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Riforma pensioni 2020, cosa succede post Quota 100? Lo scenario al 31 agosto

Le ultime novità sulla riforma delle pensioni 2020 si incentrano tutte su cosa ne sarà della previdenza post quota 100, un interessante articolo pubblicato su l’Espresso domenica 30 agosto, a firma Edmondo Rho analizza gli scenari con interventi di spicco. Al confronto partecipano Giuliano Cazzola, Nunzia Catalfo, Cesare Damiano, Ignazio Ganga, Roberto Ghiselli e Domenico Proietti. Riportiamo ,estrapolandole dall’articolo, le dichiarazioni salienti che ben identificato i desiderata dei sindacati e le possibili aperture da parte del Governo, in vista dei prossimi incontri che si terranno l’8 settembre, il primo, ed il 16 settembre, il secondo. Il percorso per la prossima riforma delle pensioni, che vedrà luce post quota 100, é ancora irto e non privo di ostacoli, tra questi le risorse, ma il cantiere previdenziale ha certamente preso il via, ragione per cui é bene fare il punto ad oggi 31 agosto.

Riforma pensioni 2020, la sfida d’autunno ha inizio: che ne sarà post 2021?

Pensioni, La sfida d’autunno‘ così titola l’ultimo servizio scritto dal collega Edmondo Rho, che cerca di fare il quadro, mettendo a confronto pareri di esperti previdenziali autorevoli, sulla prossima riforma delle pensioni. Il Ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ha annunciato una nuova legge delega al Governo sulle pensioni, l’obiettivo primario dovrebbe essere quello di superare l’attuale, mai cancellata, legge Fornero , voluta alla fine del 2011, votata all’epoca da quasi tutto il Parlamento, ed oggi messa in discussione e ripudiata dalla maggioranza.

Ormai é chiaro a tutti, date anche le ultime dichiarazioni rassicuranti del Ministro Catalfo, che la quota 100 non sarà più in discussione fino a scadenza, ragione per cui chi ha o avrà la fortuna di maturare 38 anni di contributi e 62 d’età, potrà accedere alla quiescenza anticipata fino al 31/12/2021. Alla scadenza di tale provvedimento tornerà pienamente in auge la Riforma Fornero, che porterà con sé per chi maturerà i requisiti ‘fuori tempo massimo’ uno scalone di 5 anni, da 62 a 67 anni, a meno che nel mentre non si riesca a procedere verso una revisione organica della materia. Nello specifico idee e proposte ve ne sono già molte, come noi stessi vi avevamo anticipato intervistando nei giorni scorsi, Roberto Ghiselli e Domenico Proietti, rispettivamente segretario confederale della Cgil e della Uil. I due sono tornati a confrontarsi con l’Espresso ribadendo con forza il loro credo, a noi già noto. Ossia, così Proietti:Noi da tempo proponiamo una flessibilità di acceso alla pensione, attorno ai 62-63 anni: oggi é ancora più importante perché dopo la pandemia molte aziende inizieranno una fase di ristrutturazione e sarà molto utile anche il possibile pensionamento anticipato”. Altra proposta forte, ricorda Rho, avanzata all’unisono da Cgil, Cisl e Uil é la possibilità di pensionarsi con 41 anni di contributi indipendnetemente dall’età e senza penalizzazioni. Così ribadisce Ghiselli: Siamo ormai in un regime prevalentemente contributivo e parametri come l’età minima contano sempre meno in termini di sostenibilità. Quindi ci sono le condizioni per una massima flessibilità: da 62 anni di età o con 41 anni di contributi, devono essere le persone, sulla base delle loro condizoni soggettive, a decidere quando andare in pensione, sapendo che più si lavora migliore sarà il trattamento”.

Il nodo centrale resta sempre quello delle risorse, visti anche i vincoli europei, dice all’Espresso il professore Giuliano Cazzola, uno dei massimi esperti previdenziali ancora sostenitore della Fornero, che a tal riguardo si era già anche confrontato con noi, ricordando come Tridico, Il presidente Inps, ” che é l’ispiratore della Catalfo, vorrebbe il calcolo contributivo sulla flessibilità, mentre i sindacati vogliono mantenere il calcolo misto, in parte restributivo e in parte contributivo”. Poi aggiunge: “la mia obiezione é che in futuro sarà ineludibile avere un’età anagrafica più alta per andare in pensione, quindi l’idea di anticipare é antistorica rispetto all’evoluzione del lavoro e della società.

