Pensioni anticipate 2020, Quota 100 e la misura ‘gemella’ che durerà fino al 2026

Quota 100 che ora il Governo ha annunciato di voler portare a scadenza fino al 31/12/2021 per i suoi effetti di ammortizzatore sociale, dato il contesto economico creatosi a seguito della pandemia, non é l’unica misura a pesare sulla sostenibilità pubblica, a farlo presente in uno dei suoi ultimi editoriali su ‘Il Sussidiario’ é il Professor Giuliano Cazzola, ricordando che esiste una misura gemella assai costosa, e spesso non menzionata, anzi dimenticata, che durerà almeno fino al 2026. L’economista ricorda infatti che fino al 31/12/2026 sarà valevole, indipendentemente da un eventuale e dispensiosa proroga di quota 100, il blocco del requisito contributivo, 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne) che costa quanto quota 100. E si domanda, il silenzio intorno a questa seconda misura é determinato dal fatto che la si voglia fare divenire strutturale e ricomprenderla proprio, paradossalmente, in quella riforma pensioni che dovrebbe puntare a garantire sostenibilità ed equità intergenerazionale? Le sue parole.

Quota 100 e la misura gemella valevole fino al 2026

Quota 100 viene condotta alla sua naturale scadenza (alla fine del prossimo anno) per fare posto alla valutazione di «scelte in materia alla luce della sostenibilità anche di lungo periodo del sistema previdenziale e del debito pubblico garantendo al contempo il rispetto per l’equità intergenerazionale e il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica».
Parole, parole, parole. Quando mi capita di leggere qualche riferimento a Quota 100 mi viene spontanea una domanda: perché non si fa cenno anche al blocco fino a tutto il 2026 del requisito contributivo (42 anni e 10 mesi per gli uomini e un anno in meno per le donne) che è oneroso quanto la misura “gemella” prevista dal decreto n.4/2019? Vuol dire forse che questa regola è destinata a divenire strutturale e a far parte di quella futura riforma che dovrebbe garantire sostenibilità ed equità intergenerazionale?”

Eppure, prosegue, che questa norma esiste e produrrà effetti considerevoli specie negli anni a venire é chiaro agli osservatori istituzionali come si evince dal Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2020 della Corte dei Conti, un documento di grande utilità per la completezza dei dati e l’incisività dei rilievi: «I soggetti che hanno usufruito dell’anticipo avendo effettivamente maturato i requisiti minimi di Quota 100 (ovvero 62 anni di età e 38 anni di anzianità contributiva) sono stati poco più di 5 mila, ossia il 3 per cento del totale». Dai dati emerge, infatti, che l’uscita anticipata ha attratto principalmente coloro che – per anzianità contributiva – avevano la minima distanza dalla soglia prevista per l’uscita anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 e 10 mesi per le donne): circa la metà dei lavoratori uomini è andato in pensione con almeno 41 anni di anzianità; le donne con almeno 40 anni di anzianità risultano il 53 per cento del totale, oltre il 30 per cento ha almeno 41 anni di anzianità».

Chi ha usufruito di Quota 100, i più anziani o chi aveva più contributi?

Da una lettura approfondita dei dati relativa alle pensioni accolte, se si disaggrega in base all’età, si nota che vi é un addensamento sui 63 anni ne ha usufruito il 27%, i pensionati che hanno optato per quota 100 che hanno almeno 66 anni, dunque vicini di loro al pensionamento di vecchiaia, sono circa il 14% del totale. Se si esclude questa fascia, non si evidenziano particolari picchi nella distribuzione dei pensionati. Dunque dai dati cosa si evince? Che in realtà per l’accesso a quota 100 a fare da discriminante, spiega Cazzola, non é stata tanto l’età, quanto l’anzianità contributiva. Ragione per cui il vero problema é ed é destinato a rimanere, puntualizza l’economista, la pensione anticipata di anzianità, i cui requuisiti sono stati bloccati dal 2018 a prescindere dall’età pensionabile.

