Le ultime novità al 20 luglio riguardano le critiche mosse dalla Cgil sulla riforma Fornero, una legge ancora vigente che la quota 100 non ha affatto superato specie per la sua natura temporale. I sindacati hanno lanciato l ‘allarme specie nei confronti delle generazioni future che rischieranno di avere difficoltà ad accedere alla quiescenza se non prima dei 73 anni e con importi molto bassi. Eccessive anche le soglie attualmente vigenti, tuona l’onorevole Damiano, occorrono pensioni pari a 2,8 assegno minimo per poter uscire dai 63 anni, vincolo che scende a 1,5 se si va in pensione raggiungendo l’età della vecchiaia prevista in quel momento , paletti che diverranno sempre meno facilmente raggiungibili col passare del tempo.
Tali soglie sono altamente vincolanti e penalizzanti e passando ad un sistema che sarà completamente basato sul contributivo si rischierà di veder esclusi a priori i giovani che, specifica nella sua ultima nota stampa Damiano, dirigente partito democratico, non riusciranno ad arrivare all’obiettivo monetario fissato dalla normativa Fornero. Eliminare dunque tali paletti e rendere le misure strutturali, si pensi all’ ape social, unica misura per le persone che versano in maggiori difficoltà e non arrivano ai 38 anni di contributi richiesti dalla quota 100, sono gli ulteriori inviti rivolti al governo da Cesare Damiano. Anche Orietta Armiliato, amministratrice del Cods, ha parlato delle necessità di abolire le misure a “scadenza‘ al fine di procedere nella direzione di misure strutturali. Le loro parole
Pensioni 2019, via soglie 2,8 e 1,5 troppo penalizzanti
Cesare Damiano nell ultima nota stampa su LaPresse, ha asserito: “La preoccupazione del sindacato, a partire da quella espressa oggi dalla Cgil, a proposito del futuro pensionistico delle giovani generazioni, non può che essere condivisa“. Il dirigente del Partito democratico, aggiunge circa l’allarme sulle pensioni lanciato dalla Cgil :”La mia proposta è, intanto, quella di abolire il vincolo di una pensione corrispondente a 2,8 volte il minimo (circa 1.400 euro lordi mensili) per poter andare in pensione a partire dai 63 anni, come prevede la legge Fornero. Limite che scende a 1,5 volte quando si va in pensione all’età di vecchiaia prevista in quel momento (oggi è di 67 anni, ma crescerà). È evidente che, soprattutto i giovani, che hanno carriere discontinue, bassi salari e bassi contributi, difficilmente raggiungono l’obiettivo ‘monetario’ fissato dalla legge. Un obiettivo assurdo, dato che nel nuovo sistema contributivo si dovrebbe incassare, a partire dai 63 anni, la pensione corrispondente ai contributi maturati. Se troppo bassa, andrebbe portata fino a una soglia minima, incrociandola, ad esempio, con la nuova normativa della pensione di cittadinanza”.
Poi aggunge determinato, pensando alla prossima LdB e ad una riforma pensioni più giusta che tenga in conto anche i giovani, che purtroppo hanno spesso carriere discontinue, lavori precari e molti vuoti contributivi: “Ribadisco: le soglie di 2,8 volte e 1,5, vanno abolite. I periodi di inattività e di formazione vanno riconosciuti ai fini contributivi. In attesa di riconsiderare politicamente e culturalmente la centralità dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato e a tempo pieno, dopo le ubriacature della flessibilità, delle liberalizzazioni e del risparmio, al massimo ribasso, sul costo del lavoro”. Anche Orietta Armiliato , amministratrice del CODS, fa notare come alcune misure, vincolate, in questo caso, da paletti temporali, stiano creando ansia e frustrazione, specie tra le donne, ragione per cui invita il Governo a riflettere sulla necessità di rendere determinate misure struttuali, le norme limitate da soglie o paletti non possono far altro che alimentare disuguaglianze, qualcuno rischierà sempre di restare fuori dai limiti posti.
