In queste ore si continua a parlare di trovare soluzioni pensionistiche innovative e sentire alcuni economisti, o presunti tali, che invocano una rivisitazione di Quota100 rendendo flessibile l’uscita mi preoccupa non poco. Mi vengono subito in mente i precedenti governi che hanno provato prima con l’ape social con il risultato poco soddisfacente di circa 25 mila uscite contro le 230mila in 11 mesi della nostra Quota100, mi fa davvero sorridere.
Pensare che se volessero riparare con questi strumenti l’ingiusta legge della nota Professoressa Fornero, la quale continua a rilasciare interviste contro la nostra riforma, proprio la stessa professoressa dell’era Monti che con le lacrime agli occhi fece la riforma pensionistica più iniqua della nostra storia previdenziale, allungando fino a 5 anni, dalla notte al giorno, la vita lavorativa in Italia, scordandosi anche i famosi esodati che sono costati “quanto l’intera Quota100!!”.
Riforma pensioni 2020, troppi economisti televisivi del momento
Tornado agli economisti televisivi del momento, come ad esempio il sempre presente professor Cazzola che indica come vero problema di quota 100, il blocco del requisito contributivo sino al 2026, invece proprio questa è la vera picconata al sistema filo europeista della legge Fornero. Ma del resto cosa potevi pretendere dal professore che sembrava “terzo” fino a pochi giorni fa ed eccolo che ci chiarisce finalmente le sue posizioni, se non l’avessimo capito già, che non fosse più l’economista “terzo e super partes” ma è un candidato della sinistra nella regione rossa dell’Emilia Romagna.
Tornando al sistema pensionistico, vediamo il popolo francese lottare con forza per difendere la possibilità di andare in pensione senza penalizzazioni con i requisiti di età a 62 anni, invece c’è chi in Italia usa parenti (vedi zio vigile urbano di un ex Presidente del Consiglio ) per smantellare i 62 anni per poter scegliere di andare in pensione!
Pensioni, dopo quota 100 nessuno scalone, ma Quota 41
Inoltre, si sente parlare di scaglione al termine dei tre anni di Quota100, davvero dichiarazioni ipocrite o addirittura in malafede in taluni casi, ma per noi è chiarissimo che al termine di Quota100 l’obiettivo resta quota 41. Parliamo un po’ di numeri economici, quota 100 piena costava dati inps 14 miliardi annui, quota 41 si aggirava sui 13 miliardi, la scelta dei tre anni nasce per svuotare il bacino per poi finalmente applicare la riforma pensionistica della quota 41! Il nostro fine ultimo.
Le pensioni vengono considerate solo ed esclusivamente un costo, non capendo che questa flessibilità in uscita, in un momento di crisi, che vede l’Italia con una crescita dello zero virgola, è diventato l’unico strumento per aiutare l’ingresso di giovani nel mondo del lavoro ed aiutare le imprese a rinnovarsi.
Riforma pensioni: i dati parlano chiaro quota 100 aiuta i giovani
Le generazioni future, si salvano non lasciando lavorare chi ha i contributi, ma inserendo i giovani nel mondo del lavoro!!!
I dati istat dicono allora il contrario di chi piange lacrime di coccodrillo, ecco a Novembre 2018 avevamo un tasso di disoccupazione al 10.7% mentre a Novembre 2019 eccoci al 9,7%.
Mentre la Disoccupazione giovanile a Novembre 2018 era pari al 31,6% e a Novembre 2019 al 27,8%. I nuovi contratti, oltre un anno, sono 231 mila.
Le domande presentate per Quota100 sono 230 mila. Con 80 mila nuove assunzioni del pubblico impiego che possono essere sostituiti con lo sblocco del turn over proprio da questo mese. Anzi mi domando perché non sono stati fatti i decreti per erogare i TFR nella pubblica amministrazione? Come Lega abbiamo presentato un’interrogazione e stiamo aspettando ancora la risposta dal Governo! Questi sono i numeri reali e veri, non lacrime!!!
Durigon vai ha lavorare tu per 41 anni come artigiano sotto padrone e poi dimmi se non ti meriti la pensione a 41 anni a prescindere dall’età,in più lasci dei posti ai giovani che vanno all’estero e portano l’economia all’estero ,noi precoci siamo stuffi basta votare questi ciarlatani!!!!!