Così Cazzola: “In sostanza, se anche venisse a scadenza Quota 100 senza essere rinnovata, ai pensionandi occorrerebbe solo qualche mese di lavoro in più per avvalersi del canale riferito alla sola anzianità contributiva. Il trend è confermato anche dalla Ragioneria generale dello Stato, che nel rapporto n. 20/2019 ha ribadito, peraltro prima del Covid, che il dispiegarsi dei primi effetti negativi della transizione demografica dovuta al pensionamento delle coorti del baby boom, unitamente alle recenti misure adottate nel DL 4/2019 convertito con L 26/2019 che, per il periodo 2019-2026 prevedono la disapplicazione per il canale di pensionamento anticipato indipendente dall’età anagrafica degli adeguamenti all’aspettativa di vita dei requisiti di anzianità contributiva, sono fattori che agiscono in senso opposto, limitando la riduzione del rapporto tra spesa pensionistica e Pil. Nei quindici anni successivi (2030-2044), il rapporto fra spesa pensionistica e Pil riprende a crescere, dapprima con più intensità e poi in maniera più graduale, fino a raggiungere il picco del 16,1% nel 2044, a causa dell’aumento del numero di pensioni”.

19 commenti su “Pensioni anticipate 2020, Quota 100 e la misura ‘gemella’ che durerà fino al 2026”

  1. Il Covid-19 ha sconvolto tutti i piani. Ha persino diviso la Storia in due, proprio come è avvenuto col “dopoguerra” e con il “dopo Cristo”. Oggi abbiamo il “dopo Covid”.

    I piani che il governo, i sindacati, Confindustria avevano prima della venuta del Covid non sono più attuabili nell’era post-Covid, proprio come il calendario del 2019 non è applicabile all’anno 2020.

    Legge Fornero, Quota 100, Quota 41, Opzione Donna appartengono oramai ad un’altra era.

    Quando Confindustria capirà che i robot non consumano (eccetto s’intende l’energia) e quindi non avrà consumatori a cui vendere i propri prodotti; quando i sindacati capiranno che i robot non protestano e quindi non avranno iscritti con cui riempire le piazze; quando il governo capirà che i robot non pagano le tasse e quindi avrà meno contribuenti con cui riempire le casse dell’erario; insomma, quando si capirà che con una popolazione anziana che consuma poco, con lavoratori sessantenni sempre più fuori mercato, con giovani sempre più a casa (ma dei genitori), allora, dinanzi alla catastrofe occupazionale e produttiva, Confindustria, sindacati e governo verranno messi davvero alle strette (per adesso non lo sono, bisognerà aspettare il 2021) e capiranno che la prima cosa da fare sarà quella di mandare in pensione i sessantenni (ma, forse forse, anche i cinquantacinquenni).

    Pensione anticipata, di vecchiaia, o “misure gemelle”? Semplicemente… pensione.

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      • Mah…che dire…caro Dr. Cazzola togliamo proprio le pensioni perche’ se dovessero aumentare ancora eta’ ed anzianita’ contributiva schiatteremo tutti prima di arrivare all’agognato traguardo…oppure creiamo un apposito plotone di esecuzione per pensionandi…roba da matti…questi non lo sanno proprio cosa vuol dire lavorare per 43 anni…

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    • 40 anni di contributi , OPPURE 60 anni di età questa è la mia posizione …Il tuo discorso , Claudio Maria , non fa una piega , MA … ti ricordo che l’arrivo del Trattore , ha ridotto a zero la manodopera agricola…Vogliamo tornare a zappare a mano o con i Buoi …??…L’arrivo dei Robot ha abbattuto notevolmente il costo di un automobili , elettrodomestici , tanti oggetti di ottima qualità , che usiamo tutti i giorni , permettendo di averne , in tutte le famiglie … Il Robot qualcuno l’ha costruito…Io non ho una soluzione in tasca , mi manca il foglio del.. ” come ” direbbe Crozza … ma so solo che , indietro , non si può tornare.