Riforma pensioni 2020, post quota 100 rischio scalone 5 anni: intervenire subito, parlano Ghiselli, Damiano, Ganga

Così Cesare Damiano all’Espresso, confermando quanto ci aveva dichiarato rilasciandoci un’interessante e lunga intervista in esclusiva i primi giorni d’agosto: ” Con il 2021 l’opzione quota 100 verrà a scadenza e si determinerà un effetto ‘scalone’ che porterà l’età di uscita- in mancanza dei requisiti contributivi previsti per il pensionamento anticipato-dai 62 ai 67 anni”. Poi il dirigente del Partito Dem, già ministro del Lavoro, aggiunge: ” La flessibilità va consentita a tutti i lavoratori e quota 100 non ha affatto superato la legge Fornero, checché ne dica Matteo Salvini. Io sostengo la possibilità di uscita dai 63 anni e 36 di contributi: senza penalizzazioni per lavori usuranti, gravosi ed esposti a rischi di pandemia, mentre per tutti gli altri lavoratori propongo una penalizzazione del 2 per cento per ogni anno di anticipo”.

Ignazio Ganga, Cisl, dalla sua aggiunge che tra i problemi più urgenti da affrontare nella prossima riforma delle pensioni resta la previdenza delle donne: “Strapazzate dalla riforma Fornero e che hanno mediamente meno contributi, come é dimostrato dalle minori adesioni femminile a Quota 100: sosterremo fermamente l’anticipo pensionistico di un anno alle donne per ogni figlio e il riconoscimento ai fini previdenziali del lavoro di cura non retribuito”. Tante le altre proposte, espresse all’Espresso, da parte dei sindacati che verranno presentate nel corso del prossimo tavolo di confronto, giacché si partirà dalla proroga di opzione donna e dell’Ape sociale.

Per Ghiselli, Cigl, sarebbe importante rafforzare e prorogare l’APe sociale, ora più che mai post esperienza Covid, sarebbe importante fare in modo che alcune categorie di lavoratori più esposti al rischio, o che sono stati esposti al Covid, possano uscire con 63 anni d’età e 30 di contributi, riducendo, dunque, anche da 36 a 30 i contributi previsti per tutti i tipi di lavoro gravoso o usurante, precisa Ghiselli, anche i vincoli previsti per i disoccupati. Appena finirà il blocco dei licenziamenti, sarà un problema grosso, dice preoccupato Ghiselli, ragione per cui, precisa Cgil, Cisl e Uil stanno chiedendo al Governo di andare incontro ad un’uscita anticipata , qualora sopraggiungesse una crisi aziendale, e al lavoratore manchino 4 anni alla pensione. Questo periodo dovrebbe essere coperto da Naspi, con contribuzione figurativa e un’integrazione economica dell’azienda con certificazione del diritto pensionistico da parte dell’Inps al momento dell’interruzione del rapporto di lavoro.

Non resta che comprendere se e quali proposte vedranno la luce e come procederanno i prossimi tavoli di confronto tra Governo e sindacati, seguiteci, perché dalla nostra vi agggiorneremo su quanto emergerà sia l’8 settembre quanto il 16 settembre. La riforma delle pensioni resta argomento molto sentito tra i nostri lettor che confidano post quota 100 si possa andare incontro a misure non più a scadenza ma per tutti e maggiormente eque.

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18 commenti su “Riforma pensioni 2020, cosa succede post Quota 100? Lo scenario al 31 agosto”

  1. vi è anche il coefficiente di rivalutazione in caduta libera da abrogare il sindacato è morto e lascia fare alla legge fornero in tutto e per tutto una vergogna a svenduto il lavoratore e quindi il popolo italiano agli industriali schiavisti by renzi con job act e chi ha votato la fornero . BASTA DIAMO GIUSTIZA AI CITTADINI CREIAMO UN NOSTRO GRUPPO POLITICO CHE CI TUTELI . 41 X TUTTI SENZA PENALIZZAZIONI !!!

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  2. Il ragionamento di Cazzola mi dispiace ma ha una concezione del lavoro e della futura società vecchia, sorpassata, assolutamente non moderna e non adatta alle nuove generazioni .
    Ha ragione Carlo in tutto il suo ragionamento.