Pensioni 2019, si vada verso misure strutturali
Così Armiliato nel suo ultimo post sul Comitato Opzione donna Social: “Comprendo le argomentazioni di chi rileva il fatto di poter rimanere esclusa da quello o da quell’altro istituto ma, finché si andrà avanti con misure anticipate a requisiti statici e/o sperimentali e dunque a scadenza, ci sarà sempre qualcuno che ne resterà fuori. E questa é una questione squisitamente logico- matematica, per la quale non vi é soluzione, se non attendere e vivere l’eventuale reiterazione delle relative proroghe, soluzione precaria e frustrante.
Ecco perché si auspica l’inserimento nel nostro ordinamento previdenziale di norme che abbiano carattere strutturale, ovvero che non abbiano un termine entro il quale venga definita una scadenza (le norme non sono mozzarelle…) e che siano, conseguentemente, fruibili per tutti“
Voi quali misure/provvedimenti, cambi di direzione suggerireste al Governo in carica al fine di arrivare ad una riforma pensioni che sia maggiormente equa e spendibile per tutti, magari anche per le generazioni di domani? Fatecelo sapere, se vi va, attraverso un commento nell’apposizta sezione del sito.
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operai rimasti senza lavoro a 54 anni e senza reintegro e ne pensione questo argomento i politici e governo non prendono atto siamo buoni a pagare tasse e rimaniamo sempre piu poveri perche questo argomento non viene mai preso atto politici pensioni doro e noi moriamo di fame saluti
Sì dovrebbe incentivare l’uscita dal lavoro con calcolo della pensione solo con metodo contributivo, stabilito che deve essere 1,4 volte superiore alla pensione minima, lasciare che i lavoratori escano dal lavoro come le donne con opzione donna, cioè requisiti 58 anni e 35 di contributi, oppure 60 e 40, rinunciando così al calcolo della pensione con sistema misto, pur avendo diritto, qualora uscissero dal lavoro con requisiti 42 anni e 10 mesi. Tutti dicono che il sistema retributivo dovrebbe essere riequilibrato e quindi cosa c’è di meglio di una pensione calcolata sui contributi realmente versati, ci sarebbe un risparmio per le casse dell’INPS e la gente lascerebbe il lavoro prima liberando il posto per i giovani. Tutti auspicano la riforma delle pensioni ma nessuno parla di liberalizzare l’uscita con metodo contributivo per renderla più appetibile, perché non cominciare a proporla, i sindacati non dicono mai niente a tal proposito, perché?
Spero tanto che opzione donna prosegua per tutte senza ansia se ci arriviamo o no dopo i58 anni di età il lavoro ogni anno diventa più pesante si fa di tutto per arrivare alla benedetta e sudata pensione ma si allontana sempre perché devo mollare tutto perché stanca . Mia mamma e suocera alla vecchia pensione erano già da cinque anni anch’io vorrei godermi la pensione ancora sufficientemente in gamba non quando arriverà la pensione solo magari x curarmi e lasciare tutto qua
Per permettere un più facile ed equo accesso al raggiungimento delle condizioni di accesso alla pensione la prima misura da adottare sarebbe il riconoscimento del periodo legale di studi universitari in toto. Ora, invece, se io per un qualunque motivo decido di interromperere gli studi per un anno per svolgere un’attività lavorativa (nel mio caso un anno come impiegata a Londra – totalizzabile ai fini pensionistici), l’anno universitario successivo, fuori corso, non può essere riscattato, pur se in quell’anno io solo studiavo e non lavoravo. Per cui risulta che la mia università della durata legale di quattro anni è riscattabile solo per tre, una vera ingiustizia!
Sarebbe auspicabile confermare opzione donna anche per il futuro e portare avanti il progetto di contributi figurativi per i caregiver