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      • Il progresso (o come lo si vuol chiamare) è simile ad un ruota dentata con un linguetta che impedisce alla ruota di girare all’indietro. Sig. Fabio, indietro non si può proprio tornare.

        La società industriale ha soppiantato la società agricola, gli agricoltori sono diminuiti e sono aumentati gli operai.

        Nella società industriale l’automazione ha soppiantato la mano d’opera, gli operai sono diminuiti e sono aumentate le macchine.

        La società post industriale (la società dei servizi) ha soppiantato la società industriale, i lavoratori si sono spostati dalle industrie automatizzate ai servizi non automatizzati.

        Ora stiamo entrando nella società post-post industriale, nella società digitale, dove prodotti e servizi saranno digitali, prodotti da tecnologie digitali, automatizzati da robot e da automi basati su intelligenza artificiale.

        La mia idea è molto semplice: se il lavoratore umano paga le tasse (attraverso l’IRPEF), anche il lavoratore robot deve pagare le tasse (attraverso l’IRAUT – Imposta sul Reddito prodotto da AUTomi).

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  2. Ma pensa te! 42 anni e 10 mesi (più la finestra, che tutti si dimenticano di menzionare e che vale altri 3 mesi come minimo) sono pochi.
    Io penso che bisognerebbe lanciare il cuore oltre l’ostacolo e decidere da subito un bel 50 anni tondi tondi di contributi per tutti.
    Politici compresi, si intende!
    Ah, come dice dottor Cazzola? Che 50 anni sono troppi e nella sua magnanimità propone 48 per tutti?
    Grazie, com’è buono lei.

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  3. Cazzola parte da una singola constatazione che a me pare (ed è rarissimo, quasi UNICO, nel suo caso) corretta, ovvero che “l’accesso a quota 100 a fare da discriminante non é stata tanto l’età quanto l’anzianità contributiva”, passando però poi subito ad una deduzione ASSURDA e del tutto INCONGRUA, ovvero che a questo punto dopo la fine di Quota 100 “non cambierebbe nulla” perchè tanto “ai pensionandi occorrerebbe solo qualche mese di lavoro in più per avvalersi del canale riferito alla sola anzianità contributiva”.

    E, anzi, si RAMMARICA che per i pensionandi possa esistere questa “BAZZA” 😀 della “pensione anticipata di anzianità”!

    Della serie: non gli basta che già una generazione di pensionandi sia stata “STRANGOLATA” attraverso la mancata attuazione di “Quota 41” e con una Quota 100 inavvicinabile per moltissimi a causa del limite minimo di contribuzione.
    No, per lui bisognerebbe FINIRE IL LAVORO “AMMAZZANDOLI” del tutto, togliendogli ogni possibilità di “anticipo”, dato che l’attuale “anticipo” è già troppo “GENEROSO”!
    Pensate, che “generosità”: quasi 43 (QUARANTATRE) anni per gli uomini e quasi 42 (QUARANTADUE) per le donne con la cosiddetta “pensione anticipata (!) di anzianità”.

    Io credo che l’UNICO SENSO, se pure non detto esplicitamente, del discorso di Cazzola sia che lui sta già LAVORANDO, un anno e mezzo prima della scadenza di Quota 100, per dire che NON BISOGNA FARE ALCUNA RIFORMA.
    Lasciar morire Quota 100 e poi TENERCI quell’ignominia della Fornero.
    Sta dicendo che ciò che abbiamo, come il presunto “anticipo” a 42/43 anni, è perfino già “troppo”.
    Sta già facendo le BARRICATE MEDIATICHE (e presto lo seguiranno i “soliti noti”, vedrete) per impedire che si cancelli la Fornero, molti mesi prima che governo, INPS e sindacati si mettano attorno a un tavolo.

