Nei giorni scorsi avevamo pubblicato relativamente alle ultime notizie sulle pensioni anticipate 2025 un articolo concernente la dibattuta misura opzione donna, moltissime lavoratrici ‘capitanate’ dalla responsabile del CODS, Orietta Armiliato, stanno cercando di muoversi nei confronti dell’Inps per fare una class action. Lo scopo quello di far sì che la misura torni fruibile alle donne e non resti una misura percorribile solo sulla carta, perché a conti fatti ormai la nuova opzione donna é divenuta una misura pressoché impossibile da usare. Ai paletti si é aggiunta anche, si teme, l’interpretazione erronea della legge da parte dell’Inps che sta respingendo moltissime domande, in quanto fa distinzioni tra le licenziate, escludendo quante hanno un tavolo di crisi in monitoraggio, e ricomprendendo solo quelle con un tavolo di crisi aperto al MISE.
Orietta Armiliato fa notare, dopo aver consultato un avvocato, che l’azione collettiva potrebbe essere diretta nei confronti di una errata interpretazione della legge, in quanto al punto 3 dell’articolo si citano tutte le licenziate o le dipendenti che hanno un tavolo aperto. Dunque la o sarebbe la chiave di svolta per consentire a tutte le donne licenziate di poter accedere ad opzione donna. Della questione ne abbiamo parlato con il nostro esperto previdenziale il Dott. Claudio Maria Perfetto, eccovi l’intervista emersa:
Pensioni anticipate 2025, l’intervista a Perfetto su opzione donna
Pensionipertutti: Gentilissimo Dott. Perfetto cosa ne pensa dell’idea delle lavoratrici di andare verso un’azione collettiva per poter rivendicare un loro diritto, lei crede che a livello semantico effettivamente l’Inps stia commettendo un errore di interpretazione della normativa vigente?
Dott. Perfetto: Non ho competenze specifiche in materia legale, però le espongo solo alcune mie riflessioni, riportiamo innanzitutto la definizione di “Class Action” ripresa da https://www.diritto.it/la-class-action-in-italia/:
“L’azione collettiva – class action – è un tipo di azione legale che consente ad un gruppo di individui di tutelare i propri diritti individuali omogenei lesi dalla condotta di un’impresa o di un ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità. I diritti restano individuali, ma l’azione è collettiva”.
Su cosa si fonderebbe dunque la “Class Action” che si intenderebbe promuovere nei confronti dell’INPS? Se ho ben inteso sulla possibilità che l’INPS abbia interpretato male la normativa su “Opzione Donna”?
Nell’articolo di Pensionipertutti del 5 maggio 2025 dal titolo “Opzione donna 2025, si va verso la class action? Gli ultimissimi aggiornamenti” viene riportato:
“all’ art. 1 comma 138 della Legge 30 dicembre 2023 n. 213 al punto 3 specifica:
Siano lavoratrici licenziate O dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa del MISE”.
La suddetta espressione probabilmente fa riferimento alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2023 n. 213 di un testo che riporta ad un’altra legge precedente. Il riferimento alle “lavoratrici licenziate” lo si ritrova espresso in maniera esplicita nella Gazzetta Ufficiale del 18 gennaio 2024 dal titolo “Ripubblicazione del testo della legge 30 dicembre 2023, n. 213, recante: «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026», corredato delle relative note”.
A pag. 160 della suddetta Gazzetta Ufficiale si parla di “Note al comma 138”, e relativamente all’“Art. 16 (Opzione donna)”, al comma c) di pag. 161 è riportato:
“c) sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Per le lavoratrici di cui alla presente lettera la riduzione massima di due anni del requisito anagrafico di sessantuno anni di cui all’alinea del presente comma si applica a prescindere dal numero di figli”. (FONTE: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2024/01/18/14/so/4/sg/pdf)
Per comprendere meglio le condizioni in cui si trovano le “lavoratrici licenziate” “o” “dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa”, occorrerebbe entrare nel dettaglio di cui “all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”.
Sarebbe opportuno lasciare ad esperti di leggi il compito di proseguire nell’indagine. Nel caso venisse intrapresa una Class Action, la si potrebbe vincere affidandosi a bravi avvocati capaci di scovare i cavilli sui quali fare leva per dimostrare la eventuale fallace interpretazione da parte dell’INPS.
Pensionipertutti: Proprio in questa direzione, bravi avvocati, si stanno muovendo le donne e nello specifico Orietta Armiliato, amministratrice del CODS, per comprendere come procedere ed i costi, a suo avviso servirebbe per vedere riconosciuti i loro diritti lesi?
Dott. Perfetto: “Diciamo che se si procedesse con una class action a questo punto, si offrirebbe al Governo la possibilità di presentare in Parlamento la norma eliminando i cavilli riscontrati dai bravi e capaci avvocati in modo che non possa sorgere ambiguità nell’interpretazione della norma.
Nel frattempo, qualora venisse riscontrata l’errata interpretazione della norma da parte dell’INPS, probabilmente una parte di lavoratrici potrebbe vedere riconosciuti quei “diritti” per i quali si è resa necessaria promuovere la Class Action“
Quindi da quel che intendiamo anche per il Dott. Perfetto si potrebbe tentare in tale direzione, con la consapevolezza che il ‘coltello dalla parte del manico’ continuerebbe ad averlo il Governo, che dopo aver concesso il diritto alla pensione a quante hanno provveduto alla class action, potrebbe altresì agire in seguito per modificare eliminando il dubbio la norma. Ma, resta il sospetto, la cambierebbe a favore delle donne danno risalto a quella ‘O’ oppure eliminando il dubbio all’origine a favore della legge attuale?
In ogni caso solo tentando vi é una speranza, dunque confidiamo, dal canto nostro, che le donne proseguano in tal senso, al fine di riappropriarsi del loro diritto alla pensione anticipata.
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Buongiorno
Spero lei mi possiate aiutare a capire una cosa che non è chiara nemmeno ad alcuni impiegati inps.
Ho maturato i requisiti anagrafici e contributi al 31/12/2024. Sono cargiver di mio marito quindi anche residente, dal 18 dicembre 2024 quindi i 6 mesi finiranno al 18 giugno 2025. La domanda io la dovrei inoltrare dopo il 20 di agosto, perché se pur avendo solo 3 anni di lavoro autonomo, la finestra diventa di 18 mesi lo stesso, chiedo , i 6 mesi di cargiver , bisogna averli al MOMENTO della presentazione della domanda di pensionamento, come leggo su vari siti internet, 1 impiegato mi ha confermato ciò ma per un altro, bisogna avere i 6 mesi al raggiungimento dei requisiti. Ringrazio anticipatamente per una vostra cortese risposta.
Buona giornata
Matilde
Io non ho più parole. Gli italiani hanno quello che si meritano. Governi impresentabili da decenni. Mafia, evasione e corruzione. Alzo bandiera bianca.
L’hanno rimesso com’era, meno male.