordo i miei genitori che nel 1995 andarono in pensione con 35 anni di contributi.
Sono onesto erano troppo pochi.La cosa giusta è 41 anni e liberi di scegliere se proseguire o smettere