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  3. ”La speranza di vita in buona salute alla nascita si mantiene invece sostanzialmente stabile (58,5 anni nel 2018). Gli anni di vita in buona salute attesi alla nascita nel 2018 sono 57,6 per le donne e 59,4 per gli uomini, con un differenziale di genere costante nell’ultimo anno.
    01. Salute – Istat
    http://www.istat.it › files › 2019/12 › 1.pdf ”

    Quindi per accedere alla pensione dovrebbero tener conto anche di questo dato.

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  4. Sentenzia il Cazzola: “in futuro sarà ineludibile avere un’età anagrafica più alta per andare in pensione, quindi l’idea di anticipare é antistorica rispetto all’evoluzione del lavoro e della società”.

    Caro Cazzola, l’anticipo del tempo in cui una persona può cominciare a pensare à sè stesso (la pensione) va esattamente nello stesso senso per cui da più di un secolo si è passati da 12-14 ore di lavoro al giorno a 8 ore, ovvero per liberare tempo di VITA al di fuori del lavoro.
    E sfido chiunque a dire che ciò ha causato disastri, carestie, inondazioni e morte dei primogeniti.

    Semplicemente, chi lavora sta meglio di un secolo fa e contemporaneamente l’economia si è enormemente sviluppata.
    Con MENO tempo di lavoro e PIU’ tempo di vita.

    Quindi l’anticipo pensionistico va, al contrario di ciò che lei dice, NELLO STESSO SENSO dell’evoluzione storica.
    Non è scritto da nessuna parte che non sia possibile e opportuno aumentare anche il tempo libero dal lavoro nell’ultima parte della vita di ognuno.
    Non è che se la speranza di vita di oggi è di sette anni in più di quella del 1950 ciò vuol dire che quei sette anni in più vanno necessariamente ed OBBLIGATORIAMENTE dedicati ulteriormente al lavoro invece che al riposo nella terza età.

    Io credo che l’unica cosa che si può oggi ragionevolmente prevedere sull'”evoluzione del lavoro e della società” non è che “si andrà in pensione più tardi” ma che SI LAVORERA’ DI MENO, a causa (o grazie) alla crescente AUTOMAZIONE.
    Cosa di per sè tutt’altro che negativa ma che richiederà obbligatoriamente accorgimenti sociali, tipo la “tassazione dei robot (e assimilabili)”, per redistribuire la ricchezza in modo da non deprimere gli stipendi (e quindi pure l’economia) nonostante le minori ore lavorate.

    Ciò si rifletterà anche sulle pensioni ma, se rimane il metodo contributivo, le pensioni saranno “di per sè” sostenibili.
    E non ci sarà, come praticamente non c’è quasi più adesso, alcuna giustificazione nel negare la flessibilità in uscita.

    Chi vorrà andarci a 55 anni dovrà poterlo fare , con ciò che ha versato, così come chi vorrà continuare a lavorare fino ai 75, o perchè si diverte ancora ed è in ottima salute oppure, insaziabile!, vuole aumentare ancora il montante.

    E’, una volta ottemperati ai propri versamenti, la libertà di scelta individuale, bellezza.

    Caro Cazzola, lei è stato anche sindacalista e addirittura nella CGIL (!), prima di passare al “Lato Oscuro della Forza (Italia)”.
    Se ne ricorda ancora, si ricorda cosa vuole dire fare gli interessi dei lavoratori, delle classi più deboli, invece di quelli delle elìte dirigenti?
    Io, rispettosamente, ne dubito.

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    • Non vorrei diventare ripetitiva e noiosa, e che Erica mi facesse finire nello spam, ma….non riesco a farne a meno 😂e prometto di non farlo più.
      Ancora massima ammirazione Carlo e grazie tante anche per questo splendido commento! 😊

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    • Come ho già scritto …… prima di andare in tv, nei talk-show, scrivere sui media, sui giornali, nei social…et similia varie ….. chi agisce e scrive sulla previdenza altrui….. dovrebbe presentare e rendere pubblico …. il proprio resoconto contributivo …… quanti contributi ha pagato, per quanti anni, quanti contributi figurativi, chi ha pagato quei contributi e/o quali vitalizi riceve….. e se è già in pensione …. da quando, a quale età, con il metodo retributivo o contributivo ?????? …….. quante pensioni, quanti vitalizi ….. quale è la somma mensile (lorda …..)
      Caro cazzola, lei è stato anche sindacalista e addirittura nella CGIL (!), prima di passare al “Lato Oscuro della Forza (Italia)”.
      Ma anche monti….. e quale è (o quale sarà) quella (la somma mensile) di razzi, di fornero, …… di brunettolo, di sacconi, di bersani, di meloni, di renzie, di gentilone, di conte, di bossi, di salvini, …… qual’è la loro storia contributiva……. per capire …… come vive chi decide …… della nostra vita e del nostro futuro.