    Basta “strane idee pericolose e sovversive” come la “flessibilità” o la “Quota 41 per tutti”!
    Finita Quota 100 fra un anno e mezzo, nella legislazione attuale c’è già tutto quello che serve, anzi è già anche TROPPO! “State contenti, sfaticati pensionandi, al quia”!
    Chi è già sfinito oggi, sarà solo “un pò più” sfinito domani, e che sarà mai? Resista ed avrà l’agognata pensione, dopo “soli” 43 anni di contributi o a “soli” 67 anni.
    Che sarà mai?

    Un “ragionamento” (lo nobilito immeritatamente chiamandolo così) di VERGOGNOSA ASSURDITA’.
    E’ incredibile che in Italia si dia ancora tanto spazio mediatico a certi personaggi, ideologicamente e programmaticamente anti-popolari.
    Certo, siamo in un paese libero e ognuno può giustamente dire la sua opinione (in buona o, sempre più spesso, in cattiva fede).
    E’ che alcuni non bisognerebbe proprio ascoltarli, già si sa dove vanno a parare prima ancora che aprano bocca.

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  4. Questi soloni dell’economia sono semplicemente vergognosi. Vogliono prospettarci un futuro da schiavi, senza diritti e con stipendi e pensioni da fame!! L’articolista dovrebbe arrossire dalla vergogna.

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      • No, mi scusi. Ma dire che 43 anni di lavoro non bastano, è alquanto irrispettoso nei confronti
        di chi lavora e che, incolpevole, deve pagare per i guasti di decenni di mala politica.
        Piuttosto che lucubrare con proiezioni economiche su quello che sarà da qua a 20/30 anni
        (le vicissitudini del mondo spesso hanno confutato molte teorie degli economisti), si abbia
        l’obiettività di dire che viviamo in uno stato tecnicamente fallito, un debito pubblico del 150%
        significa questo, e si dica che ciò è stato causato da sprechi e corruzione, viadotti che finivano
        nel vuoto, da centinaia di enti inutili e improduttivi, creati solo a fini elettorali, dalla mancata innovazione tecnologica se non addiruttura dall’abbandono delle eccellenze italiane, pensiamo
        alla chimica o all’elettronica. Fu l’Olivetti ad inventare il primo Personal Computer, non IBM
        o Apple. Pensiamo ancora ad oggi, dove un’assurda disparità fiscale nell’UE, permette a molte aziende italiane di non pagare le tasse in Italia, privando lo stato di miliardi di introiti.
        Oppure pensiamo a quel milione di ragazzi italiani (1 milione!!) che se ne sono scappati all’estero
        negli ultimi 10 anni, per mancanza di lavoro, o per lavoro sottopagato. Se il paese avesse
        creato le condizioni per farli restare, al di là del legittimo desiderio di farsi un’esperienza
        all’estero, questi pagherebbero le tasse e verserebbero i contributi, permettendo allo stato
        di mandare in pensione i più anziani. E allora io , la mia generazione, deve pagare il prezzo
        di tanta scelleratezza del passato? Quale torta io e milioni di lavoratori ci siamo spartiti per dover
        espiare peccati non nostri? Per non parlare appunto dei giovani che, secondo le diaboliche
        tabelle vigenti, andranno in pensione a 72 anni. Immorale!! In Europa si va in pensione
        al massimo a 64 anni. Basta con questa balla dell’aspettativa di vita.
        Vivremo mediamente fino a 100 anni? Non credo, anzi, viste le attuali condizioni di lavoro, con le “TUTELE DECRESCENTI”, gli stipendi sempre più bassi, e i continui ricatti aziendali,
        la gente va incontro a stress sempre più forti. La mia generazione è forse bionica o è fatta di carne e ossa come quella di mia padre, che andò in pensione a 60 anni, giustamente, e con 35 anni di lavoro?
        Ritengo che compito della politica sia quello di trovare soluzioni per l’uomo e non di peggiorare
        le sue condizioni di vita. I politici non sono degli amministratori di condominio, con tutto il rispetto
        per la categoria, dove basta dire “i costi sono eccessivi”. Dietro ogni scelta della politica ci sono esseri umani, non oggetti. Altrimenti, se prevarrà questa logica cinica della sostenibilità,
        finiremo come in Svezia dove, sopra i 75 anni, le persone non vengono più curate, perchè
        è un costo per lo stato. Ciò ricorda tempi orribili della storia europea.
        Non vorrei ricordare la famosa frase di Marx “L’economia deve essere costruita intorno
        all’uomo e ai suoi bisogni”, affermazione comunque sensata, al di là del fatto che le sue teorie
        hanno prodotto i disastri che conosciamo. Ma oggi siamo al paradosso, in modo diametralmente
        opposto, dove l’uomo deve sottostare ai bisogni delle oligarchie finanziarie che stanno producendo
        grandi povertà e grandi ricchezze. In nome del libero mercato!!
        Invito il sign. Cazzola, a controbattere le mie affermazioni, scusandomi al contempo per i miei
        toni eccessivi di ieri, dettati dalla frustrazione di vivere in questo disastrato paese.
        Cordialità!