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Durigon mi deve spiegare la vera ragione perché Salvini a disertato il governo.
Caro Durigon le voglio portare ad esempio questa illuminazione,sappia che come me ci sono molte persone che soffrono in silenzio,questa la mia situazione: Dipendente di una scuola professionale come assistente tecnico in ruolo,età anni 60 contributi anni 41 invalidità 75% mi sono recato anche alla vista collegiale dove ovviamente mi hanno ulteriormente peggiorato la situazione,morale della Favola!!! Niente pensione….sono costretto a recarmi al lavoro malato e pieno di Sofferenze, e devo attendere la Fornero sempre che ci arrivo…. Potevo andare come precoce ma visto che prima del 19° anno di età ho 10 mesi di contributi invece dei 12 richiesti, la mia invalidità non Vale un Fico Secco!!!! Questo non é un paletto ma un’angheria di Stato.
Non sono d’accordo con Luigi mi chiedo ci sei o ci fai o non sai cosa vuol dire lavorare e veder dare la pensione ai lazzaroni 41 deve essere per tutti compresi gli statali ancora privilegiati
Dal mio punto di vista l’azione corretta e giusta che può attuare qualsiasi governo è quella di applicare QUOTA 41 ovvero si va in pensione con 41 anni secchi di contributi a prescindere dall’età . Costa molto meno di quota 100 ( circa 2 miliardi annui) e garantirebbe nuove entrate( giovani) nel mondo del lavoro.
E’ d’applicare subito e consentirebbe sia alle casse dell’ INPS che allo stato di varare una riforma pensioni equa e sostenibile per i prossimi anni. A politici, sindacalisti, addetti ai lavori voglio fare una domanda secca: vi sembrano pochi 41 anni di lavoro, tenendo conto che mai e poi mai potrai goderti quello che hai versato. Fatevi un esame di coscienza e tenete in considerazioni i sacrifici di una vita della singola persona.
Intanto, trovo scandaloso che l’on. Durigon accusi i governi precedenti per non aver completato la salvaguardia degli esodati quando lui, inseguito per quattordici mesi dai comitati, non ha concluso assolutamente nulla. Sul tema, penso che farebbe meglio a tacere.
Venendo poi al discorso di Quota 41, Durigon continua a sostenere una misura propagandistica che, in un contesto di regole efficienti, puó rappresentare il giusto compendio per chi si sia avviato precocemente al lavoro ma, da sola, non da alcuna risposta alle carriere discontinue e, in particolare, non tiene in alcun conto delle ridotte contribuzioni della gran parte dell’altra metà del cielo. La previdenza ha ben altre esigenze di riforma che non la banale applicazione di una rigida formuletta, oltretutto inarrivabile a molti e decisamente una chimera per le prossime generazioni checchè ci si arrampichi sugli specchi di una statistica Istat che considera occupato anche chi, nel mese o nell’anno, abbia lavorato anche un solo giorno.
Occorre tornare allo spirito della Costituzione, senza stravolgere la natura previdenziale del sistema, flessibilizzando le uscite dal lavoro in ordine alle singole esigenze, alla gravosità del lavoro svolto e al peso del welfare famigliare sostenuto. Tutto questo, se non vogliamo ridurre alla miseria i futuri pensionati, non puó prescindere dalla revisione dell’età di vecchiaia e dei coefficienti di trasformazione che contribuiscono a definire l’importo delle liquidazioni e che, attualmente indicizzati all’andamento del PIL, costituiscono una mostruosità concettuale, in aperta distonia col concetto stesso di previdenza. In tale complesso quadro di riforma, che potrebbe essere oggetto di più passaggi e aggiustamenti, deve necessariamente trovare posto una quota puramente contributiva, che potrebbe anche essere rappresentata dal numero 41, ma questo non è necessariamente un dogma.
La difesa ad oltranza di misure circoscritte e temporanee, come Quota 100, o appena ipotizzate, come Quota 41, da sole non hanno e non possono avere alcuna valenza strutturale mentre l’esigenza, da tutti sentita e talvolta perfino urlata, è quella di uscire dal caos delle misure sperimentali e temporanee che mutano da un anno all’altro mortificando ogni tentativo di programmare la propria vita.
Fossilizzarsi oggi a difendere, come si trattasse di un parto geniale, una misura che, nel medio termine, potrebbe diventare di nicchia, sa di stantio e di ristrettezza di argomenti.