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  5. Facciamo ancora parlare Cazzola che l’unica cosa che può fare stare con le ginocchia sotto un tavolo apparecchiato e non aver mai lavorato ..

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  6. Un progetto / contributo per i sindacati che andranno a trattare.
    Modifica alle normative pensionistiche (post coronavirus e per un ricambio generazionale):
    1. Dove c’è scritto 67……………… leggasi 65
    2. Dove ” ” 41+10+3 …………leggasi 41
    3. ” ” 42+10+3………….leggasi 42
    Tutto senza penalizzazioni!
    4.via quota 100…..leggasi quota 102 comunque
    Raggiungibile
    5 opzione donna = anche uomo
    6. Particolari disposizioni per disoccupati over 54 anni.

    7. Separazione previdenza / assistenza
    8. Flessibilità da 62 anni a scelta lavoratore
    9. Dopo 42 anni, per chi continua, 50% contributi in tasca a chi lavora.

    Di conseguenza revisione immediata e più efficiente del reddito di cittadinanza (più rigido e controllato, vista la possibilità di ricambio generazionale).
    E vediamo un po”.
    ..
    Poi lotta sociale e voto politico a chi lo merita davvero.
    Abbiamo la memoria troppo corta.

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    • Proposte molto sensate.

      Aggiungerei il verificare la fattibilità di fare un'”uscita controllata” e concordata tra Stato, azienda e lavoratore per pensionamento anticipato a fronte dell’assunzione, fiscalmente agevolata per l’azienda, di un giovane disoccupato.
      Ciò consentirebbe anche un meccanismo diretto di ricambio generazionale e l’azienda si doterebbe di una risorsa giovane (e a costo agevolato per un certo periodo), invece di tenere al lavoro un dipendente a fine carriera che ormai non ce la fa più.
      Nello stesso tempo, il giovane comincerebbe subito a lavorare e a pagare contributi, cosa buona sia per lui che per le casse dell’INPS.

      Può darsi che ci possano essere “inghippi” che io ora non vedo, anche sulla tempistica collegata delle due operazioni, ma come opzione aggiuntiva credo che la si potrebbe valutare.

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  7. Alla fine sono tante ipotesi che non cambiano nulla nella sostanza per i lavoratori 50enni e per i disoccupati. L’unica cosa che sanno fare è mantenere le agevolazioni per le passate generazioni, non sarebbe il caso chiedere un contributo crescente a chi:
    percepisce la pensione baby? (sono 400000 e con meno di 20 anni di contributi e in pensione da 40 anni per un costo di 7mld)
    a chi percepisce pensioni assistenziali (la metà delle pensioni) legandole al patrimoni (isee)
    a chi ha calcolo retributivo pieno
    a chi ha pensioni doppie o cd d’oro?
    La solidarietà inter generazionale dovrebbe essere reciproca.
    Si vuol capire che le pensioni sono più alte degli stipendi attuali post crisi 2008.
    L’occupazione incrementa se ci saranno pensionati, è anacronistico pensare che aumenti con l’aumentare dei soli consumi.

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  8. Inizio il mio ragionamento da questa affermazione di Ghiselli, “Siamo ormai in un regime prevalentemente contributivo e parametri come l’età minima contano sempre meno in termini di sostenibilità. Quindi ci sono le condizioni per una massima flessibilità: da 62 anni di età o con 41 anni di contributi, devono essere le persone, sulla base delle loro condizioni soggettive, a decidere quando andare in pensione, sapendo che più si lavora migliore sarà il trattamento”.
    Benissimo se l’età minima conta sempre di meno in termini di sostenibilità, questo significa che la flessibilità non deve essere a partire dai 62 anni bensì a partire dai 58 come già ora in opzione donna. Quindi la riforma sarà vera e completa quando chiunque potrà accedere alla pensione a partire dai 58 anni sapendo appunto “che più si lavora migliore sarà il trattamento”, mentre per chi potrà vantare 41 anni di contribuzione dovrà poter lasciare il lavoro a qualunque età anche fosse 55 anni e con il calcolo misto come ora senza nessuna penalizzazione.

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