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  5. Sono davvero esterrefatto per le esternazioni di Cazzola! Forse maturare 42 anni e 10 mesi di contributi non è per lui sufficiente? Vengo dal mondo della scuola dove l’età media dei docenti è molto alta e non c’è ricambio generazionale da anni! Abbiamo davvero le tasche piene di questi personaggi che predicano il lavoro ai giovani e razzolano la rincorsa all’aumento dell’età contributiva! Il blocco dell’aumento fino al 2026 è un sacrosanto riconoscimento avendo, se non sbaglio, l’ISTAT stesso certificato che non deve esserci adeguamento fino a tutto il 2022 nemmeno per la pensione di vecchiaia!
    Spero che nessun politico o “tecnico” (alla Fornero) osi modificare questo requisito o potrebbe esserci una rivolta sociale.

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  6. Rispondo io a Cazzola, dato che queste persone possono parlare a piacimento senza sapere cosa vuole dire lavorare in aziende private:
    Perchè non ne parla nessuno dei 43 anni di contributi (uomini)? Perchè è una cosa inumana lavorare 43 anni per una azienda privata per 10 ore al giorno
    Pochi mesi rispetto a quota 100? Per me sono 5 anni di lavoro in più dato che ho 60 anni e 41 anni di contributi.
    Basta con questi gaglioffi !

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  7. A sentire certi commenti di Cazzola mi sembra di sognare. Abbiamo crocefissi Quota 100 perchè discriminava le donne che hanno spesso carriere discontinue e non arrivano a 38 anni contributivi mentre la Fornero che ne richiede 41 e 10 mesi Per qualche misterioso motivo non è discriminatorio per le donne. Infine lavorare 42 anni e 10 mesi secondo Cazzola non è abbastanza. Bisogna fare di “meglio”.
    Chissà quando questa gente capirà che si deve trovare un sistema alternativo a far schiattare sul lavoro gente che non c’è la fa più (e che tra l’altro non è neanche più così “produttiva”) per fare cassa ?

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    • Fanno schifo a prescindere, nel momento in cui esistono i vitalizi e questi non producono Pil. Quota 41 subito, senza paletti ed un assegno pensionistico di almeno tre volte il minimo .

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      • Ma basta..stare ancora ad ascoltare questo Sig cazzola.. Ne spara una ogni 15 giorni..tempo fa addirittura aveva detto che quota 100 era una buona riforma.. Basta con questi vecchi catastrofisti che vogliono solo creare zizzania.. Con quanti contributi è andato in pensione il Sig cazzola c’è lo faccia sapere.. Se ne è così convinto della xxxx che spara rinunci alla sua di pensione e sparisca che è anche ora

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