Gentilissimo Roberto Ghiselli in questi giorni a seguito del primo incontro calendarizzato tra il Ministro Catalfo e e le organizzazioni sindacali é emersa l’ipotesi di una pensione di garanzia per i giovani e per chi ha avuto carriere deboli o discontinue lei, dalla sua, crede che possa essere questo il provvedimento migliore per garantire una prospettiva previdenziale ai più giovani?
Per noi è molto importante aver iniziato gli incontri tecnici sulla riforma delle pensioni dal tema della prospettiva previdenziale per i giovani, cioè da coloro che saranno i più colpiti da un sistema che li sta condannando ad andare in pensione ben oltre i 70 anni, o con più di 45 anni di contributi, e con pensioni nella maggior parte dei casi molto basse. Siamo consapevoli che per i giovani innanzi tutto è fondamentale creare opportunità di lavoro di qualità, e questo è il primo punto della piattaforma presentata dal sindacato al Governo, ma comunque il tema previdenziale va affrontato. E va fatto subito perchè ora occorre assicurare alle ragazze ed ai ragazzi che anche per loro ci sarà una prospettiva, anche per orientare i loro comportamenti.
Riforma pensioni, pensione di garanzia ma non uguale per tutti
Pensione di garanzia dunque ok, ma non 780 euro per tutti?
Noi non pensiamo ad una pensione minima e uguale per tutti, di carattere asssitenziale, che premierebbe l’inattività e il lavoro nero. Non è nostra la proposta che riteniamo demagogica e insotenibile dei 780 euro garantiti a tutti e senza condizioni perchè per noi l’importo della pensione di garanzia dovrebbe essere commisurata all’età in cui si va in pensione e agli anni di presenza attiva nel mercato del lavoro.
Quale provvedimento, a suo dire, dovrebbe allora adottare il Governo per ridare oggi e domani maggiore serenità e garanzia ai giovani, quei giovani, che come diceva poc’anzi lei, sono sempre più affranti del sistema previdenziale odierno, che andrà verso il contributivo puro, e convinti che alla pensione nemmeno ci arriveranno?
A questo proposito noi pensiamo ad un sistema che valorizza previdenzialmente il lavoro discontinuo o povero, cioè che consideri ai fini del calcolo della pensione anche i periodi di disoccupazione involontaria, i periodi di assenza dal lavoro per l’attività di cura prestata in ambito familiare (figli, nipoti, famigliari disabili o non autosufficienti), i tirocini, gli stages, l’università e la formazione, i periodi a part time o a collaborazione.
Cioè, chi si è trovato nel corso della sua vita in queste situazioni la pensione non dovrà essere commisurata ai soli contributi versati ma dovrà essere aumentata premiando comunque l’impegno e la presenta attiva nel mercato del lavoro, disincentivando invece chi fa la scelta opposta. Solo per fare un esempio, chi lasciasse il lavoro a 66 anni dopo 42 anni di lavoro come part time o collaboratore o partita Iva, o avendo fatto in questi anni anche lavori di cura o disoccupazione involontaria, la pensione non dovrebbe essere inferiore ai 1000 euro.
Pensione di garanzia, ci sono le risorse?
Ma come la mettiamo rispetto ai costi di tale misura?
La pensione contributiva di garanzia, dovrebbe intervenire solo se le persone non riusciranno a costruirsi con le loro forze una pensione dignitosa. In questo caso non si darebbe tutto a tutti ma si interverrebbe solo nei confronti di chi ha veramente bisogno. Inoltre la nostra proposta non comporterebbe carichi di spesa immediati perchè solo al momento del pensionamento si verificherà la necessità o meno di intervenire con lo strumento di garanzia.
La nostra quindi è una proposta seria, di solidarietà perchè va incontro alla parte più debole del mercato del lavoro, ma lo fa in una logica che promuove e premia l’impegno, quindi non assitenziale, perchè per il contrasto alla povertà, cosa altrettanto importante, deve poggiarsi su altri strumenti e con altri criteri, e non sulle pensioni.
Ringraziamo Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil, per questi preziosi chiarimenti e ricordiamo a chiunque volesse riprendere parte delle dichiarazioni che tratatndosi di esclusiva é tenuto a citare pensionipertutti.it come fonte.
Ho 63,5 sono un ex artigiano attualmente disoccupato, ho versato 20 minimi di contributi come era nei patti iniziali di quando iniziai. Oggi ho enormi difficoltà ad andare avanti dico solo questo. Non aggiungo altro
I sindacati sono oggi nel pieno di una profonda crisi di legittimità, che rischia di cancellare anche i loro meriti storici. L’autore sostiene che lo strapotere e l’invadenza delle tre grandi centrali confederali, e le sempre più scoperte ambizioni politiche dei loro leader, hanno prodotto nel paese un senso di rigetto. Lo documentano i più recenti sondaggi d’opinione: solo un italiano su venti si sente pienamente rappresentato dalle sigle sindacali e meno di uno su dieci dichiara di averne fiducia. L’immagine del sindacato come di un soggetto responsabile, capace di interpretare gli interessi generali, si è dunque dissolta. E ha lasciato il posto a quella di una casta iperburocratizzata e autoreferenziale che ha perso via via il contatto con il paese reale, quello delle buste paga sempre più leggere e delle fabbriche dove si muore troppo spesso. Un apparato che, in nome di una concertazione degenerata in diritto di veto, pretende di avere l’ultima parola sempre e su ogni cosa. Che si presenta come il legittimo rappresentante di tutti i lavoratori. Ma bada in realtà solo agli interessi dei suoi iscritti, che valgono ormai meno di un quarto dell’intero sistema produttivo nazionale. E perciò si mette puntualmente di traverso a qualunque riforma in grado di mettere in discussione uno status quo fatto di privilegi. Fonte “L’altra casta”
Saluti.
I sindacati sono oggi nel pieno di una profonda crisi di legittimità, che rischia di cancellare anche i loro meriti storici. L’autore sostiene che lo strapotere e l’invadenza delle tre grandi centrali confederali, e le sempre più scoperte ambizioni politiche dei loro leader, hanno prodotto nel paese un senso di rigetto. Lo documentano i più recenti sondaggi d’opinione: solo un italiano su venti si sente pienamente rappresentato dalle sigle sindacali e meno di uno su dieci dichiara di averne fiducia. L’immagine del sindacato come di un soggetto responsabile, capace di interpretare gli interessi generali, si è dunque dissolta. E ha lasciato il posto a quella di una casta iperburocratizzata e autoreferenziale che ha perso via via il contatto con il paese reale, quello delle buste paga sempre più leggere e delle fabbriche dove si muore troppo spesso. Un apparato che, in nome di una concertazione degenerata in diritto di veto, pretende di avere l’ultima parola sempre e su ogni cosa. Che si presenta come il legittimo rappresentante di tutti i lavoratori. Ma bada in realtà solo agli interessi dei suoi iscritti, che valgono ormai meno di un quarto dell’intero sistema produttivo nazionale. E perciò si mette puntualmente di traverso a qualunque riforma in grado di mettere in discussione uno status quo fatto di privilegi. Fonte “L’altra casta”
Saluti.
SPERIAMO CHE CON QUESTA ARIA CHE TIRA A 54 ANNI RIMASTO SENZA LAVORO E CON 26 ANNI DI CONTRIBUTI E SE RESTIAMO ANCORA SENZA LAVORO SPERO CHE I NOSTRI POLITICI CI AIUTANO PER UN CONSEGUIMENTO LAVORATIVO E PER UN ARRIVO COTRIBUTIVO SALUTI